L’Inps ha più tempo per sistemare le posizioni contributive dei dipendenti della Pubblica Amministrazione: la prescrizione dei contributi per i dipendenti pubblici scatterà dal 1° gennaio 2022.
Tra le tante novità introdotte dal decreto 4/2019 c’è la proroga della prescrizione dei dipendenti pubblici, con la nuova scadenza fissata al 31 dicembre 2021.
Le amministrazioni pubbliche e l’Inps, quindi, avranno a disposizione più tempo per regolarizzare la posizione contributiva dei propri dipendenti; ricordiamo, infatti, che in assenza della proroga i contributi previdenziali dimenticati con il passaggio dal fondo Inpdap all’Inps sarebbero andati persi a partire dal 1° gennaio 2019. Nessun problema per i dipendenti pubblici, visto che sarebbero state le singole amministrazioni a dover procedere alla costituzione della rendita vitalizia in favore degli amministrati per far fronte alla perdita dei contributi.
L’articolo 19 del decreto 4/2019 - lo stesso che introduce Quota 100 e reddito di cittadinanza - attualmente in esame del Parlamento per la conversione in Legge, quindi, è una sorta di ancora di salvataggio per le amministrazioni; in ogni caso, infatti, i dipendenti pubblici non avrebbero perso i loro contributi.
Dopo la prescrizione i contributi non si perdono
Per i dipendenti pubblici, quindi, indipendentemente dalla proroga della prescrizione non c’era alcun rischio di perdere i contributi ex Inpdap non ancora accreditati con il passaggio alla gestione Inps. La data del 1° gennaio 2022 segna soltanto il cambiamento delle conseguenze per il mancato pagamento contributivo accertato dall’Istituto.
Infatti, prima di questa data è ancora possibile segnalare il vuoto contributivo all’Inps presentando l’apposita documentazione che ne certifica il versamento; in tal caso spetta all’Inps regolarizzare - a costo zero - la posizione contributiva dell’amministrato.
Dopo questa data, invece, l’amministrazione di appartenenza sarà obbligata a sostenere l’onere del trattamento di quiescenza, riferito a quei periodi contributivi per i quali è ormai intervenuta la prescrizione. Per quantificare l’onere dovuto bisogna utilizzare come base di calcolo il criterio della “rendita vitalizia”.
Per i dipendenti pubblici non ci sono costi da pagare, né prima né dopo l’avvenuta prescrizione dei contributi.
Ricordiamo comunque che è facoltà del dipendente controllare la propria posizione assicurativa e - in caso si renda conto di contributi non accreditati - chiederne la variazione. La richiesta va presentata tramite l’istanza RVPA; non c’è alcuna scadenza, neppure l’avvenuta prescrizione vi impedisce di chiedere la regolarizzazione della vostra posizione contributiva.
L’eccezione, ricordiamo, è costituita dagli iscritti alla Cassa Pensioni Insegnanti; questi, infatti, dopo la prescrizione possono richiedere la variazione della posizione contributiva, tuttavia il datore di lavoro non è obbligato a sostenere l’onere della rendita vitalizia. Se non lo fa, spetta quindi al lavoratore far fronte a quest’onere per vedersi valorizzato il periodo sulla posizione assicurativa.
Prescrizione contributi dipendenti pubblici: cosa stabilisce il decreto 4/2019
Nel concreto, la misura descritta dall’articolo 19 del decreto 4/2019 stabilisce che fino al 31 dicembre 2021 non si applicano i termini della prescrizione dei contributi, ma esclusivamente per quel che riguarda gli obblighi concernenti alle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria per i rapporti di lavoro subordinato con le pubbliche amministrazioni.
Inoltre, questa disposizione si applica solamente per i periodi contributivi antecedenti al 31 dicembre 2014; sono esclusi, ovviamente, i provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.
Quindi i contributi non accreditati andranno prescritti dal 1° gennaio 2022, quando eventualmente le singole amministrazioni dovranno farsi carico delle rendite vitalizie dei propri amministrati.
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