Nuclear sharing, ecco perché in Italia ci sono armi nucleari Usa (e ne stanno per arrivare altre)

Luna Luciano

10 Marzo 2023 - 19:03

In Italia sono presenti armi nucleari statunitensi e presto ne arriveranno altre, questo per via del nuclear sharing: ecco cosa significa e quali possono essere i rischi per l’Italia.

Nuclear sharing, ecco perché in Italia ci sono armi nucleari Usa (e ne stanno per arrivare altre)

L’Italia ospita da anni ormai armi nucleari statunitensi e ben presto ne arriveranno altre. Proprio in questi giorni, infatti, si è tornati a parlare della bomba nucleare B61-12 che ben presto gli Stati Uniti dovrebbero inviare presso alcune basi militari italiane, nonostante questo contravvenga il trattato di non proliferazione nucleare (Tnp).

Tutto ciò è possibile per via del nuclear sharing. Attualmente l’unico Paese a sfruttare la condivisione di armi nucleari sono gli Stati Uniti: unici ad aver installato le proprie armi sin altri Paesi (anche non nucleari).

Ma sicuramente questo non è l’unico problema in questo settore. Infatti, la Nato è l’unica alleanza che si autoproclama “nucleare”. Proprio questi aspetti sono stati ampiamente discussi e criticati all’interno del Forum Act on it, che si è tenuto a Oslo il 9 marzo 2023.

A promuovere questa iniziativa anche Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons ), una campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, la quale nel 2017 si è aggiudicata il premio Nobel per la pace proprio per il suo operato.

Stando a quanto si può leggere nella pagina ufficiale del Forum, i cinque paesi che ospitano testate statunitensi (Italia, Germania, Turchia, Belgio e Paesi Bassi) hanno costantemente mostrato una maggioranza a favore del ritiro. Ma molti altri Stati hanno criticato la pratica del nuclear sharing, e c’è il rischio che altri potrebbero usarla come modello. Ecco cos’è il nuclear sharing e quali sono i rischi per l’Italia.

Nuclear sharing: ecco cos’è

Oggi l’Italia ospita armi nucleari Usa presso le basi militari di Ghedi (in provincia di Brescia) e Aviano (in provincia di Pordenone) a causa del nuclear sharing, ossia degli accordi bilaterali di cooperazione nucleare (segreti) tra gli Stati Uniti e il Paese ospitante.

Significa, in pratica, che testate atomiche americane (come le B61 ben presto sostituite dalle B61-12) sono dispiegate, con funzioni difensive, anche nei territori di Paesi che hanno assunto decenni addietro l’impegno a non dotarsi mai di armi nucleari, consentendo a questi Stati di godere della protezione dell’“ombrello nucleare” statunitense.

Il nuclear sharing nasce, infatti, come concetto politico e strategia di deterrenza all’interno della Nato a metà degli anni ’60 per evitare la proliferazione delle armi nucleari in Europa, diventando poi permanente per evidenti interessi economici. Accordi che hanno preceduto di circa 10 anni il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (Tnp) del 1968, che coinvolgeva 5 Paesi: Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Cina.

Attualmente solo gli Usa hanno ancora oggi le proprie armi nucleari al di fuori del territorio nazionale. Eppure - nonostante questi accordi bilaterali contravvengano il Tnp - il nuclear sharing è stato difeso finora da tutti i Paesi Nato.

Nuclear sharing: quali sono i rischi per l’Italia?

Ospitare sul suolo italiano armi nucleari statunitensi non è del tutto sicuro. Se infatti il nuclear sharing nasce per garantire una maggiore sicurezza ai Paesi non-nucleari, grazie alla protezione dell’ombrello nucleare degli Stati Uniti, oggi non si possono ignorare anche i rischi. A parlarne non è stato solo Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo, il quale ha dichiarato che con l’arrivo di altre armi nucleari americane, l’Italia si espone a diventare un potenziale obiettivo. Ma non solo.

Come spiegato da un’analisi accurata da arte dell’Iari (Istituto analisi relazioni internazionali), nel caso di scoppio di un conflitto nucleare gli Stati Uniti potrebbero attivare il sistema di nuclear sharing: l’Italia, la Germania, la Turchia, il Belgio e i Paesi Bassi sarebbero quindi chiamate a “combattere in prima linea”. Tale sistema potrebbe però essere attivato solo in caso di guerra nucleare poiché, in tal caso, il Tnp non sarebbe più in vigore, e di conseguenza questi 5 paesi ospitanti armamenti americani diventerebbero Stati nucleari.

Va però precisato che oggi esistono armi tecnologicamente più avanzate mentre il sistema di nuclear sharing non è stato aggiornato, e per tanto risulterebbe poco conveniente attivarlo. Al di là di ciò, come precisato all’interno di Act on it: “Le armi nucleari dispiegate in Europa rendono il continente vulnerabile”. Sarebbe quindi un bene se fossero ritirate.

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