Il lavoratore è pigro? Licenziamento legittimo secondo la Cassazione

Ilena D’Errico

12 Maggio 2024 - 11:06

Secondo la recente sentenza della Corte di Cassazione è legittimo licenziare il lavoratore pigro, che non adempie ai doveri contrattuali di diligenza e ha uno scarso rendimento.

Il lavoratore è pigro? Licenziamento legittimo secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sul licenziamento per scarso rendimento, confermando la legittimità del provvedimento a carico del lavoratore pigro e svogliato. Non è certo la prima volta che la Corte conferma la possibilità di erogare una sanzione disciplinare, finanche il licenziamento, ai dipendenti che non mantengono un comportamento conforme alle obbligazioni contrattuali in riferimento al rendimento e alla produttività.

In questo caso specifico, tuttavia, ci sono degli elementi molto rilevanti per i contratti di lavoro. Non soltanto la scarsa redditività del lavoratore ricorrente è stata inficiata dall’assenza per malattia (peraltro senza superamento del periodo di comporto), ma è stato preso in considerazione il dovere di impegno e diligenza come punto di riferimento per definire la scarsità o l’insufficienza della prestazione di lavoro.

In altre parole, può essere licenziato il dipendente che non svolge la prestazione di lavoro a cui è obbligato secondo la diligenza e la professionalità medie (quindi anche laddove non sia misurabile la produttività media dei dipendenti), anche nel caso in cui si assenti dal lavoro per malattia. Ecco perché “licenziamento per pigrizia”. La Cassazione ha però ricordato ai datori di lavoro i doveri a cui sono chiamati e i presupposti per la legittimità del licenziamento per evitare contestazioni.

Cosa si intende per licenziamento per pigrizia?

Come anticipato nell’introduzione, la recente sentenza della Corte di Cassazione pone le basi per una particolare fattispecie di licenziamento per scarso rendimento, che potremmo definire - non in termini ufficiali - licenziamento per pigrizia o negligenza. Non si tratta di una definizione esistente in termini giuridici, essendo inclusa nel licenziamento per scarso rendimento, ma aiuta a individuare correttamente la motivazione che dà luogo a questo tipo di provvedimento.

Non bisogna, infatti, soltanto considerare la produttività del lavoratore in senso stretto, anche perché riguardo ad alcune mansioni potrebbe essere quasi impossibile da misurare. Serve invece porre l’attenzione sul comportamento complessivo del dipendente, soprattutto perché il lavoratore subordinato non si impegna all’esecuzione di un’opera o al raggiungimento di un risultato - come invece può fare il lavoratore autonomo - sebbene questi possano essere parametri di misurazione della sua redditività.

I giudici hanno però evidenziato che il lavoratore si impegna “alla messa a disposizione del datore delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti, con la conseguenza che il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento (...) Ove, tuttavia, siano individuabili dei parametri per accertare che la prestazione sia eseguita con la diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, il discostamento dai detti parametri può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione”.

Quando il licenziamento è legittimo

Le parole dei giudici sono piuttosto chiare. Il licenziamento per scarso rendimento è legittimo quando il dipendente non adempie ai doveri contrattuali di impegno, distaccandosi eccessivamente per qualità e/o quantità delle mansioni attese in riferimento alla media di altri lavoratori o dello stesso interessato in un precedente periodo. È così legittimo il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, poiché l’inadempimento del lavoratore costituisce una violazione degli obblighi contrattuali voluta consapevolmente che lede gli interessi del datore o dell’impresa.

Si parla, in particolare, di “intensità della prestazione individuabile” da cui, grossolanamente, possiamo ricavare che il lavoratore pigro può essere licenziato. Ovviamente, si fa riferimento a una forma di pigrizia concreta e volontaria che impedisce lo svolgimento delle mansioni normalmente attese. La valutazione cambia a seconda della tipologia di lavoro e degli incarichi da svolgere, essendo particolarmente rilevanti in questo caso tutte quelle professioni che non permettono una misurazione concreta di quanto svolto nell’arco dell’orario lavorativo. Un’incompatibilità che può rilevare anche dall’elevato numero di assenze dal lavoro, comprese quelle per malattia, che determinano l’incompatibilità del dipendente rispetto al ruolo ricoperto.

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