Il governo ha promesso all’Ue un allungamento dell’età pensionabile in Italia. Ma come fare? Ecco quella che può essere una soluzione alternativa ma dagli stessi effetti.
Lo abbiamo già spiegato: nel Piano strutturale di bilancio il governo ha promesso all’Unione Europea che approverà le misure necessarie per “tenere le persone più a lungo al lavoro”.
Una necessità alla luce degli ultimi dati comunicati dall’Inps, secondo i quali in Italia si va in pensione a 64 anni e 2 mesi (in media). Complici le misure di flessibilità introdotte in questi anni, come ad esempio Quota 103, come pure quelle opzioni alternative alla pensione di vecchiaia già previste dalla legge Fornero (come la pensione anticipata), oggi si riesce a smettere di lavorare molto prima del raggiungimento dei 67 anni.
L’età media effettiva per andare in pensione è considerata troppo bassa, tanto che in un futuro non troppo lontano potrebbe rendere insostenibile il sistema previdenziale. Alla luce della necessità di rientrare al più presto del proprio debito, quindi, il governo non ha potuto far altro che impegnarsi per allungare l’età pensionabile.
Adesso però spunta un interrogativo: come fare? D’altronde questa maggioranza si è sempre detta intenzionata ad abbassare l’età pensionabile, non ad allungarla. Eventuali misure che rischiano di peggiorare le regole per andare in pensione, come già fatto con la scorsa legge di Bilancio tra l’altro, rischiano di essere un boomerang politico.
Per questo motivo si sta lavorando a soluzioni alternative che di fatto non vanno a incidere direttamente sull’età pensionabile. Abbiamo già parlato ad esempio della possibilità che possano esserci incentivi, specialmente nel pubblico impiego, per convincere i lavoratori a ritardare l’accesso alla pensione.
In queste settimane però è emersa un’ulteriore modifica alle attuali regole per andare in pensione, riguardante la pensione anticipata il cui diritto oggi si raggiunge, indipendentemente dall’età anagrafica, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Piuttosto che intervenire direttamente modificando i requisiti per raggiungere il diritto alla pensione anticipata, il governo starebbe riflettendo su una modifica meno invasiva, ma concretamente dagli stessi effetti. Nel dettaglio, tra le valutazioni in corso c’è quella di allungare la finestra mobile per l’accesso alla pensione anticipata: ciò vorrebbe dire che il diritto alla pensione si raggiunge sempre con gli stessi requisiti, ma che bisognerebbe attendere più tempo per il primo pagamento dell’assegno, con il rischio quindi di dover restare più al lungo al lavoro.
Pensione anticipata peggiorata?
Con il decreto legge n. 4 del 2019, lo stesso per intenderci che introdusse Quota 100 e il Reddito di cittadinanza, l’allora governo Lega-5 Stelle bloccò l’adeguamento con le aspettative di vita per la pensione anticipata, mantenendo quindi il requisito contributivo a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente da qual è l’età anagrafica. Allo stesso tempo però venne introdotta una finestra mobile che è un meccanismo che ritarda la decorrenza dell’assegno rispetto a quando sono stati raggiunti i requisiti per quella specifica opzione di pensionamento.
Per questo motivo, oggi, la pensione anticipata presenta una finestra mobile trimestrale: ciò significa che il primo assegno di pensione decorre 3 mesi dopo da quando sono stati raggiunti i requisiti per andarci.
Ed è proprio su questa finestra mobile che il governo sembra voler intervenire per recuperare ulteriori risorse da destinare ad altre misure, come ad esempio la conferma di Quota 103. Laddove tale indiscrezione, che ricordiamo è stata riportata dal Corriere della Sera, dovesse essere confermata si tratterebbe però di una vera e propria beffa perché vorrebbe dire restare al lavoro più a lungo.
Nel dettaglio, l’intenzione del governo sembra essere quella di spostare il termine della finestra mobile tra 3 mesi a 6, o persino 7 laddove le risorse a disposizione dovessero non bastare. In tal caso l’arrivo della pensione slitterebbe, e non di poco.
Pensiamo ad esempio a un lavoratore che raggiunge i requisiti per la pensione anticipata a gennaio 2025. Con la finestra mobile trimestrale, il primo assegno di pensione gli verrebbe pagato solo a maggio, pertanto potrebbe essere “costretto” a lavorare ancora per qualche mese per non ritrovarsi improvvisamente senza stipendio né pensione (ricordiamo infatti che durante la finestra mobile si può anche lavorare).
Con l’allungamento della finestra mobile, invece, l’assegno arriverebbe non prima di agosto, o persino settembre nel caso in cui la finestra mobile dovesse diventare di 7 mesi.
Un peggioramento rilevante, con il governo Meloni che andrebbe così a peggiorare persino quanto fatto dalla riforma Fornero per la pensione anticipata, con il rischio che la pensione arriverà solo nel 2026 per quei lavoratori che raggiungeranno i 42 anni e 10 mesi (1 anno in meno per le donne) intorno alla metà del prossimo anno.
Il governo Meloni ha peggiorato anche la pensione anticipata contributiva
Va ricordato che con la legge di Bilancio 2024 il governo Meloni è intervenuto peggiorando la pensione anticipata contributiva, riservata quindi a chi ha contributi versati esclusivamente dopo l’1 gennaio 1996.
È stato deciso, infatti, che per questa misura - che come requisito richiede il compimento dei 64 anni di età, oltre a 20 anni di contributi e un assegno di importo almeno pari a 3 volte l’Assegno sociale (con agevolazioni per le donne con figli) - l’adeguamento con le speranze di vita riguarda tanto l’età quanto i contributi.
Nel 2027, quando dovrebbe esserci un incremento di circa 3 mesi delle speranze di vita, ad aumentare non sarà quindi solo il requisito anagrafico come inizialmente era previsto, in quanto saranno richiesti anche più contributi per andarci.
Un vero e proprio peggioramento rispetto a quanto stabilito dalla Fornero quindi, a cui potrebbe aggiungersi quello che riguarderà la pensione anticipata aperta anche a chi rientra nel sistema misto laddove effettivamente dovesse esserci l’avallo per lo slittamento delle finestre mobili.
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