Licenziamento o dimissioni? Ecco come si considera ancora oggi la risoluzione del contratto avvenuta dopo il 5° giorno di assenza ingiustificata da parte del dipendente.
È importante fare chiarezza sulla possibilità che il licenziamento avvenuto dopo 5 giorni di assenza ingiustificata possa essere considerato a tutti gli effetti come se fosse stato il dipendente a rassegnare le dimissioni.
Di tale possibilità si è parlato molto nei mesi scorsi, soprattutto a margine dei lavori che hanno portato all’approvazione del decreto n. 48 del 2023 (lo stesso con cui per intenderci è stato introdotto l’Assegno di inclusione): in quell’occasione, infatti, il legislatore ha provato a intervenire a tutela dei datori di lavoro mettendo un freno al comportamento poco corretto di quei dipendenti che smettono di presentarsi al lavoro per forzare il licenziamento e mantenere il diritto alla disoccupazione.
Tuttavia, molti datori di lavoro non hanno ancora chiaro se effettivamente la norma è cambiata oppure no, ossia se oggi chi viene licenziato perché non si presenta al lavoro senza darne adeguata giustificazione può essere considerato un dimissionario anche nel caso in cui sia l’azienda a risolvere il contratto.
Dobbiamo quindi intervenire per fare chiarezza a riguardo, evitando quindi che il datore di lavoro possa incorrere in errore.
Perché il dipendente potrebbe non presentarsi più al lavoro?
L’indennità di disoccupazione Naspi spetta solamente nei casi di perdita volontaria del lavoro, tra i quali rientrano tutti i tipi di licenziamento (anche quelli di tipo disciplinare) ma non le dimissioni (eccetto quando sussiste la giusta causa).
Per molti lavoratori è comunque semplice aggirare questo vincolo, in quanto con le loro azioni riescono a forzare il licenziamento da parte dell’azienda senza dover ricorrere alle dimissioni, mantenendo così il diritto alla Naspi.
Un comportamento che per quanto poco etico è comunque legittimo: a oggi, infatti, la legge non vieta la possibilità che un dipendente possa fare in modo che il datore di lavoro sia costretto a licenziarlo (salvo il caso in cui il comportamento violi altre norme).
Ad esempio, uno dei modi più utilizzati è quello di non presentarsi più al lavoro, con l’azienda che a un certo punto non può fare altro che licenziare e farsi carico del relativo ticket che d’altronde quest’anno è persino aumentato.
Dopo 5 giorni di lavoro è licenziamento o dimissioni?
A tal proposito, con il decreto Lavoro (decreto n. 48 del 2023) si era provato a mettere un freno al comportamento poco etico di questi lavoratori, fissando una soglia limite oltre la quale il licenziamento viene considerato al pari delle dimissioni, scongiurando così il pagamento del relativo ticket e precludendo al lavoratore furbetto la possibilità di richiedere la Naspi.
Tuttavia, questa novità non è entrata nel testo definitivo del provvedimento. Ancora oggi, quindi, il lavoratore può non presentarsi al lavoro per un numero indeterminato di giorni (senza ovviamente percepire lo stipendio), attendendo solamente il momento in cui l’azienda - che non ha alcun vantaggio a mantenere il contratto in essere in questa situazione - decida di licenziarlo.
Licenziamento che essendo di tipo disciplinare non necessita del preavviso, ma d’altronde poco importa al dipendente che ha comunque raggiunto il suo scopo in quanto ha la possibilità di accedere alla Naspi.
Attenzione, la norma sta per cambiare
Ma attenzione, perché non sarà sempre così in quanto il governo Meloni non ha rinunciato alla stretta contro i furbetti della Naspi.
La novità annunciata, infatti, verrà introdotta con l’approvazione del disegno di legge “Collegato lavoro” che attualmente è in esame in Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
Qui, precisamente all’articolo 9 - “Risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata del lavoratore” - viene chiaramente detto che dopo il 5° giorno in cui il dipendente non si presenta al lavoro questo è considerato come se fosse dimissionario. Al momento l’iter del ddl è ancora in fase preliminare: c’è stata la presentazione degli emendamenti dei quali non è ancora iniziato l’esame. Ci vorrà quindi ancora qualche settimana.
La norma quindi sta per cambiare, con la stretta per i furbetti che dovrebbe essere operativa al più presto.
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