L’innovazione supera la crisi cambiando pelle, diventa trasformativa e integra tutto: digitale, green, sociale, business. Intervista a Stefano Denicolai, professore di Innovation Management
Cos’è l’innovazione trasformativa e perché è il percorso che dovrebbero seguire le aziende, in particolare quelle del settore tecnologico, che stanno vivendo un periodo di crisi?
La risposta ce l’ha data Stefano Denicolai, professore di Innovation Management all’Università di Pavia, dove è anche direttore dell’Itir, Institute for Transformative Innovation.
Per Denicolai l’innovazione non è democratica, per definizione è rischiosa, è fatta di trade-off, accade quando genera valore, vive della cultura dell’errore (da cui imparare) e non ha bisogno di ecosistemi. L’innovazione è un tema sociale oltre che tecnologico, anche se spesso si guarda alla tecnologia come generatore di trasformazione.
Innovazione: la crisi della tecnologia
Parlando di innovazione, infatti, spesso si pensa, anche non a torto, che il primo motore di spinta del cambiamento sia quello tecnologico, che oggi sta dimostrando dei limiti.
La punta dell’iceberg della crisi attuale dell’innovazione coincide con quella delle Big Tech, o Gafam (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft) alle prese con ridimensionamenti di valore e di organico, che traina tutto il comparto tecnologico.
A queste aziende si era demandato il motore dell’innovazione, pensando che avessero una vena inesauribile.
Invece la loro attuale crisi non è solamente congiunturale, parte da lontano e riguarda proprio la capacità di innovare. Ormai le grandi aziende tecnologiche non inventano più niente di nuovo: le grandi innovazioni (come lo smartphone o i motori di ricerca, hanno decenni alle spalle) e il mercato ne risente.
È innovazione se mette al centro la società
Ma la tecnologia non basta a fare innovazione, sostiene Stefano Denicolai: va aggiunta la capacità di trasformazione del modello di società, ossia la componente umana del processo.
Tema imposto anche dall’intelligenza artificiale, che esiste da decine di anni e ora in pochi mesi (dall’emersione di ChatGPT) pare essersi presa tutto il palcoscenico dell’innovazione: oggi tutto sembra concentrarsi sull’intelligenza artificiale in una sorta di promettente appiattimento globale, di omologazione intelligente.
L’intelligenza artificiale, per Denicolai, avrà senz’altro impatto sulla società, sul lavoro, sulla vita delle persone. Ma se la si interpreta e governa come innovazione trasformativa il risultato sarà favorevole per tutti.
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Cos’è l’innovazione trasformativa
Secondo Denicolai c’è altro. Innanzitutto c’è da guarire da una sorta di sindrome Fomo (Fear of missing out) dell’innovazione, a causa della quale ci si sente obbligati a innovare: “è diventato un mantra”.
Ma non è obbligatorio. Per Denicolai l’innovazione non è un compito per tutti: molte aziende possono proseguire a fare quello che devono e possono.
Chi vuole innovare, invece, deve essere un grande motore di sintesi, perché l’innovazione trasformativa “è una fusione di anime - dice Denicolai - : le aziende di successo non fanno distinzioni e integrano a quell’idea che accende la lampadina dell’innovazione la trasformazione digitale e quella sostenibile, la trasformazione di business e la sostenibilità digitale".
Questo saper rinnovarsi senza snaturarsi, rendendo l’innovazione trasversale, circolare come piace dire oggi, e facendola arrivare a tutte le persone che lavorano in azienda e che sono in relazione con l’azienda è l’innovazione trasformativa.
Per Denicolai le imprese innovative sono quelle che non corrono dietro all’idea di trasformazione in modo emotivo, per reagire alle incertezze (come invece stanno facendo le Big Tech), ma che leggono le sfide attuali (crisi economica, cambiamento climatico, scarsità di materie prime, geopolitica) senza snaturarsi.
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