Pausa pranzo lavoro: quando è obbligatoria e qual è la durata minima prevista

Simone Micocci

29/04/2019

Pausa pranzo: è obbligatoria solo per i lavoratori che hanno un orario di impiego superiore alle 6 ore giornaliere. Per legge non può avere una durata inferiore ai 10 minuti.

Pausa pranzo lavoro: quando è obbligatoria e qual è la durata minima prevista

Solitamente a decidere della pausa pranzo del lavoratore, così come di altre brevi sospensioni dell’attività lavorativa, è il datore di lavoro, il quale però deve comunque attenersi a quanto previsto dalla normativa.

In alcune situazioni, infatti, la legge stabilisce che la pausa pranzo deve essere obbligatoriamente riconosciuta al dipendente; allo stesso tempo la normativa ne indica la durata minima.

Nel dettaglio, è il D.Lgs. 66/2003 a stabilire le norme che il datore di lavoro deve rispettare nel concedere delle pause durante l’orario di lavoro; inoltre anche i singoli contratti collettivi possono intervenire con apposite clausole prevedendo un trattamento di maggior favore nei confronti dei dipendenti.

In ogni caso, nel rispetto della normativa vigente, è l’azienda a stabilire durata e collocazione oraria della pausa pranzo e delle altre interruzioni dell’attività lavorativa, tenendo conto delle esigenze sia dei dipendenti che dell’azienda stessa.

Pausa pranzo obbligatoria: cosa stabilisce la legge

In merito alla pausa pranzo obbligatoria la legge interviene in una sola occasione: quando l’orario di lavoro supera le 6 ore giornaliere. Quindi non ci sono norme che obbligano il datore di lavoro a concedere una breve pausa al dipendente impiegato part-time.

Nel dettaglio, è l’articolo 8 del D.Lgs. 66/2003 a stabilire che “quando l’orario di lavoro eccede il limite di sei ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro”.

Viene poi specificato che la pausa è necessaria ai fini del “recupero delle energie psicofisiche e dell’eventuale consumazione del pasto al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”.

Non viene quindi specificata la durata della pausa pranzo visto che è il CCNL a stabilirla; tuttavia nel secondo comma dello stesso articolo si legge che in ogni caso la pausa concessa al lavoratore non può avere una durata inferiore ai dieci minuti.

La collocazione, inoltre, deve tenere conto delle “esigenze tecniche del processo lavorativo”.

A tal proposito è bene ricordare che con la circolare 8/2005 il Ministero del Lavoro ha chiarito che per il lavoratore non è possibile rinunciare alla pausa pranzo, neppure dietro la promessa di un compenso aggiuntivo da parte del datore di lavoro. La pausa, infatti, deve essere goduta in modo continuativo e non può assolutamente essere sostituita con un compenso; di conseguenza, qualsiasi clausola contrattuale che prevede ciò è da considerarsi come nulla.

Pausa pranzo sul lavoro: quando è retribuita?

Solitamente la pausa pranzo non è retribuita, ma ci sono delle eccezioni. Tutto dipende dal proprio orario di lavoro: se si tratta di uno spezzato, infatti, la pausa non viene pagata, mentre potrebbe esserlo nel caso di orario di lavoro continuato.

Prendiamo come esempio un lavoratore impiegato quattro ore la mattina - dalle 08:00 alle 12:00 - e per altrettante - dalle 14:00 alle 18:00 - il pomeriggio. Questo ha diritto ad una pausa di due ore, quindi in linea con quanto previsto dalla normativa, che però non viene retribuita.

Nel caso invece di un orario lavorativo continuativo - ad esempio dalle 08:00 alle 16:00 - dove è compresa la pausa pranzo, il periodo di sospensione dell’attività lavorativa è compreso nella retribuzione. Si parla quindi di pausa pranzo retribuita, un’eventualità prevista in particolare per quegli operai addetti alle linee produttive.

Pausa pranzo e servizio mensa

Quando chiaramente imposto dal contratto collettivo nazionale o aziendale durante la pausa pranzo i dipendenti hanno anche diritto a un servizio mensa.

Il datore di lavoro può assolvere questo dovere concedendo ai dipendenti di pranzare o cenare presso la mensa aziendale, la quale può avere una gestione propria oppure essere affidata in appalto a società esterne all’azienda.

Qualora invece l’azienda non disponesse della mensa ci sono tre alternative: o il datore di lavoro stringe un accordo con una mensa esterna, o riconosce al dipendente il buono pasto oppure nessuna di queste due opzioni precedenti.

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