Dal primo luglio 2022 l’Inpgi 1, la cassa previdenziale dei giornalisti dipendenti, chiude i battenti per confluire nell’Inps. Ma cosa cambia? Entriamo nel dettaglio.
Addio Inpgi. Con un debito monstre di quasi 250 milioni di euro, la cassa previdenziale dei giornalisti dipendenti (la cosiddetta Inpgi 1) chiude i battenti per confluire nell’Inps. È quanto previsto dall’articolo 28 della bozza della manovra. Nel testo si legge che per garantire la tutela delle prestazioni previdenziali in favore dei giornalisti, la funzione previdenziale svolta dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (Inpgi) è trasferita all’Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps). Il passaggio avverrà dal primo luglio 2022.
L’Inpgi, dunque, evita il commissariamento e confluisce nell’Inps per la parte dedicata ai lavoratori dipendenti. La cassa previdenziale dei giornalisti viene ridimensionata e resta in piedi solo per il lavoro autonomo (Inpgi 2). Ma cosa cambia esattamente per i giornalisti dipendenti? Entriamo nel dettaglio.
L’Inpgi confluisce nell’Inps, cosa cambia?
Dal primo luglio 2022, l’Inpgi passa all’Inps. La novità, prevista dalla manovra, rappresenta un cambiamento per tutti i professionisti dell’editoria che sono però lavoratori dipendenti. «Non cambia nulla infatti per quelli autonomi», precisa la presidente dell’Inpgi Marina Macelloni.
Ma come sarà calcolato l’assegno pensionistico dei giornalisti dipendenti dal prossimo primo luglio? Gli importi maturati fino a quella data continueranno a seguire i criteri Inpgi. La cassa di previdenza dei giornalisti conta sul sistema retributivo fino al 2017. Poi da quella data fa riferimento al sistema contributivo (come l’Inps).
Dal luglio 2022 gli importi pensionistici che verranno maturati verranno calcolati secondo le regole dell’Inps. C’è una piccola eccezione per coloro che hanno versato contributi per la prima volta prima del 1996: a loro non si applicherà il massimale contributivo che viene ora applicato dall’Inps a tutti i redditi superiori ai 100 mila euro.
Il regime pensionistico dei giornalisti dipendenti viene dunque uniformato, nel rispetto del principio del pro-rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Inps) con effetto dal primo luglio 2022. Per gli assicurati all’Inpgi, l’importo della pensione sarà dunque determinato dalla somma:
- delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive acquisite fino al 30 giugno 2022 calcolate applicando le disposizioni vigenti presso l’Inpgi
- della quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal primo luglio 2022, applicando le disposizioni vigenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti
Il passaggio dall’Inpgi all’Inps riguarda i giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica.
Inpgi, sventato il rischio commissariamento
«Una cosa importante da sottolineare - spiega la presidente Marina Macelloni - è che l’Inpgi non è stato commissariato». L’ipotesi del commissariamento era stata ipotizzata più volte in passato. L’Inpgi viene ridimensionato a «Cassa privata per i lavoratori autonomi». Per fare questo, continua Macelloni, «bisognerà procedere con una riforma dello Statuto entro il prossimo mese di giugno». Per quanto riguarda i giornalisti contrattualizzati, Marcelloni rassicura: «Garantiamo loro tutte le prestazioni».
Come si arriva alla crisi dell’Inpgi
Per i giornalisti italiani, la chiusura dell’Inpgi è un pezzo di storia che se ne va. La cassa di previdenza dei giornalisti evita il commissariamento, ma confluisce nell’Inps. In fumo anche l’ipotesi di allargare la platea dei contribuenti con l’ingresso dei comunicatori, da affiancare ai giornalisti liberi professionisti o dipendenti.
La crisi dell’Inpgi parte da lontano. La chiusura di molti giornali e la riduzione della platea dei contribuenti hanno ridotto sensibilmente le finanze dell’Istituto. Erodendone il patrimonio e mettendo a rischio la capacità di erogare le prestazioni garantite.
Il bilancio consuntivo Inpgi del 2020 è emblematico della crisi in atto. Facendo riferimento alla gestione principale (Inpgi 1), la perdita di esercizio del 2020 è -242,2 milioni di euro, con un peggioramento di -70,8 milioni rispetto al disavanzo del 2019 (era -171,4 milioni).
La gestione previdenziale (che comprende anche l’assistenza) ha una perdita di 188,4 milioni, in peggioramento di 34,3 milioni rispetto alla perdita del 2019 (era -154,1 milioni). Non è tutto. La quota del patrimonio investito si è ridotta rispetto al 2019 da 369 a 217 milioni a fine 2020. Insomma, la cassa previdenziale dei giornalisti rischiava già nel 2022 di non avere liquidità per pagare le pensioni.
Per Raffaele Lorusso, segretario della Federazione della stampa (Fnsi) «la soluzione ipotizzata dal governo per affrontare la crisi dell’Inpgi è un passo in avanti importante, ma non definitivo, verso il riordino del settore. La preferenza dell’esecutivo per una delle due soluzioni elaborate dal tavolo tecnico, anche grazie al lavoro fondamentale dei vertici dell’Inpgi, sgombra il campo dall’ipotesi di commissariamento e liquidazione dell’istituto, che infatti non scomparirà».
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