Pensioni, la vera riforma è quella fiscale: aumentano gli importi e diminuiscono le tasse

Simone Micocci

22 Maggio 2023 - 10:10

Pensioni, novità per il 2024 arriveranno grazie alla riforma fiscale. Meno tasse sugli assegni e sui fondi pensione, ecco di quanto aumenteranno gli importi.

Pensioni, la vera riforma è quella fiscale: aumentano gli importi e diminuiscono le tasse

Non sappiamo se ci sarà una vera e propria riforma delle pensioni, che a oggi sembra essere molto lontana, ma quel che è certo è che ci sarà una riforma fiscale che avrà conseguenze anche in ambito previdenziale.

In questi giorni i partiti della maggioranza stanno lavorando sugli aspetti della riforma fiscale che dovrebbe essere approvata in estate pur decorrendo ufficialmente dal 2024 e tra i vari punti dovrebbe esserci un ulteriore incentivo per l’accesso ai fondi pensione.

È cosa nota, d’altronde, che negli anni a venire l’Italia dovrà puntare sempre di più sul secondo pilastro previdenziale, visto che con l’attuale sistema contributivo c’è il rischio che le pensioni future risultino molto più basse rispetto a quelle attuali. Se non si vuole rischiare una rendita inadeguata bisognerà iniziare a costruirsene una seconda e l’unica soluzione possibile è quella di ricorrere a un fondo per la pensione complementare. Il problema è che su questo fronte in Italia siamo ancora indietro rispetto ad altri Paesi, ragion per cui servirà una spinta da parte del governo se non ci si vuole far trovare impreparati quando arriverà il momento.

Ma la riforma fiscale interverrà anche sull’importo delle pensioni. È certo, infatti, che uno dei primi interventi che verranno attuati dal governo prevede il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef: un cambiamento che, a seconda di quelle che saranno le nuove percentuali d’imposta, potrebbe garantire un aumento della pensione netta per un gran numero di pensionati.

Di quanto aumenta la pensione con la riforma Irpef

Al momento il governo sta ancora valutando quali potrebbero essere le nuove aliquote Irpef con il passaggio da quattro a tre scaglioni di reddito.

Una delle ipotesi, ad esempio, è quella che prevede il primo scaglione comprendere i redditi fino a 28 mila euro (mentre oggi vale per i primi 15 mila euro), per i quali quindi ci sarebbe il passaggio dal 25% al 23% d’imposta.

Un’operazione che potrebbe comportare un leggero guadagno per i redditi compresi tra i 15 e i 28 mila euro, pensioni comprese: secondo le stime degli esperti, infatti, passare da una percentuale del 25% a una del 23% garantirebbe un aumento della pensione netta che va dai 20 ai 260 euro l’anno.

Nel dettaglio, poche differenze ci sarebbero per coloro che hanno un reddito di 16.000 euro, ai quali l’operazione suddetta garantirà un aumento di appena 20 euro l’anno, ma salendo l’incremento si farà più consistente:

  • 100 euro l’anno in più ci sarebbero per i redditi da 20 mila euro;
  • 200 euro l’anno in più per i redditi da 25 mila euro;
  • 260 euro l’anno in più per i redditi da 28 mila euro.

Ma lo schema adottato potrebbe anche essere un altro. Ad esempio, si è pensato di lasciare il primo scaglione così com’è oggi (quindi 23% d’imposta per i primi 15 mila euro) e di estendere la seconda fascia anche ai redditi fino a 35 mila euro, passando però dall’attuale imposta del 25% a una del 27%. Questa avrebbe il vantaggio di riconoscere un aumento maggiore rispetto a quelli suddetti in quanto il risparmio netto sarebbe di circa 110-120 euro in più al mese: tuttavia a poterne beneficiare sarebbe una fascia ristretta di persone, in quanto tale cifra si considererà solamente per i redditi di circa 40 mila euro.

Il governo, quindi, è ancora davanti a un bivio: a oggi, tuttavia, sembrano essere in ascesa le quotazioni della prima ipotesi, visto che Giorgia Meloni avrebbe indicato come strada da seguire quella che andrà a favorire i redditi più bassi.

Nuova deducibilità per i fondi pensione

Come anticipato in apertura, la riforma fiscale dovrebbe anche alzare l’asticella della deducibilità dei fondi pensione. Oggi, infatti, i contributi versati alla previdenza complementare sono sì deducibili dal reddito ma solo fino a un limite annuo di 5.164,57 euro. E tra i versamenti considerati come meritevoli di deduzione fiscale non figurano le somme versate a titolo di Tfr (non è quindi deducibile la liquidazione che invece di essere lasciata in azienda viene girata a un fondo pensione).

L’intenzione è di alzare l’asticella, fissando un limite di deducibilità più elevato; inoltre, si sta pensando di parificare il trattamento fiscale a carico delle casse di previdenza dei liberi professionisti con quelle della previdenza complementare, fissando così un’aliquota del 20% (anziché del 26%).

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