Manifestazioni vietate dal nuovo decreto rave? Facciamo chiarezza

Ilena D’Errico

1 Novembre 2022 - 19:33

Il nuovo decreto rave prevede una multa fino a 10.000 euro e la detenzione fino a 6 anni per chi prende parte a un raduno pericoloso; ma vieta anche le manifestazioni?

Manifestazioni vietate dal nuovo decreto rave? Facciamo chiarezza

Il cosiddetto decreto Rave varato dal governo Meloni ha messo immediatamente in allerta sia l’opposizione politica che gli avvocati penalisti. La paura è che il nuovo articolo 434-bis c.p. non si limiti a proibire i raduni pericolosi, il rave infatti è diventato un vero e proprio reato, ma che preveda anche manifestazioni vietate.

L’articolo 5 del D.L. 162/2022 prevede per l’appunto l’introduzione del reato di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine, la salute e l’incolumità pubblica, con sanzioni sia per gli organizzatori che per i partecipanti stessi. Il tema della sicurezza pubblica non viene tuttavia chiarito in maniera esaustiva, nonostante le pene previste non siano da sottovalutare.

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha spiegato che l’obbiettivo di questa norma è la prevenzione di situazioni pericolose e spesso difficili da gestire per le Forze dell’Ordine, in particolare alla luce del recente rave di Modena che ha creato non pochi problemi durante le trattative per lo sgombero. Nonostante l’obbiettivo comune resti quello di combattere l’illegalità, in molti si sono schierati contro questa norma, chiedendo di fare chiarezza.

Decreto Rave: quali saranno le manifestazioni vietate

La tematica dei rave party era già stata oggetto di preoccupazione per il governo, motivo per cui Luciana Lamorgese, precedente ministra dell’Interno, aveva sollecitato la stesura di una norma che contrastasse questo tipo di eventi, che comportano un notevole dispendio di risorse e potrebbero favorire la criminalità.

L’intero procedimento ha subito una rapida accelerazione con il governo Meloni, ed era del tutto prevedibile dato che il centrodestra ha sempre avuto molto a cuore questo problema. Così, i rave sono ufficialmente reato ma non in maniera specifica.

La nuova normativa, infatti, non tratta dei rave in maniera esplicita, limitandosi a condannare tutti i raduni che mettono in pericolo la collettività. Per il momento, quindi, non è possibile escludere che siano vietate anche tutte le altre forme di manifestazione e associazione.

Il motivo è che il nuovo articolo introdotto nel codice Penale non definisce i criteri per stabilire in maniera definitiva l’eventuale pericolosità dell’evento, lasciando il tutto al sostanziale libero arbitrio del governo.

Proprio su questo punto insistono il Pd e +Europa, preoccupati per gli effetti che questa definizione così vaga potrebbe avere sulla libertà pubblica. Almeno in linea teorica, infatti, potrebbero essere puniti anche i partecipanti di scioperi sindacali, manifestazioni pacifiche e perfino occupazioni scolastiche.

Il vicesegretario Matteo Salvini si è detto in completo disaccordo su questa discussione, affermando che l’obbiettivo del governo è semplicemente la difesa della legalità mentre, anche secondo il Viminale, non viene lesa in nessun modo la libertà di manifestazione prevista dalla Costituzione.

Rave e raduni pericolosi: ammesse le intercettazioni

Le sanzioni previste per punire gli eventi abusivi con più di 50 partecipanti sono: una multa, che può andare da 1.000 euro a 10.000 euro, e la reclusione da 3 a 6 anni per quanto riguarda gli organizzatori della manifestazione incriminata.

È stata proprio la pena detentiva a far storcere il naso ai penalisti, con particolare riferimento alla questione delle intercettazioni telefoniche e telematiche, anche se per i soli partecipanti è prevista una riduzione della pena che li escluderebbe da questo problema.

La premier Giorgia Meloni aveva infatti dichiarato di non aver dato il via libera alle intercettazioni per questo reato, ma il fatto stesso che preveda una pena oltre i 5 anni di reclusione ne permette l’utilizzo. Lo ha spiegato Gian Domenico Caiazza, presidente delle Camere Penali, senza nascondere la sua perplessità a riguardo.

La questione è stata criticata aspramente anche dal ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, secondo cui le intercettazioni in questa particolare fattispecie rappresenterebbero uno strumento d’indagine eccessivamente invasivo. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd, che teme l’oppressione delle libertà personali.

L’aspetto problematico non riguarda quindi il fine del decreto, quanto più la sua formulazione che risulta troppo ampia e generale, soprattutto considerando la gravità delle sanzioni indicate.

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