Si può licenziare un dipendente in malattia?

Isabella Policarpio

31 Luglio 2020 - 12:54

Licenziare un dipendente durante la malattia in linea di massima è vietato, a meno che non ricorrano alcune condizioni. Ecco quando si può licenziare e cosa può fare il dipendente.

Si può licenziare un dipendente in malattia?

Durante la malattia il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro e quindi, secondo la regola generale, chi è in malattia non può essere licenziato. Eppure ci sono delle eccezioni che consentono al datore di lavoro di procedere al licenziamento. In sostanza sono tre casi:

  • quando i giorni di malattia superano il periodo di comporto (cioè il lasso di tempo che assicura la conservazione del posto di lavoro);
  • grave crisi o ristrutturazione aziendale (licenziamento per giustificato motivo oggettivo);
  • se il dipendente in malattia commette dei comportamenti gravi che possono pregiudicare l’azienda o ledono il rapporto di fiducia con il datore (ad esempio se risulta ripetutamente assente alle visite fiscali o se approfitta della malattia per svolgere un altro lavoro).

Licenziare un dipendente assente per malattia, quindi, è possibile ma solamente quando sussistono determinate condizioni. Facciamo chiarezza analizzando caso per caso quando il licenziamento è legittimo.

Si può licenziare il dipendente in malattia oltre il periodo di comporto

Il dipendente che si assenta dal posto di lavoro a causa di una malattia o di un infortunio è tutelato per un determinato periodo di tempo, detto “periodo di comporto”, durante il quale conserva il posto e non può essere licenziato. Questo lasso di tempo è indicato nel CCNL di categoria e dipende dall’anzianità di servizio del dipendente.

Infatti l’assenza per malattia non può protrarsi all’infinito; o meglio può farlo ma dopo una determinata scadenza il datore di lavoro è legittimato a licenziare il dipendente se non torna al lavoro.

L’unico caso in cui si può andare oltre al comporto senza rischiare il licenziamento è quello in cui la malattia o l’infortunio sul lavoro siano causati da un inadempimento dell’azienda, colpevole ad esempio di non aver rispettato le norme sulla tutela della sicurezza sul lavoro.

In tutti gli altri casi, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento soltanto quando il dipendente sarà rientrato dalla malattia, sempre che ci siano i presupposti previsti dalla legge (licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa).

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Altro caso in cui è possibile licenziare un dipendente durante la malattia è quello giustificato da motivo oggettivo. La legge infatti permette al titolare di un’azienda in difficoltà di risolvere la crisi licenziando il personale in esubero. In caso di crisi o ristrutturazione aziendale, quindi, anche il lavoratore in malattia può essere compreso nel licenziamento collettivo.

Il licenziamento però deve essere indipendente dall’assenza per malattia: in pratica il titolare dell’azienda deve dimostrare che avrebbe licenziato il dipendente malato anche se questo fosse stato regolarmente a lavoro.

Licenziamento disciplinare del dipendente in malattia

Ultima ipotesi è il caso del licenziamento per giusta causa o disciplinare, ovvero quello causato da un comportamento del dipendente che lede in maniera irrevocabile il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Un esempio tipico è quando durante la malattia - anche entro i limiti del periodo di comporto - il dipendente ne approfitta per svolgere un altro lavoro per sé o per altri. Questo perché la malattia serve per il recupero psicofisico del dipendente e non può essere utilizzato per “arrotondare” lo stipendio o svolgere mansioni di altro tipo.

Il licenziamento potrebbe scattare anche quando il lavoratore in malattia risulta assente alle visite fiscali senza una giustificazione plausibile oppure il medico rileva che non ci sono i presupposti perché si astenga dal lavoro.

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