Xi e Biden hanno rafforzato le rispettive immagini in contesti politici opposti. Poco o niente è stato fatto per limare la rivalità geopolitica tra Usa e Cina.
È tornato a casa con una maglietta della squadra dell’NBA dei Golden State Warriors, ricevuta dal governatore della California, Gavin Newsom. Ha ottenuto applausi e standing ovation dall’élite imprenditoriale statunitense, rassicurata sul fatto di poter continuare ad investire in Cina. Nel faccia a faccia con Joe Biden, ha infine teso la mano al presidente degli Usa accettando di riattivare le comunicazioni militari tra le parti, così da limitare i rischi di un improvviso casus belli. Il viaggio negli Stati Uniti di Xi Jinping è terminato tra sorrisi e strette di mano, piccoli successi diplomatici ma nessuna svolta concreta, come preventivato alla vigilia.
Del resto le aspettative americane erano ridotte al minimo, mentre la controparte cinese non si è mai sbilanciata su quali obiettivi e finalità raggiungere. Per certi versi, possiamo affermare che la trasferta di Xi oltreoceano è servita a ridare slancio all’immagine del leader cinese, offuscata da un’economia interna ancora balbettante e da pressioni non trascurabili. Relative, ad esempio - ed è questo non a caso uno dei nodi irrisolti del summit con Biden - dossier Taiwan: né Cina, né Stati Uniti intendono infatti fare un passo indietro sul destino dell’isola.
Le prospettive di Xi e Biden
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