Pensioni, come può funzionare l’aumento ogni tre mesi e quanto si guadagna in più

Simone Micocci

5 Dicembre 2022 - 11:29

Nel 2023 la rivalutazione delle pensioni potrebbe passare da annuale a trimestrale: di quanto aumenta l’assegno? Ecco perché si tratterebbe di una novità molto importante e vantaggiosa.

Pensioni, come può funzionare l’aumento ogni tre mesi e quanto si guadagna in più

Nel 2023 potrebbe esserci un’ulteriore anticipazione della rivalutazione delle pensioni, come già fatto da Mario Draghi con il decreto Aiuti bis.

Ci riferiamo a quel meccanismo, noto anche con il termine indicizzazione o perequazione, secondo cui ogni inizio anno le pensioni, come pure i trattamenti assistenziali, vengono adeguati all’andamento dell’inflazione registrato negli ultimi 12 mesi, così da contrastarne la perdita del potere d’acquisto.

Per la rivalutazione 2023, però, c’è stata una novità rispetto agli anni scorsi. Per contrastare gli effetti dell’alto tasso d’inflazione, infatti, il governo Draghi ha deciso di anticipare l’indicizzazione di qualche mese, disponendo una rivalutazione provvisoria del 2% a partire dal mese di ottobre.

Ed è proprio su questo modello che potrebbero essere prese decisioni simili nel 2023. Come spiegato da Claudio Borghi, consulente economico per la Lega nonché capogruppo in commissione Bilancio al Senato, infatti, semmai l’inflazione dovesse mantenere lo stesso andamento nel 2023, allora si potrebbe pensare di passare da un meccanismo d’indicizzazione annuale a uno trimestrale. E lo stesso, spiega Borghi, si potrebbe fare per stipendi e salari.

Ma come potrebbe funzionare l’indicizzazione trimestrale per le pensioni? E, soprattutto, perché sarebbe conveniente? Ribadendo che si tratta solamente di una possibilità, che il governo Meloni potrebbe prendere in considerazione qualora la crescita dell’inflazione non dovesse arrestarsi, vediamo in che modo potrebbe incidere sulle pensioni e quali sarebbero i vantaggi rispetto a un’indicizzazione annuale.

Rivalutazione pensioni trimestrale: come può funzionare?

Claudio Borghi ha dichiarato che semmai l’inflazione dovesse risultare elevata anche nel 2023 bisognerà pensare a degli strumenti per la tutela dei redditi di pensionati e lavoratori.

Per questo motivo, sulla base di quanto già fatto dal governo Draghi con il decreto Aiuti bis, si potrebbe pensare di passare da un’indicizzazione annuale a una trimestrale.

Nel dettaglio, tale possibilità verrebbe presa in considerazione laddove l’inflazione dovesse restare per altri mesi sopra il 10%. Il funzionamento sarebbe molto semplice: ogni tre mesi l’importo della pensione percepita verrebbe adeguato al tasso medio d’inflazione registrato nel trimestre precedente. A godere di tale possibilità, però, sarebbero solamente le pensioni d’importo più basso: d’altronde, lo stesso governo Draghi limitò l’anticipo della rivalutazione agli assegni inferiori a 2.692 euro lordi. La soglia pensata dal governo Meloni, però, potrebbe essere più bassa, in quanto pari a 4 volte il trattamento minimo di pensione (quindi circa 2.100 euro).

Perché l’indicizzazione trimestrale sarebbe importante?

Le pensioni, a differenza di stipendi e salari, hanno il vantaggio di essere adeguate periodicamente in base all’indice di variazione dei prezzi. Va detto, però, che l’aggiornamento avviene con distanza di un anno, dunque nei dodici mesi precedenti l’assegno ha comunque perso potere d’acquisto.

Riducendo l’arco temporale entro cui avviene la rivalutazione, quindi, ci sarebbero vantaggi per il pensionato in quanto l’adeguamento sarebbe immediato.

Mettiamo il caso, ad esempio, che per il 2023 venga accertato un tasso di rivalutazione al 10%. Ne risulterà che da gennaio 2024 una pensione di 1.000 euro godrà di un incremento di 100 euro, arrivando così a 1.100 euro (1.300 euro in più l’anno considerando anche la tredicesima).

Ora, consideriamo che a tale valore ci si arrivi con un tasso d’inflazione accertato pari al:

  • 2% nel primo trimestre del 2023;
  • 2,5% nel secondo trimestre del 2023%;
  • 3% nel terzo trimestre del 2023;
  • 2,5% nel quarto trimestre del 2023.

Ne risulterebbe, quindi, un aumento di 20 euro da aprile 2023, un ulteriore aumento di 25 euro da luglio 2023, 30 euro in più da ottobre 2023 e ulteriori 25 euro da gennaio 2024.

Quindi, una pensione di 1.000 euro a gennaio 2023 salirebbe comunque a 1.100 euro a gennaio 2024, godendo così di un incremento di 1.300 euro l’anno, ma allo stesso tempo bisognerebbe considerare anche tutti gli anticipi della rivalutazione riconosciuti nel 2023. Ossia:

  • 20 euro per tre mesi da aprile a giugno, per un totale di 60 euro;
  • ulteriori 25 euro per tre mesi, da luglio a settembre, per un totale di 135 euro;
  • e ancora, altri 30 euro da ottobre a dicembre, più la tredicesima, per un incremento mensile di 75 euro, 300 euro considerando quattro mensilità;
  • da gennaio 2024, infine, ci sarebbe l’incremento di altri 25 euro arrivando così a 100 euro di aumento della pensione.

Ne risulterebbe, quindi, un ulteriore aumento di 495 euro, al quale poi aggiungere i 1.300 euro riconosciuti in più per tutto il 2024.

Quanto costerebbe allo Stato indicizzare le pensioni trimestralmente?

Secondo Borghi, una rivalutazione trimestrale potrebbe essere slegata dalla legge di Bilancio 2023. Va detto, però, che per attuarla lo Stato avrebbe bisogno di trovare circa 1 miliardo di euro, cifra che non sarà semplice recuperare.

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