Il risultato del sondaggio di Money.it: per il 69% dei rispondenti, l’uscita dall’accordo con la Cina è un danno per l’Italia
L’Italia non deve uscire dalla Via della Seta. Questo è l’opinione prevalente tra i lettori di Money.it che hanno partecipato al sondaggio lanciato in questi giorni, dopo la recente visita della Premier Giorgia Meloni negli Stati Uniti.
Come si può vedere dai risultati del sondaggio, che ricordiamo non ha un valore scientifico ma soltanto indicativo non essendo stato realizzato a campione, il 69% dei rispondenti è abbastanza critico nel caso di un’eventuale uscita dell’Italia dalla Belt and Road Initiative (BRI).
Solo il 28% ritiene invece che sia la scelta giusta per preservare gli interessi dell’Italia
La scelta di non rinnovare l’accordo della Belt and Road Initiative (BRI), che scade all’inizio del prossimo anno, è tanto espressione di una specifica e peculiare visione dei rapporti economici con l’estero dell’attuale Governo, quanto figlia del complesso scenario geopolitico del momento. Con un mondo tornato a polarizzarsi tra Occidente e i suoi nemici (Cina e Russia), gli Usa stanno da tempo pressando i Paesi europei affinché spezzino ogni legame commerciale ed economico con Pechino.
Fare affari con la Cina è valutato pericoloso a livello di sicurezza nazionale e contrario alla difesa dei valori democratici occidentali: con questa convinzione, lo scacchiere commerciale mondiale si sta modificando. E l’Italia, con la decisione di abbandonare la Nuova Via della Seta, vuole entrare a pieno titolo nel nuovo ordine mondiale guidato dall’Occidente.
L’Italia deve uscire dalla Belt and Road Initiative (BRI)? Il sondaggio
Più che un sondaggio, è stato un vero e proprio plebiscito quello dei lettori di Money.it a favore della permanenza dell’Italia nella Via della Seta, in totale contrasto con l’opinione prevalente nell’establishment occidentale
Il governo di Giorgia Meloni ha segnalato a Washington che si ritirerà dallo schema, soprannominato la Nuova Via della Seta, entro la fine dell’anno. L’Italia ha aderito all’iniziativa nel 2019, quando Giuseppe Conte era presidente del Consiglio, diventando l’unico paese del G7 a far parte dell’accordo. La partecipazione si rinnoverà automaticamente nel 2024 a meno che Roma non esca attivamente dal piano.
L’allora primo ministro, Giuseppe Conte, sperava che l’accordo avrebbe dato una spinta all’economia sottoperformante dell’Italia, ma negli ultimi quattro anni ha visto pochi benefici, con esportazioni in Cina per un totale di 16,4 miliardi di euro ($ 18,1 miliardi) l’anno scorso da 13 miliardi di euro nel 2019. Al contrario, l’export cinese nel nostro Paese è salito a 57,5 miliardi da 31,7 miliardi nello stesso periodo, secondo i dati italiani.
Il ritiro dell’Italia dall’iniziativa sarebbe una grande perdita simbolica per la Cina, secondo Federico Santi, senior analyst di Eurasia Group.
“Di recente hanno intensificato i loro sforzi di lobbying per cercare di convincere la Roma a rimanere nell’accordo”, ha detto a The Telegraph. “Questa decisione, se confermata, sarà in contrasto con il governo cinese”.
Pechino potrebbe reagire imponendo misure punitive contro le aziende italiane che fanno affari in Cina. “Potrebbero mettere in svantaggio le imprese italiane. È difficile dire come ciò si manifesterebbe, ma potrebbero aumentare il controllo normativo, ad esempio”, secondo l’esperto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA