È in programma stamane il secondo round di negoziati tra Russia e Ucraina. Quali sono le condizioni poste sul tavolo dei negoziati? «Compromesso impossibile».
Secondo round di negoziati tra Russia e Ucraina. Oggi, 3 marzo, nella foresta vergine di Bialowieza, tra Ucraina, Bielorussia e Polonia - dove nel 1991 Boris Eltsin firmò l’accordo che portò alla caduta dell’Unione Sovietica - Mosca e Kiev tornano al tavolo delle trattative. Dopo il fallimento del primo incontro a Gomel.
Il secondo giro di negoziati arriva nei giorni dell’escalation dell’attacco russo in Ucraina. Kiev è sempre più schiacciata dall’assedio. Ma la popolazione continua a resistere. Kherson invece è la prima città a cadere nelle mani dell’esercito di Mosca. Sono duemila finora i civili uccisi.
Scatta anche il giallo dei negoziati. Kiev avrebbe chiesto di spostare la sede dei colloqui dalla Bielorussia a uno dei paesi vicini. Ma la proposta di Belaya Vezha è stata respinta. La delegazione russa è decisa a tenerli solo in Bielorussia per evitare «provocazioni». Alla fine i colloqui si sono aperti alle 13 (ora italiana) a Brest in Bielorussia, come stabilito. Mosca ha proposto una «pausa» per evacuare i civili: «Siamo pronti a creare corridoi umanitari ovunque, in qualsiasi momento». Ma quali sono le condizioni poste sul tavolo dei negoziati da parte di Russia e Ucraina? Entriamo nel dettaglio.
Secondo round di negoziati, cosa chiedono Russia e Ucraina
È in programma stamane il secondo round di negoziati tra Russia e Ucraina. La delegazione di Kiev raggiungerà il luogo prescelto attraverso un «corridoio di sicurezza» garantito dall’esercito russo. Lo riporta il capo negoziatore di Mosca Vladimir Medinsky. Entrambe le delegazioni saranno composte dagli stessi membri della scorsa volta. Ma cosa chiedono le parti?
La Russia avrebbe assicurato che la possibilità di un cessate il fuoco resta sul tavolo dei negoziati. Ipotesi che tuttavia non convincerebbe nessuno, neanche gli stessi russi. «Penso che le cose resteranno allo stesso modo, niente cambierà, noi resteremo sulla nostra posizione», ha affermato il consigliere presidenziale del Cremlino Olexiy Arestovych a Suspilne TV.
Per fermare il conflitto, Putin chiede la «smilitarizzazione e de-nazificazione dell’Ucraina», in altre parole Kiev dovrebbe assumere uno status di paese neutrale. Inoltre il Cremlino chiede lo stop delle armi da parte dell’Occidente e il divieto dell’Ucraina di entrare nella Nato. Non solo. Mosca vorrebbe anche il riconoscimento internazionale della Crimea come territorio russo. Crimea annessa nel 2014.
Dal canto suo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito la sua condizione imprescindibile: stop immediato ai bombardamenti e ritiro delle truppe russe.
Ad oggi un accordo sembra lontano. Le richieste di Mosca difficilmente verranno accolte dalla coalizione occidentale. Così come Putin non accetterà che Kiev entri nella Ue o nella Nato. E nel frattempo sulle città ucraine continua la pioggia di missili e la strage dei civili.
La posizione di Pechino
A una settimana dallo scoppio della guerra, la Cina ha evacuato 6 mila connazionali finiti sotto i raid russi. Evidentemente Pechino non era stata avvertita da Mosca dell’attacco imminente. Anche se il New York Times riporta un’indiscrezione secondo la quale, la Cina avrebbe chiesto a Putin di aspettare la fine delle Olimpiadi.
In ogni caso Pechino ora viene definita il «possibile mediatore» dal Financial Times. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, al telefono con l’omologo ucraino Dmytro Kuleba, ha utilizzato per la prima volta la parola «conflitto», invitando entrambe le parti a trattare.
Putin dunque è sempre più isolato. Con una maggioranza schiacciante (141 sì, 5 no e 35 astenuti), l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato la risoluzione contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina chiedendo a Mosca un ritiro «immediato» delle truppe e condannando le minacce nucleari.
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