Nuove aliquote Irpef, si pagheranno meno o più tasse nel 2025?

Patrizia Del Pidio

25 Novembre 2024 - 11:01

In attesa dell’approvazione definitiva della Legge di Bilancio, cosa potrebbe accadere alle aliquote Irpef? Vediamo le ipotesi e gli scenari.

Si pagheranno più o meno tasse nel 2025? Le nuove aliquote Irpef che impatto avranno sui contribuenti? Quella che si profila all’orizzonte, al momento, sembra essere una prospettiva che lascia tutto immutato rispetto a quest’anno, vediamo il motivo.

Il nuovo taglio dell’Irpef per il ceto medio è stato annunciato a più riprese dalla maggioranza e dallo stesso ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Anche se, ormai, un intervento in tal senso sembra certo, il tutto è vincolato al gettito del concordato preventivo biennale, senza le coperture in questione è necessario rimandare il taglio al prossimo anno.

Il primo intervento sull’Irpef della Legge di Bilancio riguarda l’Irpef a tre aliquote in vigore anche nel 2024, che rimarrà invariata anche nel 2025 e resa strutturale. L’intervento sul ceto medio, invece, ancora non ha trovato posto nel testo proprio perché legato all’andamento del concordato preventivo biennale.

Nuova Irpef 2025

Con la Legge di Bilancio 2024 l’Irpef ha subito una rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni di reddito. La novità, prevista per il solo 2024, ha portato il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef con relativi scaglioni di reddito così definiti:

  • aliquota del 23% per i redditi fino a 28.000 euro;
  • aliquota del 35%per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
  • aliquota del 43%per i redditi che superano 50.000 euro.

L’Irpef a tre scaglioni è confermata anche nel 2025 e diventa strutturale insieme al taglio al cuneo fiscale.

Il nuovo taglio dell’Irpef per il ceto medio

La nuova sfida riguarda nuovi tagli per l’Irpef 2025, ma è necessario trovare le risorse per proseguire con l’abbassamento delle imposte. Chi pagherà meno tasse il prossimo anno?

Ora le energie dell’esecutivo si concentrano nel trovare le coperture necessarie per proseguire nei tagli della pressione fiscale, questa volta del ceto medio, quello che è stato maggiormente penalizzato dagli interventi degli anni precedenti.

Il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, aveva affermato che il ceto medio si sta impoverendo ed è indispensabile ridurre l’Ires per le imprese che investono e creano occupazione. Servirebbe un intervento deciso anche sull’Irap al fine di far venire meno le molte storture che l’imposta crea. Per ora, però, di questi interventi annunciati, nella Legge di Bilancio non c’è traccia.

La riforma fiscale procede spedita, i decreti attuativi hanno iniziato a portare quel cambiamento che era atteso ormai da decenni. Come proseguirà la riforma del Fisco italiano? I prossimi passi prevedono il recupero del rapporto con i contribuenti puntando su una strada che ormai è stata delineata: pagare meno, pagare tutti.

Recuperare il gettito mancante causato dall’evasione fiscale, infatti, permetterebbe a tutti di pagare meno imposte. La strada scelta dall’esecutivo, per iniziare, è quella del concordato preventivo biennale che rappresenta un compromesso tra Stato e contribuenti. Proprio il gettito del concordato preventivo dovrebbe portare le risorse mancanti, secondo le stime di Leo, per attuare i nuovi tagli delle tasse.

Allo stato dei fatti, quindi, nel 2025 si potrebbe continuare a pagare esattamente come quest’anno, con nessun nuovo taglio all’orizzonte da applicare a partire dal 1° gennaio 2025.

Tempi troppo stretti, il taglio è rimandato?

Per tagliare le tasse al ceto medio i tempi potrebbero essere troppo stretti e tutto potrebbe essere rimandato al 2025, con l’effetto di far entrare in vigore la novità solo nel 2026. Perché?

L’emendamento che propone di tagliare l’Irpef al ceto medio portando l’aliquota del secondo scaglione dal 35% al 33%, al momento non può essere approvato perché mancano le coperture. Da considerare che il testo della Legge di Bilancio 2025 dovrà essere blindato già a fine novembre per impedire che siano effettuate modifiche durante il passaggio al Senato (non ci sarebbe poi tempo per l’approvazione della Legge perché con modifiche al Senato il testo dovrebbe essere approvato nuovamente anche dalla Camera dei Deputati: entrambe le Camere, infatti, devono votare lo stesso identico testo).

L’unica soluzione sembrerebbe quella di rimandare il taglio dell’Irpef al ceto medio a gennaio, per poter utilizzare le entrate del concordato preventivo biennale (che nonostante la riapertura dei termini fino al 12 dicembre, non sembra stia riscuotendo un grande successo).

I dati dell’adesione, però, si avranno solo dopo il 12 dicembre e solo allora si potranno fare stime certe per le misure da finanziare con il gettito. A quella data la Legge di Bilancio sarà già in Senato e i tempi stretti fanno supporre che l’intervento sull’Irpef del ceto medio possa essere demandato a un successivo decreto approvato nel 2025 (e con effetto a partire dal 2026, visto che l’intervento sull’Irpef non può essere retroattivo).

Le ipotesi di taglio Irpef 2025

Come si intende agire per ridurre l’Irpef sul ceto medio? Le ipotesi al vaglio sono essenzialmente due: la riduzione dell’aliquota del secondo scaglione o l’ampliamento dello stesso. Vediamo nello specifico come si sta ipotizzando di procedere.

Da una parte si ipotizza di andare a tagliare l’aliquota del secondo scaglione, quello per i redditi che si collocano tra i 28.000 e i 50.000 euro che attualmente paga un’aliquota Irpef al 35%. La proposta è quella di abbassare l’aliquota al 33%.

La seconda ipotesi, invece, prevede di ampliare il secondo scaglione, che riguarda i redditi da 28.000 a 50.000 euro, fino a 60.000 euro. In questo modo beneficerebbero dell’aliquota al 35% (o al 33% se si procede al taglio) anche coloro che hanno redditi tra i 50.000 e i 60.000 euro (su cui oggi si versa l’Irpef al 43%).

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