Busta paga, importo adeguato automaticamente al costo della vita. È possibile? Claudio Borghi (Lega) ritiene di sì e non esclude che l’indicizzazione degli stipendi possa essere introdotta nel 2023.
Nei giorni scorsi è emersa la possibilità che il prossimo anno, indipendentemente da quanto stabilito dalla legge di Bilancio 2023, possa esserci un aumento automatico, e trimestrale, per stipendi e pensioni in base all’andamento dell’inflazione.
Ad anticipare questa novità, che comporterebbe un aumento automatico dello stipendio, è Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio al Senato, in un’intervista rilasciata ad Affaritaliani.it. L’obiettivo è contrastare la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni, utilizzando un meccanismo che viene applicato anche per le pensioni. Se l’inflazione dovesse restare alta, infatti, verrebbe stabilito che il valore degli stipendi dovrà tenere conto dell’indice dei prezzi, così mantenerne inalterato il potere d’acquisto.
Va detto che ci sarebbe una netta differenza tra l’indicizzazione delle pensioni, che secondo Borghi potrebbe passare da annuale a trimestrale, e quella per gli stipendi. Se nel primo caso è lo Stato a doversi fare carico del maggiore esborso, nel secondo sarebbero le aziende, le quali loro stesse stanno vivendo un periodo di difficoltà a causa dell’inflazione. Il che potrebbe avere conseguenze sull’inflazione stessa: l’azienda, infatti, per recuperare il maggior esborso dovuto all’aumento di stipendio potrebbe decidere di aumentare ulteriormente i prezzi di beni e servizi, alimentando quindi l’inflazione. Il rischio è di attivare un circolo vizioso, dove gli stipendi aumentano per l’aumento dei prezzi e i prezzi aumentano per l’aumento degli stipendi.
Aumento di stipendio automatico nel 2023: cosa c’è di vero?
Per il momento si tratta di una possibilità, ma la fonte è molto affidabile. Si tratta di Claudio Borghi, da anni consulente economico per la Lega e oggi capogruppo del Carroccio per la commissione Bilancio in Senato.
Nel dettaglio, questo ha dichiarato che semmai l’inflazione nel 2023 dovesse registrare lo stesso andamento del 2022, con valori particolarmente elevati, allora si potrebbe pensare a due novità:
- indicizzare le pensioni non più una volta l’anno ma ogni tre mesi. Oggi, infatti, i trattamenti previdenziali godono di una rivalutazione annua, tenendo conto del tasso medio d’inflazione registrato negli ultimi 12 mesi. L’eccezione è stata rappresentata dal decreto Aiuti bis, laddove è stata disposta un’anticipazione della rivalutazione del 2% dal mese di ottobre 2022. Un primo passo, quindi, verso l’indicizzazione trimestrale annunciata da Borghi;
- utilizzare lo stesso meccanismo per salari e stipendi, obbligando le aziende ad aumentare automaticamente le buste paga in base al tasso di rivalutazione accertato.
Come detto sopra, sarebbe quindi l’azienda a farsi carico del maggior esborso, tant’è che Borghi ha rivelato di aver già parlato di questa possibilità con i rappresentanti di Confindustria. Nel discutere di questioni relative al Decreto aiuti quater, infatti, da Confindustria si sono lamentati per “l’aumento dei costi, in particolare energetici e per l’inflazione”; allorché Borghi ha risposto loro di “mettersi la mano sul cuore perché, così come le aziende hanno problemi, anche i loro dipendenti non sono messi bene”.
Aumento di stipendio automatico, chi tutela le aziende?
Claudio Borghi, quindi, non esclude che anche per gli stipendi possa esserci un aumento automatico dovuto all’incremento dei prezzi. Parimenti per le aziende private si dovrebbe pensare però a una sorta di meccanismo di compensazione, in quanto, come visto, sopra bisognerà tutelarle per il maggior esborso richiesto.
Ad esempio, si ragiona su limitare il meccanismo d’indicizzazione solamente per i redditi bassi, come pure di prevedere forme di defiscalizzazione per i giovani e nuovi incentivi per chi investe. Ma per il momento niente di concreto, anche perché ricordiamo che sull’indicizzazione automatica degli stipendi non c’è ancora nulla di certo, in quanto il governo si riserverà di guardare prima all’andamento dell’inflazione nel 2023 per poi prendere una decisione in merito.
Di quanto sarebbe aumentato lo stipendio con l’indicizzazione automatica?
Mettiamo il caso che esista già un meccanismo d’indicizzazione degli stipendi, al pari di quanto avviene per le pensioni. Di quanto sarebbe aumentata la busta paga a inizio 2023? Il tasso di rivalutazione accertato quest’anno è pari al 7,3%, il che si applica interamente per gli assegni il cui importo non supera circa i 2.100 euro (4 volte il trattamento minimo di pensione).
Vorrebbe dire, quindi, che uno stipendio di 1.000 euro godrebbe di un incremento lordo di 73 euro, 109 euro per una busta paga di 1.500 euro e 146 euro per chi guadagna 2.000 euro.
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