Riforma delle pensioni, a che punto è il governo e quali sono i punti di dibattito? Ecco un riepilogo di cosa sappiamo fino a oggi.
Dopo l’estate il governo dovrà prendere seriamente in considerazione il tema pensioni in quanto dovrà scegliere cosa inserire e cosa no in Legge di Bilancio 2024.
A tal proposito, il primo banco di prova sarà la nota di aggiornamento al Def da approvare entro fine settembre: in quell’occasione, infatti, il governo dovrà ritoccare la voce “pensioni” già presente nel Documento di Economia e Finanza approvato lo scorso aprile, per la quale attualmente non sono state stanziate risorse.
A oggi, quindi, le possibilità di intervenire sul fronte pensioni sono minime: vedremo come sarà la situazione a fine settembre, quando il governo dovrebbe aver ricevuto anche i risultati del lavoro svolto dall’Osservatorio sulla spesa previdenziale istituito presso il Ministero del Lavoro, utile per mappare tutta la spesa e per valutare anche gli effetti di determinati anticipi pensionistici.
A tal proposito, il FMI ha già fatto sapere che l’Italia dovrebbe evitare di introdurre altre forme di anticipo visto che comporterebbero un aumento della spesa pensionistica già tra le più alte d’Europa. Vedremo se questo appunto verrà preso in considerazione dal governo oppure se deciderà di proseguire comunque, utilizzando le poche risorse a disposizione, così da accogliere anche le richieste dei sindacati che da tempo chiedono maggiore flessibilità in uscita con misure che consentano il pensionamento a 62 anni di età o in alternativa con 41 anni di contributi.
Nel frattempo, facciamo il punto della situazione riepilogando i punti che dovranno essere attenzionati dal governo in vista della prossima riforma.
Quota 41
Il vero obiettivo del governo, spinto principalmente dalla Lega, è approvare il prima possibile l’estensione di Quota 41, consentendo a ogni lavoratore (e non solo ai precoci come funziona oggi) di poter andare in pensione a qualsiasi età a patto di aver maturato 41 anni di contributi.
Il problema di Quota 41 è che costa troppo e non è immaginabile pensare che con la nota di aggiornamento al Def verranno recuperati quei 5 miliardi di euro necessari per estendere la misura. Ecco perché in questi giorni i tecnici del Ministero del Lavoro stanno pensando a una soluzione che possa rendere sostenibile Quota 41, ad esempio prevedendo una penalizzazione in uscita come un ricalcolo contributivo dell’intera pensione.
Una soluzione che non piace ai sindacati ma che a oggi sembra essere l’unica possibile per arrivare a Quota 41 per tutti.
Quota 103
Se Quota 41 per tutti non dovesse andare in porto, il governo potrebbe ripiegare sulla conferma di Quota 103, misura introdotta nel 2023 (e per adesso in vigore solamente per quest’anno) che consente sì l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi ma solo a chi ha compiuto 62 anni di età.
Nelle intenzioni del governo Quota 103 sarebbe dovuta restare in vigore solamente per il tempo necessario per passare a Quota 41 per tutti. Tempi che, come visto sopra, potrebbero essere più lunghi ed è per questo motivo che non è da escludere la proroga per un altro anno.
Opzione Donna
Probabilmente il capitolo più spinoso è quello che riguarderà Opzione Donna. Con la Legge di Bilancio 2023 il governo ha effettuato una stretta della misura di fatto cancellandola visto che oggi ne hanno potuto fare domanda poche centinaia di lavoratrici.
I sindacati sono in pressing per un ritorno ai vecchi requisiti, ma dal governo sono scettici a riguardo come confermato dallo stesso sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che nei giorni addietro ha dichiarato di “non essere un estimatore della misura”.
Probabile quindi che l’esperienza di Opzione Donna si chiuda, con il passaggio a nuove forme di tutela per le donne.
Quota 96
E tra le misure di tutela per le donne potrebbe esserci Quota 96 che potrebbe fare ritorno nel 2024 esclusivamente per alcune categorie. Nel dettaglio, si tratta di una misura che consente il pensionamento con 61 anni di età e 35 anni di contributi: l’intenzione è di riservarla ai soli gravosi e usuranti, ma non è da escludere che nella platea possano essere incluse anche le donne.
Aumento pensioni minime e d’invalidità
Ma non ci sono solo gli anticipi: anche gli importi delle pensioni saranno tra gli argomenti di dibattito.
Per adesso, infatti, per il 2024 ci sono solamente le risorse per un aumento delle pensioni minime del 2,7% (anziché l’1,5% applicato nel 2023). Niente incremento fino a 600 euro per chi ha più di 75 anni, a meno che non ne vengano stanziate ulteriormente le risorse.
Nel contempo si dovrà valutare se estendere gli aumenti previsti per le pensioni minime anche ai trattamenti assistenziali, come ad esempio per le pensioni d’invalidità civili.
Rivalutazione pensioni
Attenzione poi al tema rivalutazione delle pensioni per il quale anche nel 2024 verrà applicato il sistema di calcolo introdotto dal governo Meloni che rende la perequazione più penalizzante per chi ha una pensione d’importo superiore a 4 volte il trattamento minimo.
Il governo non intende tornare indietro, anche perché l’inflazione è ancora molto alta e quindi la spesa necessaria per riconoscere gli aumenti resterà elevata anche quest’anno. Ma c’è da considerare che nel contempo potrebbe arrivare la sentenza della Corte Costituzionale, interpellata da Uil Pensioni affinché metta fine a un sistema che, secondo il sindacato, sta penalizzando i pensionati oltre qualsiasi criterio di ragionevolezza.
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