I dati sull’inflazione Usa hanno mostrato un indice core in aumento e un calo dei prezzi energetici. L’avviso alla Fed è comunque chiaro: tassi più alti per frenare i costi ancra elevati.
Sorpresa Usa: il tasso di inflazione è stato superiore alle previsioni ad agosto, mantenendo la pressione sulla Federal Reserve per un forte aumento dei tassi di interesse nella riunione del 21 settembre.
L’indice dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,1% per il mese, al di sopra delle aspettative degli economisti per un calo dello 0,1%, poiché la riduzione dei costi dell’energia non è riuscita a compensare completamente l’incremento dei servizi e di altre categorie di spesa.
I dati, pubblicati dal Bureau of Labor Statistics, contrastano anche con luglio, quando i prezzi non sono aumentati rispetto al mese precedente.
Su base annua, l’inflazione complessiva è dell’8,3%, in calo dall’8,5% di luglio, ma è ancora vicina al massimo degli ultimi quattro decenni. Gli economisti si aspettavano una lettura dell’8,1%.
Inflazione colpisce ancora gli Usa: Fed avvisata
Nel dettaglio dei dati odierni, attesi da tutti i mercati finanziari mondiali, si legge che i prezzi dell’energia sono scesi del 5% nel mese, guidati da un calo del 10,6% nell’indice della benzina. Tuttavia, tali ribassi sono stati compensati da aumenti in altri ambiti.
L’indice alimentare è cresciuto dello 0,8% ad agosto e i costi degli alloggi, che costituiscono circa un terzo della ponderazione dell’IPC, sono aumentati dello 0,7% e del 6,2% rispetto a un anno fa.
Anche i servizi di assistenza medica hanno mostrato un forte rialzo, con un +0,8% sul mese e un +5,6% rispetto ad agosto 2021.
I mercati sono crollati in seguito alla notizia, con i future legati al Dow Jones Industrial Average in calo di quasi 350 punti dopo essere stati più alti in precedenza. I futures sull’S&P 500 hanno nettamente cancellato i guadagni per negoziare in ribasso di oltre il 2%.
I rendimenti dei Treasury sono balzati più in alto, con il bond a due anni aumentato di circa 16 punti base. I trader di swap stanno ora valutando un intervento sul tasso di tre quarti di punto percentuale. Un indicatore del dollaro ha invertito il calo per scambiare lo 0,9% in più.
I mercati si aspettavano ampiamente che la Fed decretasse un aumento del tasso di 0,75 punti percentuali nella riunione della prossima settimana. In seguito al rilascio dell’IPC, i trader hanno eliminato completamente la possibilità di una mossa di mezzo punto aprendo, addirittura, alla probabilità del 10% per un rialzo di un punto percentuale completo, secondo i dati del gruppo CME.
Nelle ultime settimane, i politici della banca centrale Usa hanno riaffermato il loro impegno a tenere sotto controllo l’inflazione, sottolineando i rischi associati al mantenimento delle pressioni sui prezzi.
Non riuscire a ridurre l’inflazione e consentire alle aspettative di futuri aumenti dei prezzi di crescere a spirale, avrebbe probabilmente significato più dolore economico in seguito, hanno avvertito il presidente Jay Powell e il vicepresidente Lael Brainard.
Cosa aspettarsi negli Usa: alcune previsioni
Secondo Peter Cardillo, Chief market economist di Spartan Capital Securities, la possibilità che la Fed torni a rialzi dei tassi meno aggressivi nel prossimo trimestre è fuori discussione. Forse ci sarà ancora un aumento del tasso di 75 punti base a novembre e forse uno in più a dicembre.
Stuart Cole, Head Macro Economist di Equiti Capital ha sottolineato: “la vera storia è il fatto che il tasso core sta continuando a salire e che ora fa sembrare un altro aumento di 75 punti base dal FOMC questo mese come una cosa certa...Il rilascio dell’IPC avrà respinto le speranze che le pressioni inflazionistiche stiano rallentando al livello sperato. Ciò implica che la Fed rimarrà in modalità di stretta più a lungo, suggerendo che i tassi di interesse hanno ancora molta strada da fare prima che raggiungano il tasso terminale.”
Karl Schamotta, Chief Market Strategist di Copray, ha evidenziato che il dato metterà a tacere l’idea di un’inflazione transitoria per ora e ancorerà i rendimenti statunitensi e il dollaro sostanzialmente più in alto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA