Dopo il crollo in borsa di Anheuser-Busch, anche l’azienda di cosmetici si trova a gestire una campagna di boicottaggio sui social network, a dimostrazione che l’ideologia woke ha stufato.
A caccia di nuove fasce di consumatori, il marchio della celebre birra Bud Light, proprietà Anheuser-Busch, ha inaugurato una nuova modalità per vendere i propri prodotti, coniugando il marketing e l’inclusività, abbracciando di fatto la cultura woke. Quell’ideologia che imperversa ovunque, legittima la cancel culture e porta a riscrivere la storia o a produrre serie tv con Cleopatra, Anna Bolena o Achille di colore.
La saturazione del mix di moralina, fanatismo woke e assurdità al limite del grottesco hanno spinto, per reazione, la gente in direzione opposta. Se l’idea iniziale era promuovere l’inclusività, l’esagerazione ha decisamente stufato.
Come dopo un’abbuffata si tende a evitare come la peste l’alimento che ne è stato la causa e il solo nominarlo fa salire la nausea, così l’imperversare della propaganda woke in tutte le sue sfumature ha saturato e irritato l’opinione pubblica. E non è questione di sessismo, quanto di buon senso. A maggior ragione, se dietro certe campagne si nascondono non i buoni sentimenti o l’attivismo, ma il mero marketing. E qua si entra anche nella strumentalizzazione dei diritti sociali, per vendere dei prodotti. [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA