Pensioni, ottime notizie per chi ha lavorato meno di 35 anni

Simone Micocci

17 Ottobre 2024 - 09:55

Hai lavorato per meno di 35 anni ma vuoi andare in pensione in anticipo? Ci sono ottime notizie per te.

Pensioni, ottime notizie per chi ha lavorato meno di 35 anni

Dalla legge di Bilancio 2025 non arrivano chissà quali novità sul fronte pensioni, se non ad esempio il rinnovo dell’Ape Sociale che consente di smettere di lavorare già all’età di 63 anni e 5 mesi, anche solo con 30 anni di contributi (nel solo caso di disoccupati, invalidi e caregiver, mentre per chi è stato impiegato in lavori gravosi ne servono almeno 36).

In questi giorni però delle buone notizie arrivano dalle stanze del tribunale, in particolare per coloro che hanno lavorato per meno di 35 anni. E non solo per quanto riguarda l’Ape Sociale suddetta per la quale viene leggermente ampliata la platea dei beneficiari, ma anche per la pensione anticipata che oggi consente di smettere di lavorare con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne) di cui almeno 35 devono risultare da contribuzione effettiva. O almeno così è fino a oggi, dal momento che una recente sentenza della Corte di Cassazione potrebbe ribaltare tutto.

Pensione anticipata, buone notizie per chi ha lavorato meno di 35 anni

Come anticipato, oggi per smettere di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica non è sufficiente aver maturato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno per le donne. La regola vuole anche che almeno 35 di questi devono risultare da contribuzione effettiva, ossia:

  • contribuzione obbligatoria versata negli anni di lavoro;
  • contribuzione volontaria;
  • contribuzione da riscatto (ad esempio degli anni di studio universitario).

Non rientrano nella contribuzione effettiva invece i contributi figurativi, tra cui ad esempio figurano quelli versati dall’Inps nei periodi di disoccupazione (in cui si beneficia di una delle indennità previste, come ad esempio della Naspi), come pure durante la malattia. Più nel dettaglio, i periodi in cui viene riconosciuta la contribuzione figurativa - in alcuni casi in automatico, in altri su domanda dell’interessato - sono diversi:

  • aspettativa per mandato elettorale e sindacale
  • assistenza sanitaria per tubercolosi
  • assistenza a persone con handicap grave
  • attività svolta in progetti di lavoro socialmente utili (LSU)
  • attività svolta da lavoratori invalidi
  • calamità naturale
  • cassa integrazione guadagni
  • chiusura dell’attività per i commercianti
  • congedi di maternità e parentali
  • contratti di solidarietà
  • disoccupazione
  • donazione del sangue
  • infortunio
  • malattia
  • mobilità
  • persecuzione politica e razziale
  • servizio militare.

Chi quindi ha lavorato per meno di 35 anni ma grazie al riconoscimento della contribuzione figurativa per uno o più dei suddetti periodi riesce a raggiungere il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata non può comunque ricorrere a questa opzione per smettere di lavorare.

O almeno questa è l’interpretazione data dall’Inps, sulla quale però non concordano i giudici della Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 24916 del 2024, infatti, i giudici hanno spiegato che dal momento che gli anni richiesti dalla legge Fornero per il pensionamento anticipato sono comunque molti, tutti i contributi figurativi devono essere considerati ai fini del raggiungimento del requisito.

Una sentenza che quindi potrebbe obbligare l’Inps a rivedere la propria interpretazione sulla pensione anticipata, anche perché la sentenza della Corte di Cassazione potrebbe aprire la strada a una serie di ricorsi.

Novità anche per l’Ape Sociale

Come anticipato, l’Ape Sociale è un’altra misura che consente di smettere di lavorare in anticipo anche a coloro che hanno lavorato per meno di 35 anni. Sono sufficienti infatti 30 anni di contributi, e un’età di almeno 63 anni e 5 mesi.

Tra le tante categorie che possono accedere all’Ape Sociale, figurano anche i disoccupati che hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante. Quindi, chi perde il lavoro (nei casi di contratto a tempo determinato è necessario aver lavorato per almeno 18 mesi negli ultimi 3 anni) e ha accesso alla Naspi può, una volta cessata e trascorsi almeno 3 mesi, fare domanda per l’anticipo pensionistico.

E chi invece per qualche motivo non ha percepito alcuna indennità ma è comunque disoccupato? Secondo l’Inps no dal momento che aver avuto accesso alla Naspi è un requisito fondamentale ai fini dell’accesso all’Ape Sociale. Non è così per la Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 24950 del 17 settembre 2024 ha esteso il diritto all’Ape Sociale anche a chi non ha preso la Naspi. Anche in questo caso vale quanto detto sopra: ferma restando la possibilità di fare ricorso, bisognerà comunque attendere che l’Inps si adegui a questa nuova interpretazione normativa (e non è detto lo faccia).

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