Pensioni, cosa cambia con l’approvazione della Manovra? Ecco tutte le misure presenti nel testo.
Il testo della legge di Bilancio 2025 è stato finalmente pubblicato e per quanto possa essere soggetto a modifiche con il passaggio in Parlamento possiamo finalmente vedere cosa è cambiato sul fronte pensioni.
Non c’è la riforma della legge Fornero che era stata annunciata in campagna elettorale dalla Lega, né tantomeno l’incremento fino a 1.000 euro delle pensioni di importo inferiore al minimo: per il terzo anno consecutivo la spesa riservata alle pensioni nella Manovra è limitata all’approvazione di alcuni correttivi che di fatto non stravolgono né le regole per andare in pensione né tantomeno quelle per il calcolo dell’importo.
Ma ciò non significa che si tratti necessariamente di una cattiva notizia dal momento che le voci che circolavano in queste ultime settimane lasciavano presagire a uno scenario ben peggiore, con il rischio che alcune misure di pensionamento anticipato non venissero confermate.
Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna, infatti, erano in scadenza nel 2024. Serviva un intervento politico quindi per confermarle anche per il prossimo anno, il che non era così scontato dal momento che dall’Europa ci chiedono di mettere un freno a quelle misure di flessibilità che abbassano l’età effettiva di pensionamento, oggi pari a poco più di 64 anni (secondo i dati Inps).
La legge di Bilancio scioglie però ogni dubbio a riguardo, deludendo coloro che speravano in un intervento più massiccio per le pensioni ma evitando perlomeno che nel 2025 possa esserci il ritorno integrale alla legge Fornero.
Pensioni anticipate, buone notizie nella legge di Bilancio 2025
Come confermato dal ministero dell’Economia subito dopo l’approvazione del testo della legge di Bilancio 2025, per quanto riguarda le pensioni la manovra si limita a prorogare le misure in scadenza a fine 2024. Questo significa che, in aggiunta alle misure previste dalla legge Fornero, quali pensione anticipata e di vecchiaia, nel 2025 si potrà smettere di lavorare anche:
- al compimento dei 62 anni di età, con 41 anni di contributi, grazie a Quota 103. Questa misura tuttavia prevede anche una penalizzazione in uscita, dal momento che per coloro che vi ricorrono scatta un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno (che tra l’altro non può superare di 5 volte il valore della pensione minima);
- con l’Ape Sociale, per la quale il requisito anagrafico era già stato innalzato dalla scorsa manovra. Questa misura consente il pensionamento anticipato all’età di 63 anni e 5 mesi, a fronte di 30 anni di contributi. Ricordiamo che l’Ape Sociale è riservata ai disoccupati che hanno cessato integralmente di percepire la Naspi (per quanto di recente la Corte di Cassazione abbia spiegato che quest’ultimo requisito non è fondamentale), come pure agli invalidi con percentuale di almeno il 74% e a chi assiste familiari con grave disabilità da almeno 6 mesi. Spetta anche ai lavoratori addetti a mansioni gravose, ma in questo caso servono 36 anni di contributi, 32 anni nel solo caso di coloro che lavorano nel settore dell’edilizia;
- con Opzione donna all’età di 61 anni, con la possibilità di ridurre il requisito anagrafico di 1 anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Questa misura, riservata alle lavoratrici con 35 anni di contributi, invalide, caregiver o licenziate (o in procinto di) da grandi aziende, prevede un ricalcolo contributivo della pensione, con una penalizzazione che a seconda dei casi può arrivare anche al 30%.
Queste tre misure vengono quindi confermate nel 2025, ma non sono le uniche novità della legge di Bilancio approvata dal consiglio dei Ministri.
L’anticipo per le donne
Viene poi incrementata la misura massima dell’agevolazione riconosciuta alle donne con figli nel solo caso in cui abbiano la pensione calcolata interamente con il contributivo. Oggi queste possono andare in pensione con 4 mesi di anticipo per ogni figlio, fino a un massimo di 12 mesi.
Dal 2025 il limite passerà a 16 mesi, quindi per le donne con almeno 4 figli.
Incentivi per chi ritarda l’accesso alla pensione
Oggi per coloro che raggiungono i requisiti per l’accesso a Quota 103, come pure alle altre opzioni di pensionamento come disciplinate dalla legge Fornero, ma scelgono di restare per più tempo al lavoro c’è la possibilità di beneficiare di un bonus in busta paga. Nel dettaglio, il lavoratore può scegliere se rinunciare alla quota di contributi a suo carico trattenuta dalla busta paga, pari al 9,19% nel settore privato e all’8,80% nel pubblico impiego.
Conosciuto anche come bonus Maroni, questo sostegno rappresenta una valida soluzione per chi negli ultimi anni che lo separano alla pensione vuole godere di un aumento dello stipendio. La legge di Bilancio lo conferma anche nel 2025.
La rivalutazione delle pensioni
Non è in manovra un meccanismo di taglio della rivalutazione come quello introdotto da Meloni tanto nel 2023 quanto nel 2024. Il prossimo anno quindi tornerà il meccanismo di rivalutazione come previsto dalla legge n. 448 del 1998. Questo prevede un adeguamento sulla base del costo della vita pari al 100% del tasso accertato per gli assegni il cui valore non supera di 4 volte il trattamento minimo. Per la parte compresa tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo, invece, la rivalutazione è al 90% del tasso, mentre sopra le 5 volte scende al 75%.
Ricordiamo comunque che secondo le ultime previsioni la rivalutazione sarà molto ridotta rispetto agli anni scorsi, con un tasso di inflazione che dovrebbe essere pari all’1%.
Viene confermata anche la rivalutazione straordinaria delle pensioni minime, ma ridotta nella misura del 2,2% nel 2025 e dell’1,3% nel 2026.
Novità anche per i pensionati all’estero con importo superiore a quello del trattamento minimo: per loro quest’anno non è prevista alcuna rivalutazione dell’importo.
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