La ripresa dell’Italia non va a gonfie vele: nel 2023 il Pil è in rialzo meno del 2022 e, tra tassi in aumento e inflazione ancora alta, la crescita sarà più solida solo nel 2024.
Italia: quale ripresa economica nel 2023? La fotografia dell’attuale situazione e le stime per il prossimo futuro del nostro Paese le ha aggiornate il documento del Centro Studi di Confindustria.
Nel rapporto di previsione della primavera di quest’anno, gli analisti hanno sottolineato che i rischi di un rallentamento ci sono ancora tutti e la crescita in Italia potrà davvero decollare solo nel 2024.
Il ritardo è dovuto ad almeno due aspetti piuttosto preoccupanti: l’inflazione elevata e il persistente aumento dei tassi di interesse. Fattori, quest’ultimi, che continuano a impensierire l’Eurozona tutta. Se una recessione sembra scongiurata, anche in Italia, i problemi per una piena ripresa nel 2023 non sono ancora risolti.
Perché l’Italia è ancora in bilico e dovrà attendere il 2024 per prendere slancio. Se almeno 2 condizioni favorevoli si concretizzeranno.
Italia: la ripresa c’è, ma arranca nel 2023
Il primo sguardo degli esperti di Confindustria è sull’anno in corso. La buona notizia è il calo dei prezzi energetici, con il gas che rimane sui 50 euro per megawattora, ormai ben lontano dal picco allarmante dei 300 euro in piena crisi con la Russia.
In realtà, questo dato positivo trova ancora ostacoli nel tradursi in un reale e diffuso calo dei prezzi e l’inflazione core rimane alta, pressando ancora i consumi e la piena ripresa. La dinamica è ben spiegata nel report:
“Il problema è che il prezzo del gas è rimasto elevato per troppo tempo, alzando i costi delle imprese. Abbastanza a lungo da entrare nella definizione di altri prezzi: non solo le tariffe energetiche, ma anche quelle dei servizi di trasporto e, infine, i listini di vendita di numerosi beni industriali. Alcuni di questi prezzi sono inclusi nel calcolo della core inflation, misurata al netto di energia e alimentari...”.
Tutto questo si traduce nella previsione che l’inflazione si manterrà ancora alta nel corso del 2023.
Di conseguenza, la politica dei tassi di interesse della Bce non potrà che proseguire in modo aggressivo. In appena 9 mesi il costo del denaro è balzato di 3,5 punti. L’obiettivo è frenare l’accesso al credito, e quindi la domanda dei consumatori e gli investimenti delle imprese, per raffreddare l’inflazione. Con effetti che già si intravedono ora:
“I tassi pagati dalle imprese italiane hanno già subito un forte aumento: +2,60 punti fino a inizio 2023, in media. E il costo del credito sembra destinato a salire ancora, sulla scia degli ultimi rialzi della BCE. Ciò peggiora la situazione finanziaria delle aziende, perché (a parità di indebitamento) accresce il peso degli oneri finanziari e scoraggia i progetti di nuovi investimenti. Lo stesso avviene per le famiglie e gli interessi sui mutui variabili.”
In questa cornice di eventi, in Italia i consumi delle famiglie e gli investimenti totali delle imprese sono visti vicino allo zero o a una crescita davvero lieve. Il Pil è stimato aumentare dello 0,3% nel 2023, con uno slancio migliore delle previsioni di ottobre, ma in rallentamento rispetto a quanto accaduto nel 2022. Anzi, la ripresa di quest’anno è attribuita soprattutto alla scia del balzo del Pil dell’anno scorso.
Carlo Bonomi, presidente Confindustria, ha specificato: “ci aspettiamo un secondo semestre dell’anno in rallentamento, e i dati della produzione manifatturiera purtroppo già stanno segnando un rallentamento. Ed è importante questo dato perché sappiamo tutti che la produzione manifatturiera fa da traino a tutto il resto”.
Il 2024 sarà l’anno della crescita, ma a 2 condizioni
Per il 2024 si prevede una crescita del Pil dell’1,2% annuo, con un migliore slancio dei consumi (+1,4%), degli investimenti (+2,0%), delle esportazioni (+2,3%).
La migliore situazione per la crescita in Italia è legata, ovviamente, ad almeno 2 motivi: il primo è il calo dell’inflazione, anche nella componente core e il secondo è l’avvio di una politica Bce sui tassi meno restrittiva, senza ulteriori aumenti dei costi di finanziamento.
Si potrebbero aggiungere anche altri fattori cruciali e in grado di influenzare - in positivo o in negativo: la situazione internazionale, con l’evolversi della guerra in Ucraina e gli effetti del Pnrr in Italia. La spinta alla ripresa potenzialmente può essere ancora maggiore se, in un contesto di tassi di interesse più bassi e inflazione in calo, lo scenario geopolitico non si complica e gli investimenti in Italia accelerano.
Sarebbero buoni segnali anche per il “tallone d’Achille” del nostro Paese: il fardello del debito, con l’annesso ordine dei conti pubblici.
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