Chi ha perso il lavoro ed è al contempo debitore verso qualcuno, rischia di vedersi pignorata l’indennità di disoccupazione o Naspi? E se sì, entro che limiti? Facciamo chiarezza.
L’indennità di disoccupazione, in breve Naspi, consiste in un riconoscimento economico versato al lavoratore dipendente, che perde l’occupazione per ragioni non collegate alla propria volontà. Tieni presente che nella realtà può ben succedere che, allo stesso tempo, una persona si trovi ad essere titolare di Naspi e debitrice verso qualcuno, ma senza essere in grado di saldare il debito in gioco (o senza la volontà di volerlo fare).
Ebbene, in circostanze come queste, la domanda sorge spontanea: è davvero possibile ’aggredire’ le somme che costituiscono la mensilità di Naspi per saldare il debito pregresso e ottenere finalmente la cifra spettante? Oppure vi sono dei limiti e delle condizioni ben precise che lo impediscono o lo impediscono in parte? Si tratta di questioni pratiche che possono, potenzialmente, interessare un vasto numero di persone e, proprio per questo, ci appare opportuno dare di seguito i chiarimenti necessari. È dunque davvero possibile vedersi portar via l’indennità di disoccupazione per non aver ripagato un debito? Scopriamolo assieme nel corso di questo articolo.
L’indennità di disoccupazione Naspi può essere pignorata?
Naspi: che cos’è in breve
Affronteremo tra poco le domande iniziali, non prima però di aver riepilogato in breve che cos’è la Naspi. Ciò aiuterà a fare piena chiarezza sul contesto di riferimento e, dunque, sulla risposte da dare.
La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi) consiste in una indennità mensile di disoccupazione, prevista dall’art. 1, d. lgs. n. 22 del 2015, la quale ha preso il posto delle precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI – per quanto attiene agli eventi di disoccupazione involontaria a decorrere dal primo maggio 2015. Detta prestazione non è versata in automatico, ma su esplicita richiesta all’istituto da parte del neo-disoccupato.
La Naspi ha lo scopo di fornire un sostegno economico al lavoratore ed alla sua famiglia, per un determinato periodo di tempo nel quale il percettore si impegna a trovare una nuova occupazione e perciò un nuovo reddito.
Le condizioni di accesso alla Naspi
Lo abbiamo appena accennato: presupposto essenziale per accedere alla prestazione Naspi è aver perso involontariamente il proprio lavoro dipendente, ovvero senza propria colpa o responsabilità. Sono perciò esclusi i lavoratori che si sono dimessi (tranne alcuni casi particolari) o quelli che hanno concluso la propria esperienza lavorativa per risoluzione consensuale.
Il lavoratore ora disoccupato deve aver dichiarato al centro per l’impiego la sua immediata disponibilità a fare un nuovo lavoro, oppure a partecipare ad attività mirate alla sua riqualificazione o allo sviluppo delle competenze.
Altro requisito chiave è quello contributivo: sono infatti necessarie almeno 13 settimane di contribuzione nel quadriennio anteriore all’inizio del periodo di disoccupazione. Mentre i periodi di fruizione della Naspi sono coperti da contribuzione figurativa.
L’indennità in oggetto è pagata ogni mese per un numero di settimane uguale alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni. Tuttavia è possibile richiedere il pagamento della Naspi anticipata ad es. nel caso in cui l’interessato avvii un’attività di lavoro autonomo oppure apra un’impresa individuale.
Il pignoramento Naspi è possibile: ecco entro quali limiti
In linea generale il pignoramento consiste in un atto con cui si procede con l’espropriazione forzata dei beni del debitore, posteriormente alla richiesta fatta del creditore presso il tribunale. E, proprio come già accade per lo stipendio o la pensione, anche l’indennità di disoccupazione o Naspi può essere pignorata. Ma come le prestazioni appena menzionate, la legge ne ammette il prelievo per soddisfare il legittimo diritto del creditore, soltanto entro specifici condizioni.
In altre parole, la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego può essere pignorata solo se eccede determinate somme. La parte pignorata andrà a soddisfare la pretesa del creditore a vedersi consegnata la somma di denaro dovuta. Perciò anche se potrà sembrare strano, pur avendo funzione ’solidale’, l’assegno in oggetto può comunque essere pignorato.
Tuttavia, vero è che non tutta la retribuzione può essere pignorata, perché in tal modo si vuol garantire il ’minimo vitale’ al lavoratore ed alla sua famiglia, ovvero il mantenimento di quelle somme utili a far fronte alle spese e necessità quotidiane. Ciò già vale per il pignoramento dello stipendio e analogamente - anzi a maggior ragione - vale anche per il disoccupato. D’altronde lo stesso art. 38 della Costituzione usa parole molto chiare in questo senso e, conseguentemente, non potevano che essere previsti limiti al pignoramento Naspi. Ebbene, quali sono questi vincoli?
Occorre distinguere tra due diverse situazioni e, nel rispetto dell’accennato limite vitale, ribadiamo nuovamente che la somma non potrà essere pignorata tutta e a talvolta neanche in parte.
Naspi già accreditata nel conto corrente
Se l’indennità di disoccupazione è già stata accreditata sul tuo conto corrente, l’importo pignorabile deve superare il triplo dell’importo dell’assegno sociale Inps. Non a caso il legislatore ha fissato (art. 545, c. 8, cod. proc. civ.) che le somme incassate a titolo di pensione o differente indennità, in ipotesi di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate nella maniera appena indicata, laddove l’accredito abbia luogo in data anteriore al pignoramento.
Per quest’anno l’assegno sociale ha un importo uguale a 468 euro circa. Conseguentemente, nel caso in cui la Naspi sia stata già versata dall’istituto di previdenza, il pignoramento potrà colpire soltanto la parte che oltrepassa i 1.400 euro circa. Ad esempio: sulla cifra mensile Naspi pari a circa 1500 euro circa sarà possibile fare il pignoramento la differenza tra 1.500 e 1400 euro - ossia 100 euro circa.
Naspi non ancora accreditata nel conto corrente
Se l’indennità di disoccupazione non è stata ancora versata dall’Inps, valgono regole diverse da quelle appena riportate che, se da un lato, assicurano comunque la possibilità di pignoramento, dall’altro lo vincolano a determinate condizioni. Ebbene, in questo caso la somma oggetto di pignoramento è quella che supera una volta e mezza l’assegno sociale dell’istituto di previdenza. La cifra di riferimento per quest’anno è 702 euro circa.
Con un esempio il quadro sarà più chiaro: se una persona prende di Naspi circa 800 euro al mese, circa 702 euro non possono essere toccati, mentre la parte eccedente detta cifra (98 euro) può essere pignorata, ma per un quinto del suo valore. Questo è quanto previsto e pertanto per una Naspi di 800 euro possono essere pignorati solo 19,60 euro. Invece nel differente caso in cui una persona di Naspi prenda ad es. 600 o 700 euro al mese, non sarà possibile alcun pignoramento e dunque l’intera somma sarà ’salva’ dalle pretese del creditore.
Chiaro che è necessario ben distinguere le somme accreditate prima della notifica del pignoramento da quelle posteriori, e questo sarà compito essenziale del giudice. Ma l’individuazione delle somme pignorabili diviene obiettivamente più complessa laddove l’indennità di disoccupazione o Naspi vada a confluire in via diretta sul conto corrente, tenuto conto del fatto che, in questo caso, vanno a confondersi con altre somme già incluse nel conto e con altra fonte.
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