L’inflazione scende, ma non al supermercato: perché cibo e beni primari costano ancora così tanto

Giacomo Andreoli

31 Marzo 2023 - 12:12

A marzo l’inflazione cala al 7,7%, ma rimane stabile il cosiddetto carrello della spesa: i prezzi dei beni primari, per lo più alimentari, rimangono molto alti. Perché? Quando scenderanno?

L’inflazione scende, ma non al supermercato: perché cibo e beni primari costano ancora così tanto

A marzo l’inflazione italiana scende dal 9,1% al 7,7%, ma i prezzi di beni alimentari e primari continuano ad essere ben più alti. Il cosiddetto “carrello della spesa”, quindi, rimane su livelli elevatissimi, con un aumento su base annua al 12,7%, di cinque punti superiori al tasso di crescita dell’indice dei prezzi al consumo.

Secondo il Codacons, quindi, la frenata dell’inflazione registrata dall’Istat non salverà le feste pasquali delle famiglie italiane, che troveranno una brutta sorpresa nell’uovo di Pasqua, con rincari medi per il settore alimentare del 13,2%. Ma perché i prezzi dei prodotti al supermercato rimangono così alti?

Inflazione, la discesa dei prezzi a marzo

La dinamica dell’inflazione di fondo, secondo l’Istat, sembra perdere lo slancio che aveva contraddistinto i mesi precedenti. L’aumento dei prezzi acquisito per il 2023 è pari al 5,1% per l’indice generale e al 4,1% per la componente di fondo, quindi rimane una crescita dei prezzi di poco superiore al 2,5%.

Per l’Istituto di statistica “il rallentamento del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, alla decelerazione su base annua dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +40,8% a +18,9%) e alla flessione più marcata di quelli degli energetici regolamentati (da -16,4% a -20,4%) e, in misura minore, dalla contrazione dei prezzi degli alimentari lavorati (da +15,5% a +15,3%), dei beni non durevoli (da +7,0% a +6,8%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,4% a +6,3%)”.

L’aumento del costo dei beni alimentari

In ogni caso, sempre a marzo, c’è stata un’accelerazione dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,7% a +9,3%), dei tabacchi (da +1,8% a +2,5%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,1% a +6,3%).

Si attenua poi la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +12,4% a +9,8%), mentre si accentua lievemente quella relativa ai servizi (da +4,4% a +4,5%), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a un calo di 5,3 punti percentuali, da uno di 8 punti a febbraio.

La stangata a Pasqua

Secondo Carlo Rienzi, presidente del Codacons, il ribasso dell’inflazione “è dovuto ancora una volta unicamente alla discesa delle tariffe di luce e gas sul mercato tutelato e su quello libero, ma per tutti gli altri prodotti siamo ancora in presenza di una emergenza prezzi”.

Per il numero uno dell’associazione “l’inflazione al 7,7% equivale ad una maggiore spesa di 2.252 euro annui per la famiglia tipo che sale a 2.917 euro per un nucleo con due figli”. In particolare i rincari del settore alimentare porterebbero a una maggiore spesa di 1.015 euro annui per una famiglia con due figli.

Il governo - aggiunge Rienzi - farebbe bene ad intervenire adottando misure per calmierare i listini al dettaglio, a partire dal taglio dell’Iva sugli alimentari e sui generi di prima necessità”.

Perché cibo e beni primari costano ancora così tanto

Perché i prezzi dei beni alimentari non scendono a fronte di un’inflazione in netta diminuzione? Leonardo Becchetti, professore di economia politica di Tor Vergata, ha spiegato a Money.it che questo avviene dato che “i costi per la produzione di quei beni, sostenuti nei mesi passati, sono stati elevati e dunque vengono recuperati sui prezzi finali”.

In sostanza quello che compriamo oggi nel carrello non è stato prodotto nel momento in cui acquistiamo, ma di un processo produttivo che dura mesi e dunque risente delle condizioni dei mesi scorsi. Resta poi il dato dell’inflazione italiana superiore alla media europea (al 6,9% a marzo), per “la nostra maggiore dipendenza dalle fonti fossili”.

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