Pensione di cittadinanza addio insieme al Reddito: i pensionati verranno lasciati senza integrazione? Ecco cosa può succedere.
Più di 157 mila famiglie, per un totale di circa 179 mila persone coinvolte, nel 2022 hanno beneficiato dell’incremento al reddito familiare riconosciuto dalla Pensione di cittadinanza. Simile al Reddito di cittadinanza, ma con delle regole differenti: a beneficiarne, infatti, sono quei nuclei familiari in cui sono presenti esclusivamente componenti over 67 o comunque disabili, ai quali spetta un’integrazione del reddito fino ad arrivare a 7.560 euro l’anno (quota aumentata per le famiglie numerose), ossia 630 euro al mese.
A beneficiare della Pensione di cittadinanza in questi anni, quindi, sono state quelle famiglie in cui ci sono pensionati che prendono un assegno molto basso tanto da non arrivare alla fine del mese, o comunque persone che pur avendo superato l’età pensionabile non sono riuscite ad assicurarsi una pensione.
Si tratta, quindi, di soggetti fragili, di persone che non essendo in età da lavoro non possono neppure sperare in un impiego per uscire dallo stato di povertà. A tal proposito, la domanda che molti si pongono è: anche la Pensione di cittadinanza subirà la stessa stretta prevista per il Reddito di cittadinanza? Ebbene sì, ma è bene fare chiarezza su cosa succederà davvero.
Pensione di cittadinanza cancellata nel 2024
Chi prende la Pensione di cittadinanza ne avrà diritto fino a dicembre 2023, dopodiché la misura verrà cancellata al pari del Reddito di cittadinanza.
Nella legge di Bilancio 2023, infatti, viene prevista la totale abrogazione degli articoli compresi tra 1 e 13 del decreto n. 4 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 25 del 2019, a partire dal 1° gennaio 2024, compresa la parte riferita alla Pensione di cittadinanza. Per quest’anno, invece, non ci sono differenze visto che questi nuclei non subiranno il taglio dopo 7 mesi, in quanto non si applica per i nuclei familiari in cui sono presenti over 60, disabili o minorenni.
Altri 11 mesi, quindi, e poi la Pensione di cittadinanza cesserà di esistere: ciò significa che i pensionati con pensione bassa non beneficeranno più dell’integrazione in oggetto, fermo restando che avranno diritto ad altre maggiorazioni laddove ne soddisfino i requisiti. Ad esempio, l’aumento della pensione minima, per la quale nel 2024 è già prevista una rivalutazione straordinaria del 2,7% (rispetto al +1,5% riconosciuto quest’anno), come pure l’integrazione al trattamento minimo che tuttavia non spetta a chi non ha contributi versati prima del 1° gennaio 1996.
Che succede dopo l’addio alla Pensione di cittadinanza?
Va detto che il governo Meloni ha voluto cancellare Reddito e Pensione di cittadinanza non per sfavorire le famiglie che si trovano in condizione di povertà, quanto per ricalibrare il panorama dei sostegni al reddito visto che, secondo l’opinione della maggioranza, a oggi non sono stati raggiunti i risultati sperati.
Tant’è che nella legge di Bilancio 2023 si legge che le risorse risparmiate dall’addio a Reddito e Pensione di cittadinanza confluiranno nel “Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva” che verrà gestito dal ministero del Lavoro ai fini dell’organica riforma delle misure di sostegno.
Il governo, quindi, si impegna a non lasciare soli coloro che non essendo più in età da lavoro non hanno altre soluzioni se non richiedere un sostegno allo Stato per arrivare alla fine del mese: pensionati, o comunque persone con più di 60 anni (questa dovrebbe essere l’età limite oltre cui saranno riconosciuti dei nuovi sostegni), potranno comunque beneficiare della nuova misura che verrà introdotta il prossimo anno, di cui al momento non si conoscono i dettagli (anche se c’è chi parla di ritorno del Reddito d’inclusione).
Senza dimenticare poi che una parte delle risorse risparmiate potrebbero servire a incrementare ulteriormente l’importo delle pensioni minime: già oggi per chi ha più di 75 anni sono state portate a 600 euro, ma l’intenzione dichiarata da Silvio Berlusconi è di arrivare a 1.000 euro entro la fine della legislatura. Obiettivo che, grazie alle risorse risparmiate dall’addio a Rdc/Pdc, sembra essere più vicino.
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