Pensioni, così l’inflazione ne aumenta l’importo: dal 2023 aumenti senza precedenti, ecco le prime simulazioni.
Nel 2023 è atteso un sostanzioso aumento delle pensioni. È ancora presto per dire di quanto, ma non ci sono dubbi sul fatto che potremo assistere all’incremento più importante degli ultimi 40 anni.
A differenza degli stipendi, infatti, per le pensioni esiste un meccanismo che le adegua automaticamente alla variazione dei prezzi registrata nell’ultimo anno. E con l’inflazione che galoppa, è facile pensare a un aumento delle pensioni senza precedenti, tre volte maggiore di quello scattato l’1 gennaio scorso.
Per le pensioni, dunque, non esiste il problema che si sta ponendo per gli stipendi, ossia che queste possano perdere potere d’acquisto con l’aumentare dei prezzi. Grazie al meccanismo della rivalutazione, che dall’1 gennaio 2022 prevede delle percentuali più vantaggiose per i pensionati, queste all’inizio di ogni anno si aggiornano tenendo conto della variazione (ma solo se positiva) dell’inflazione nell’anno precedente.
A tal proposito, l’1 gennaio 2022 c’è stato un incremento provvisorio dell’1,7%. Il valore definitivo, per il quale ci sarà un conguaglio a inizio 2023, è stato poi dell’1,9%. Diverse le cifre di cui si parla per il prossimo anno; vediamo quale potrebbe essere la conseguenza per le pensioni.
Aumento pensioni nel 2023: quale tasso di rivalutazione?
Siamo a giugno ed è ancora presto per dire quale sarà il tasso di rivalutazione che verrà accertato alla fine dell’anno. Sappiamo però che si tratterà sicuramente di una percentuale molto più alta rispetto a quella applicata per la rivalutazione delle pensioni nel 2022.
Secondo le stime della Bce, che tuttavia potrebbero essere riviste, l’inflazione nel 2022 sarà del 6,8%. Più di tre volte maggiore a quanto registrato lo scorso anno, con un incremento notevole non solo delle pensioni ma anche per i trattamenti assistenziali, come ad esempio l’assegno sociale e le pensioni d’invalidità civile.
E ciò ovviamente richiederebbe un esborso elevato per lo Stato, il quale dovrà pagare - sempre secondo le stime - dai 10 ai 12 miliardi di euro in più.
Come funziona la rivalutazione delle pensioni
Il tasso di rivalutazione si applica per intero solamente per alcuni trattamenti previdenziali, ossia per quelli che hanno un importo inferiore alle quattro volte il trattamento minimo.
Si tratta degli assegni appena superiori ai 2.000 euro lordi, i quali appunto giovano di una rivalutazione al 100%.
Salendo con il reddito, invece, la rivalutazione è solamente parziale. Nel dettaglio, per gli assegni d’importo compreso tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo il tasso di rivalutazione viene applicato al 90%, mentre sopra le cinque volte si scende al 75%.
Di quanto aumentano le pensioni nel 2023?
Mettiamo il caso che la percentuale del 6,8% dovesse essere confermata. Come cambierebbero le pensioni? Come visto sopra, per quegli assegni che rientrano nella soglia delle quattro volte il trattamento minimo l’incremento sarebbe pieno.
Ciò significa che la pensione attualmente percepita beneficia di un incremento del 6,8%. Ad esempio, su una pensione di 1.000 euro ci sarebbe un aumento mensile lordo di 68 euro, mentre per chi ha un assegno di 2.000 euro persino di 136 euro.
Per l’assegno sociale, oggi pari a 468,11 euro, si salirebbe a circa 500 euro.
Tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo, ossia entro i 2.500 (circa), l’incremento sarebbe del 90% del tasso accertato, ossia del 6,12%. Su una pensione d’importo lordo pari a 2.500 euro, quindi, l’incremento sarebbe di 153 euro mensili.
Infine, sopra le cinque volte, l’incremento sarebbe del 75% del tasso, ossia del 5,1%. Su una pensione di 3.000 euro, ad esempio, ci sarebbe un aumento di 153 euro.
Ricordiamo comunque che un tale dato è frutto dei dati aggiornati a giugno 2022 e che da qui a fine anno potrebbero esserci diverse variazioni.
Aumento pensioni: il conguaglio per la rivalutazione del 2022
Come anticipato, all’1 gennaio ci sarà anche il conguaglio per la rivalutazione applicata a inizio 2022. Rispetto a un tasso provvisorio dell’1,7%, infatti, ne è stato accertato uno definitivo dell’1,9%.
Ci sarà dunque un ulteriore incremento rispetto a quello sopra indicato, ossia pari alla differenza tra il tasso provvisorio e quello definitivo. Uno 0,2% quindi, con il riconoscimento degli arretrati per l’anno 2022.
Inflazione: vantaggi anche per le pensioni future
Senza contare poi che l’inflazione incide anche sul meccanismo che rivaluta il cosiddetto montante contributivo, ossia l’insieme dei contributi versati dal lavoratore durante il periodo in cui vige il sistema contributivo.
Una rivalutazione più elevata, ovviamente, avrà conseguenze anche sulla pensione futura.
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