Pensioni e legge di Bilancio 2025: c’è una buona e una cattiva notizia. Niente Quota 41, aumentano ancora gli assegni inferiori al trattamento minimo.
Il dossier pensioni che dovrà essere finanziato con la legge di Bilancio 2025 è sul tavolo dei tecnici del governo da giorni e dalle ultime indiscrezioni a riguardo sembra che ci sia una cattiva e una buona notizia.
In particolare, rischiano di restare delusi coloro che guardano alla prossima manovra con la speranza che possa esserci un parziale superamento della legge Fornero, come è stato promesso da alcuni esponenti della maggioranza (in particolare in quota Lega).
Stando alle ultime notizie sulla legge di Bilancio, infatti, il governo non sembra aver a disposizione le risorse per garantire una maggiore flessibilità in uscita rispetto a oggi, con le regole per andare in pensione nel 2025 che dovrebbero essere esattamente le stesse di quest’anno. Il che, guardando anche a quanto successo con la scorsa manovra, non è detto che sia necessariamente una cattiva notizia.
Possono sorridere, invece, i pensionati che sperano negli aumenti dell’assegno: sembra infatti che anche per il prossimo anno verrà confermata la rivalutazione straordinaria delle pensioni minime.
Facciamo dunque il punto della situazione, cercando di capire chi può guardare con fiducia alla prossima manovra e chi invece è bene si rassegni all’idea che non ci saranno novità rilevanti.
Pensioni, con la legge di Bilancio niente Quota 41 per tutti
Non è un segreto che uno degli obiettivi della Lega sia rivedere parzialmente le regole imposte dalla riforma Fornero modificando i requisiti della pensione anticipata, per la quale oggi sono richiesti - indipendentemente dall’età anagrafica - 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
L’obiettivo dichiarato, da anni ormai, è di scendere a 41 anni per tutti, come oggi funziona per alcuni lavoratori precoci.
Quota 41 per tutti, però, non ci sarà nella legge di Bilancio 2025. Sembra infatti che dopo attente riflessioni il governo non abbia ritenuto ci fossero le condizioni per attuare una tale riforma, in quanto neppure il ricalcolo interamente contributivo per chi accede a Quota 41 sarebbe servito a rendere la misura sostenibile.
Per questo motivo sembra che nella legge di Bilancio 2025 verranno confermate tutte le misure di flessibilità oggi previste, da Opzione Donna all’Ape Sociale, fino a Quota 103 (sempre con ricalcolo contributivo) che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi solamente a chi ha compiuto i 62 anni di età.
Il che, come anticipato, non necessariamente è una cattiva notizia. Ricordiamo infatti che con la legge di Bilancio 2024 c’è stato un peggioramento per queste tre misure dal momento che:
- per l’Ape Sociale il requisito anagrafico è stato incrementato di 5 mesi;
- per Opzione Donna, invece, lo stesso requisito è salito di 1 anno;
- per Quota 103 è stato introdotto il ricalcolo contributivo dell’assegno, penalizzazione che non era prevista nel 2023.
Con la legge di Bilancio 2025, quindi, non dovrebbe esserci né un miglioramento né un peggioramento: ora sta agli interessati decidere se vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Aumento delle pensioni inferiori al minimo
Oggi la pensione minima ha un valore pari a 598,61 euro, ma con la legge di Bilancio 2023 è stato stabilito che per tutti gli assegni che non superano un tale importo si applica, per il 2024, una rivalutazione straordinaria del 2,7%.
Per merito di questo incremento, la pensione minima oggi ha un importo massimo di 614,77 euro. Il problema è che questa rivalutazione straordinaria non è al momento confermata per il 2025: servirà quindi un nuovo stanziamento con la prossima manovra.
A tal proposito, le ultime notizie ci dicono che il governo sembra disposto non solo a confermare la rivalutazione straordinaria ma anche a incrementarla leggermente. L’obiettivo è di arrivare a una pensione minima di almeno 630 euro.
Va detto che l’importo già aumenterà per effetto della rivalutazione che secondo le stime terrà conto di un tasso dell’1,6%, arrivando così a circa 608 euro al mese. Confermando la rivalutazione straordinaria del 2,7% si salirà a 625 euro: basterà quindi un altro piccolo sforzo per raggiungere i 630 euro sui quali sta facendo pressione Forza Italia.
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