L’OMS ha messo in guardia su una nuova emergenza legata al coronavirus nel mondo: la carenza di ossigeno per i malati gravi. Un vero allarme per i Paesi più poveri, già alle prese con mancanze sanitarie
Il coronavirus non è ancora sotto controllo nel mondo e, mentre ci si avvicina ai 10 milioni di contagi globali, l’OMS ha lanciato un nuovo allarme: manca ossigeno.
L’epidemia rappresenta un’emergenza in molti Paesi, dislocati sopratutto in America Latina, Asia, Africa, dove le strutture sanitarie sono inefficienti e inadeguate già normalmente.
Ora, con l’accelerazione della pandemia, il quadro sta peggiorando. Il virus ha colpito 9,3 milioni di persone, finora ha ucciso oltre 480.000 individui e sta aumentando al ritmo di circa 1 milione di casi alla settimana. Ciò spingerà la domanda di ossigeno a 88.000 grandi bombole - o 620.000 metri cubi di ossigeno - al giorno
Una richiesta che non sarà facile soddisfare, mettendo a rischio intere popolazioni.
Coronavirus nel mondo: manca ossigeno per le cure
La situazione è stata spiegata dal direttore generale del’OMS: con una crescita così veloce e diffusa del virus a livello mondiale c’è un vero allarme per le scorte di ossigeno curativo.
L’organizzazione ha acquistato 14.000 concentratori di ossigeno dai produttori e prevede di inviarli in 120 Paesi nelle prossime settimane. Altri 170.000 concentratori, del valore di circa 100 milioni di dollari saranno potenzialmente disponibili nei prossimi sei mesi.
Il settore di riferimento, però, ha le sue difficoltà, considerando che l’80% del mercato è di proprietà di poche aziende e la domanda supera l’offerta.
Inoltre, sebbene ci siano compagnie a livello mondiale che producono attrezzature relativamente robuste - con caratteristiche tali da resistere nel tempo - i prezzi sono in aumento e le restrizioni sui voli internazionali complicano le consegne.
Una missione non facile, quindi, quella di fornire di bombole di ossigeno gli ospedali carenti nel mondo.
I Paesi più a rischio senza ossigeno
L’epidemia non colpisce tutti i Paesi allo stesso modo e, quindi, anche la penuria di ossigeno curativo avrà effetti più pesanti in alcune parti del mondo piuttosto che in altre.
Nella Repubblica Democratica de Congo, per esempio, l’Alleanza per l’azione medica internazionale, o Alima, ha curato 123 pazienti Covid-19, 56 dei quali avevano bisogno di ossigeno.
Non essendo disponibile una quantità per tutti, ben 26 persone sono decedute, il 70% in meno di 24 ore. La mancanza di ossigeno ha di certo avuto un effetto decisivo per la loro morte.
Anche la Nigeria è alle prese con una carenza di ossigeno, secondo la dott.ssa Sanjana Bhardwaj, il capo della salute dell’UNICEF. Da maggio, gli ospedali di Lagos e Kano hanno visto un flusso costante di pazienti più anziani con sintomi di COVID-19 che hanno bisogno di ossigeno.
E poi c’è la storia del Perù, dove i parenti dei malati si sono messi in fila per ore per acquistare bombole di ossigeno a prezzi esagerati, dove sono state trovate.
Solo pochi esempi per rendere chiaro il problema ossigeno per la cura, immediata, dei pazienti affetti dal coronavirus.
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