Pensioni, la riforma secondo la Corte dei Conti: ecco cosa ne sarà della legge Fornero

Simone Micocci

29/05/2023

Riforma delle pensioni, la Corte dei Conti ha le idee chiare sulla legge Fornero: sì alle modifiche, no agli stravolgimenti.

Pensioni, la riforma secondo la Corte dei Conti: ecco cosa ne sarà della legge Fornero

La Corte dei Conti - l’organo di rilevanza costituzionale che svolge funzioni di controllo nelle materie di contabilità pubblica - ha le idee chiare su come dovrebbe essere la riforma delle pensioni.

Nel dettaglio, semmai il governo Meloni - che il prossimo 30 maggio avrà un nuovo incontro con i sindacati per discutere delle riforme in programma, tra cui appunto quella del sistema previdenziale - volesse prendere spunto dal pensiero della Corte dei Conti dovrebbe consultare il “Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica”: è qui, infatti, che la magistratura contabile fornisce le sue indicazioni in merito a una riforma delle pensioni sostenibile.

Oggetto della contestazione è ovviamente la legge Fornero che ancora oggi regola la maggior parte delle strade per il pensionamento. Una legge che secondo la Corte dei Conti è troppo rigida e quindi andrebbe rivista, pur confermandone l’impianto generale.

La riforma delle pensioni secondo la Corte dei Conti

Non utilizza mezzi termini la Corte dei Conti per descrivere la sua riforma delle pensioni. Pur mettendo nel mirino la legge Fornero - “sembrerebbe necessario correggere con misure mirate alcuni punti di eccessiva rigidità della legge” - la Corte ne conferma l’impianto generale, sottolineando che qualsiasi modifica non ne dovrà mettere in discussionela logica di fondo”.

Di fatto, se fosse per la Corte dei Conti non si dovrebbe parlare di “cancellare la legge Fornero”, come invece più volte abbiamo ascoltato da Matteo Salvini, visto che è proprio la riforma approvata nel 2011 a garantire sostenibilità ai conti.

Tuttavia, non per questo bisogna rinunciare a migliorarla: si potrebbe puntare infatti su alcune misure di flessibilità come l’Ape sociale, la quale oltre a dover essere prorogata - è in scadenza il 31 dicembre prossimo - si potrebbe anche rafforzare, ad esempio includendo un maggior numero di lavoratori.

Ricordiamo che l’Ape sociale è l’anticipo pensionistico che si rivolge ai lavoratori fragili: i disoccupati di lungo periodo, i caregivers (chi si occupa di lavori di cura), i disabili e chi ha svolto lavori gravosi per gran parte della carriera, possono approfittare di questo strumento per smettere di lavorare all’età di 63 anni (con 30 anni di contributi, 36 anni nel caso dei gravosi), beneficiando nel contempo di un’indennità sostitutiva di cui si fa carico lo Stato.

Una misura che in questi anni ha riscosso del discreto successo: tra il 2017 e il 2022, infatti, sono state 93.200 le richieste accolte su un totale di 182.822 domande presentate, e che per questo meriterebbe di diventare un punto fermo del nostro sistema previdenziale.

Riforma delle pensioni, cosa non bisognerà assolutamente fare

Se il potenziamento dell’Ape sociale avrebbe il via libera da parte dell’Agenzia delle Entrate, non si potrebbe dire altrimenti del restyling della legge Fornero, dal quale invece - sempre secondo il parere non vincolante della Corte dei Conti - il governo dovrebbe esimersi.

No a Quota 41 per tutti, che andrebbe a rivedere completamente i requisiti per la pensione anticipata: ci sono fattori come l’andamento della spesa pensionistica e “la forte pressione dei costi dell’invecchiamento della popolazione” che impediscono di spingersi così oltre.

Secondo la Corte dei Conti è il momento di dire basta alle Quote: d’altronde Quota 100 - in vigore tra il 2019 e il 2021 - nonostante un’adesione “non proprio massiccia” ha comunque avuto delle ricadute negative sulla spesa pensionistica. Mentre le misure che l’hanno sostituita non hanno avuto il successo che si sperava: lo scorso anno, infatti, appena 10 mila persone hanno approfittato di Quota 102 per anticipare l’accesso alla pensione e andarci a 64 anni.

Pensioni, servono certezze

La Corte dei Conti auspica poi che qualsiasi riforma sia strutturale, così da dare quella certezza che è mancata in questi anni viste le tante misure in scadenza.

Tuttavia, “il Def 2023 non sembra fornire informazioni adeguate” (ricordiamo che non ci sono di fatto risorse stanziate per la riforma), nonostante “l’aggiornamento delle analisi circa le prospettive di lungo periodo della spesa legata all’invecchiamento della popolazione conferma le forti pressioni che la crescita del tasso di dipendenza degli anziani eserciterà sulla spesa per pensioni”. Una situazione che di fatto richiederà anche una maggiore attenzione ai giovani, favorendo “carriere più continue e livelli salariali più sostenuti” così da fornire loro una copertura previdenziale adeguata, obiettivo che potrà essere raggiunto anche con un maggior sostegno alla previdenza integrativa.

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