L’azienda che ha ricevuto una bolletta elevata può tagliare i costi del personale per avere una maggiore liquidità? Ecco quando sussistono le ragioni per il licenziamento per motivi economici.
Il caro energia mette in difficoltà le imprese: alcune minacciano di chiudere, molte altre prevedono di dover procedere con dei licenziamenti di personale per poter rientrare nei costi.
Le previsioni per l’autunno sono drammatiche: visto l’aumento dei costi dell’energia che in alcune realtà equivale al 140% di quanto precedentemente sostenuto, il caro bollette è ormai una variabile incontrollabile per le imprese, le quali rischiano di ritrovarsi a pagare un costo molto salato e assolutamente non previsto. Ragion per cui, secondo le previsioni di Confesercenti, esiste il rischio che circa il 10% delle imprese esca dal mercato, con circa 250 mila persone che potrebbero perdere il posto di lavoro.
Il caro bollette, quindi, non è solamente un problema per le imprese, ma anche per i lavoratori: c’è chi teme, infatti, che la propria azienda per far fronte a una mega bolletta e a un considerevole aumento dei costi di gestione decida di ridurre il personale.
Ma un licenziamento per bolletta troppo alta sarebbe legittimo? Tale circostanza potrebbe rientrare tra le casistiche che giustificano il licenziamento per giustificato motivo, o meglio per il licenziamento per ragioni economiche; tuttavia, è bene chiarire quanto grave deve essere tale ragione per poter giustificare il recesso del contratto nei confronti di uno o più dipendenti.
La bolletta elevata può far scattare il licenziamento per ragioni economiche?
Sono molte le aziende che in questi giorni stanno ricevendo delle bollette d’importo monstre, con aumenti che superano persino il 100%.
Una spesa non prevista, che in alcuni casi mette persino a rischio la prosecuzione d’impresa: le aziende, infatti, fanno sapere che se i costi dell’energia resteranno questi non sarà sufficiente aumentare i prezzi di beni o servizi per andare avanti, in quanto bisognerà in primis ridurre i costi di gestione, tagliando anche il personale, e poi chiudere i battenti.
Licenziamento che potrebbe essere giustificato dalle ragioni economiche. La normativa, infatti, prevede che nel caso in cui un’azienda sia in crisi, con un notevole problema di soldi, possa licenziare uno o più dipendenti, così da risparmiare sui costi di gestione e disporre di maggior liquidità per far fronte ai costi di gestione.
Va detto che, almeno stando a quanto dichiarato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11425 del 2021, non sembra essere sufficiente una sola bolletta elevata per poter giustificare il licenziamento per ragioni economiche. Come spiegato dalla Suprema Corte, infatti, alla base del licenziamento deve esserci un’evidenza contabile, ossia l’azienda deve essere in grado di dimostrare - attraverso le scritture obbligatorie aziendali - che la ragione per la quale è stato necessario procedere con la risoluzione anticipata del contratto non è pretestuosa.
Quindi, anche se è vero che il giudice non può entrare nel merito di una decisione aziendale stabilendo se è opportuno o meno licenziare un dipendente per ragioni economiche, questo può comunque verificare se effettivamente si può parlare di crisi aziendale.
Si può parlare di crisi solo quando la situazione di difficoltà, documentabile e dimostrabile, va avanti per un certo periodo. Ricevere una sola bolletta elevata potrebbe non essere sufficiente, mentre qualora la situazione dovesse persistere, mettendo in difficoltà l’azienda, allora sì che il licenziamento potrebbe essere legittimo.
A tal proposito, si spera che il governo possa intervenire il prima possibile per tutelare le aziende, anche perché se la situazione non dovesse migliorare ne farebbero le spese anche i dipendenti, nonché migliaia di famiglie italiane.
Cassa integrazione per ragioni economiche
Per le aziende c’è l’alternativa cassa integrazione. A tal proposito, il governo è al lavoro per trovare le risorse per quello che probabilmente sarà un aumento della spesa destinata a finanziare i fondi per la cassa integrazione straordinaria, ma anche per tagliare le addizionali così da abbassarne i costi.
A oggi, per la cassa integrazione, le addizionali sono pari al 9%, 12% e 15%, mentre per il Fondo di integrazione salariale è del 4% della retribuzione persa. Addizionali che erano state tagliate dal decreto Energia del marzo scorso - esclusivamente per cinque settori, quali ceramica, legno, automotive, siderurgia e agricoltura - ma solo fino al 31 maggio; l’obiettivo è di scontarle ancora, proprio alla luce di quanto potrebbe succedere in autunno.
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