Gli ultimi dati preliminari sull’inflazione hanno mostrato un aumento in Italia e dati poco incoraggianti in Eurozona. Cosa significa per la Bce? Il taglio dei tassi si allontana?
I dati preliminari sull’inflazione in Italia e in Eurozona non sono stati rincuoranti, con i prezzi nel nostro Paese in lieve rialzo.
Osservando i numeri, infatti, è emerso che l’inflazione della zona euro è scesa meno del previsto all’inizio dell’anno, mettendo alla prova le aspettative degli investitori secondo cui la Banca Centrale Europea inizierà ad abbassare i tassi di interesse già in primavera.
Per quanto riguarda il nostro Paese, l’Istat ha dichiarato che a gennaio l’indice dei prezzi ha registrato un “lieve rimbalzo”, sottolineando anche un’accelerazione del “carrello della spesa”. I dati si sono quindi rilevati poco incoraggianti, soprattutto nell’ottica di una diminuzione del costo del denaro da parte della Bce. Dopo che ieri anche Powell ha frenato su un taglio dei tassi Usa a marzo, probabilmente l’Eurotower non si muoverà con la svolta accomodante prima dell’estate.
Inflazione Italia ed Eurozona: i dati di gennaio non convincono
Nella rilevazione preliminare di gennaio, Istat ha mostrato che l’IPC dell’Italia è aumentato dello 0,3% su base mensile e dello 0,8% a livello annuale.
Rispetto allo stesso mese del 2023, l’accelerazione è stata causata da:
“aumento dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +3,7% a +4,3%) e dei Beni alimentari non lavorati (da +7,0% a +7,5%) e dalla diminuzione della flessione dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da -41,6% a -21,4%)”, ha scritto Istat.
Da segnalare che i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono cresciuti appena a livello annuale
da +5,3% a +5,4%, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto hanno visto un rallentamento da +4,4% di dicembre a +3,6%.
In Eurozona, a gennaio i prezzi al consumo sono aumentati del 2,8% rispetto a un anno fa secondo i dati preliminari di Eurostat. Si tratta di una cifra superiore alla stima mediana del 2,7% emersa da un sondaggio condotto da Bloomberg tra gli economisti. Anche l’inflazione core, che non tiene conto delle componenti volatili quali alimentari ed energia, è scesa meno del previsto, al 3,3%.
Per settore, l’inflazione dei servizi – un indicatore importante per i politici a causa del suo legame con le pressioni salariali interne – è rimasta stabile al 4%. Gli effetti disinflazionistici derivanti dal mercato energetico hanno continuato a ridursi, passando dal -6,7% al -6,3%.
Bce allontana il taglio dei tassi? Cosa aspettarsi
I funzionari della Bce stanno monitorando una serie di dati per vedere se e quando potranno iniziare a ridurre i tassi di interesse dai loro attuali massimi storici. L’inflazione, ma non solo, è sotto riflettori dell’Eurotower e il segnale di oggi non è soddisfacente per un taglio imminente.
Secondo Maeva Cousin, economista di Bloomberg, “un calo dell’inflazione complessiva inferiore a quello previsto da Bloomberg Economics rafforza la nostra opinione secondo cui la Bce probabilmente non penserà di avere informazioni sufficienti a marzo per effettuare sostanziali revisioni al ribasso delle sue prospettive a medio termine. È probabile che questo giudizio venga rinviato fino a giugno, dando ai falchi lo spazio necessario per imporre il primo taglio dei tassi da lì in poi”.
Per ora sembra prevalere prudenza e pazienza a Francoforte, anche se alcuni funzionari stanno spingendo per tagli prima piuttosto che dopo, in particolare alla luce dell’economia debole, con i dati di questa settimana che hanno mostrato una recessione schivata per un soffio in Eurozona.
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Il governatore della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau, ha affermato che i costi di finanziamento saranno ridotti quest’anno e che “tutto sarà chiarito nelle nostre prossime riunioni”.
La Bce prevede una maggiore disinflazione quest’anno, ma a un ritmo molto più lento rispetto al 2023, quando gli aumenti dei prezzi erano crollati fino al 2,4% a novembre. Si aspetta ancora di raggiungere il suo obiettivo solo nel 2025.
Le proiezioni degli economisti differiscono ampiamente, sottolineando l’incertezza che va dalle tensioni geopolitiche ai conflitti armati e alle elezioni che potrebbero spingere in alto i prezzi.
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