Riforma delle pensioni: il rischio è che provando ad accontentare tutti non si accontenti nessuno. Ecco perché il governo dovrà concentrarsi solamente sull’aumento degli importi.
Il governo è a un bivio: a margine della legge di Bilancio 2023 dovrà valutare se concentrare le - poche - risorse a disposizione su chi è già in pensione, ma spesso con importi inadeguati al costo della vita, oppure se utilizzare i fondi a disposizione per rendere maggiormente flessibile il sistema previdenziale.
In realtà, se il governo dovesse tener conto dei numeri non dovrebbe avere difficoltà a prendere una decisione: se da una parte i dati ci dicono che l’Italia è uno dei Paesi in cui si va in pensione prima, almeno se si guarda all’età effettiva, dall’altra i dati Inps sui flussi previdenziali aggiornati al primo semestre del 2023 ci svelano che l’importo medio degli assegni previdenziali è sempre più basso (mentre l’inflazione aumenta).
Oggi aumentare gli assegni previdenziali - alla luce del passaggio al sistema contributivo - dovrebbe essere una priorità ma politicamente parlando misure che consentono di anticipare l’accesso alla pensione attraggono un maggior numero di elettori. Ecco perché è probabile che alla fine il Governo opti per una soluzione di mezzo, così da provare ad accontentare tutti.
Pensioni, il governo ha un problema risorse
Nel Documento di economia e finanza approvato dal governo lo scorso aprile, tra le previsioni di spesa per il 2024 non ci sono risorse per le pensioni. A oggi, quindi, il governo non ha margine di spesa per la riforma previdenziale; ecco perché bisognerà guardare con attenzione alla Nota di aggiornamento al Def che verrà approvata entro la fine di settembre, nel quale dovranno essere indicate le risorse che il governo conta di recuperare.
Per questo motivo i confronti che fino a oggi ci sono stati, a cui hanno preso parte sindacati e rappresentanti del ministero del Lavoro, non hanno raggiunto il risultato sperato visto che, come ritengono le parti sociali, sono stati pressoché degli incontri interlocutori.
E così molto probabilmente saranno anche gli incontri che si terranno il 5 settembre su Opzione donna e il 18 settembre sulla previdenza complementare, visto che prima della Nota di aggiornamento al Def il governo non potrà sbilanciarsi sulle risorse a disposizione e di conseguenza sulle misure che potranno essere approvate.
Una cosa sembra essere certa: il governo - che nel frattempo dovrà trovare anche le risorse per la riforma fiscale e per la conferma dello sgravio contributivo in busta paga - non disporrà di risorse adeguate per accontentare tutti.
Perché aumentare le pensioni deve essere una priorità
Le pensioni sono sempre più basse, mentre il costo della vita aumenta.
Basti guardare ai dati Inps sui flussi previdenziali del primo semestre del 2023 per rendersi conto della ragione per cui aumentare le pensioni dovrebbe essere una priorità dell’Esecutivo. Complice la quota di pensione calcolata con il contributivo che cresce con il passare degli anni, gli assegni di pensione, infatti, sono sempre più bassi.
Se nel 2021 l’importo medio era di 1.240 euro lordi al mese, nel 2022 è sceso a 1.180 euro mentre nel primo semestre del 2023 è stato pari a 1.168 euro. E nel frattempo l’inflazione ha comportato un aumento dei prezzi senza precedenti, con i pensionati che faticano sempre più ad arrivare alla fine del mese.
Nel 2023 il governo ha messo mano alle pensioni minime predisponendo un incremento dell’1,5% che sale al 6,4% (elevando l’importo a circa 600 euro) per chi ha più di 75 anni.
Per il momento, nel 2024 ci sono le risorse per portare l’incremento dell’1,5% al 2,7%, ma non per quello riconosciuto agli Over 75. Perlomeno, quindi, bisognerà trovare il modo per confermare l’aumento a 600 euro, ma si potrebbe ancora alzare l’asticella avvicinandosi alla soglia di 1.000 euro indicata da Forza Italia come obiettivo da raggiungere entro la fine della legislatura.
A ciò bisognerà aggiungere che a gennaio 2024 il governo dovrà farsi carico del costo necessario per adeguare le pensioni al costo della vita. A tal proposito, nel Documento di Economia e Finanza viene stimata una rivalutazione al 5,4%, il che comporterà un esborso di circa 8 miliardi di euro per il governo. Un costo che limiterà ancora di più il margine di spesa.
Perché anticipare l’accesso alla pensione è più una priorità politica
È opinione comune che in Italia si vada in pensione più tardi rispetto ad altri Paesi. Ma non è proprio così: alla pensione di vecchiaia a 67 anni, infatti, si affiancano altre misure di flessibilità che contribuiscono ad abbassare l’età effettiva del pensionamento che nel 2022 è stata pari a 61,2 anni di età.
Tant’è che in questi giorni è arrivato lo stop del Fondo monetario internazionale, il quale ritiene che l’Italia non debba approvare altre misure di flessibilità visto che per le pensioni l’Italia già spende di più rispetto alla media europea.
Eppure il governo sembra comunque intenzionato a procedere in tal senso, valutandol’estensione di Quota 41, la conferma di Quota 103 oppure il ritorno di Quota 96. Misure che serviranno perlopiù a mantenere saldo il legame con quella parte di elettorato che ha votato Centrodestra proprio perché convinto dalla promessa di cancellare la Legge Fornero fatta da Matteo Salvini.
Ma come si può pensare di aumentare le pensioni e anticiparne l’accesso allo stesso tempo se le risorse dovessero essere limitate? Il rischio è di non accontentare nessuno per accontentare tutti.
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