Cosa si intende per «pricing power» e perché è importante durante le fasi di inflazione
Il concetto di «pricing power» è stato elaborato più volte da Warren Buffett nelle ormai leggendarie lettere agli azionisti degli ultimi decenni della sua finanziaria Berkshire Hataway.
In particolare, Buffett ha trattato questo tema soprattutto nelle lettere degli anni ’70 e ’80, quando l’inflazione era un tema molto più importante di quanto non lo sia stato dopo gli anni 2000.
Cosa si intende per «pricing power»
Per «pricing power» si intende la capacità di un’azienda di aumentare i prezzi senza perdere clienti. O, quantomeno, senza perderne troppi, in modo tale che i maggiori ricavi derivanti dai prezzi più alti superino le mancate vendite ai clienti persi. Storicamente, queste aziende sono titoli con un marchio forte e una notevole qualità percepita superiore da parte dei clienti.
Non ha pricing power una società delle materie prime. Tendenzialmente, le commodity sono le stesse tanto che vengano estratte in una miniera piuttosto che in un’altra. A volte ci possono essere delle differenze «fisiche», ma non tali da influenzare il prezzo. Il marketing e le strategie di differenziazione hanno effetto scarso o nullo. Il prezzo del rame o del petrolio sono prezzi internazionali e i produttori non possono discostarsi troppo.
In campo petrolifero, nelle stazioni di servizio vari produttori hanno tentato meccanismi di differenziazione, ma dire che abbiano avuto grande successo in questa politica è un po’ un azzardo.
Per contro, la Coca-Cola ha un notevole «pricing power». Anche aumentando il prezzo, chi compra la famosa bibita difficilmente la abbandonerà per passare a qualche prodotto locale.
In primo luogo perché il prezzo di una bottiglia di Coca-Cola è marginale sul totale della spesa per consumi di chi la compra, quindi molti nemmeno se ne accorgono. In secondo luogo, perché le alternative spesso non sono considerate all’altezza o sono proprio considerate diverse. Per alcuni la Coca-Cola è un prodotto unico. Di fatto, l’unico vero concorrente puà essere considerata la Pepsi.
Aziende e prodotti come la Coca-Cola sono tipici esempi di «pricing power». Altri nomi sono ad esempio la Nutella (anche se Ferrero non è quotata) o le sigarette Marlboro (Philip Morris International).
Le carratteristiche dei prodotti con «pricing power»
In generale, le caratteristiche dei prodotti con «pricing power» sono:
- marchio molto forte;
- prodotti considerati spesso «unici» nel loro mercato;
- complessità tecnologica non eccessiva;
- prezzo basso in termini assoluti.
Le ultime due voci sono un po’ relative. Ad esempio, tra le auto ci sono sicuramente case produttrici con «pricing power», come ad esempio Ferrari o Lamborghini. Escluse queste, anche marchi e segmenti premium come BMW o Mercedes hanno un certo «pricing power», anche se un po’ meno evidente perché se i prezzi di una BMW arrivano ad essere del 60-70% superiori rispetto ad una pari segmento diciamo Toyota, si farà comunque una certa fatica a venderla.
Al contrario, un pacchetto di sigarette Marlboro viene venduto tranquillamente anche al doppio di una marca locale, così come Coca-Cola o Pepsi si vendono anche a più del doppio delle marche della Grande Distribuzione.
Allo stesso modo, un produttore di macchinari per l’industria unico nel suo genere puà avere un certo «pricing power». Ma comunque le casistiche sono inferiori rispetto ai prodotti prima visti.
Perché il pricing power è importante nelle fasi inflattive
Quando l’inflazione è bassa, il pricing power è sempre un plus, ma non così importante. Se i costi di produzione sono stabili, in discesa o anche solo in lieve aumento, le imprese possono vendere a prezzi stabili o persino in discesa senza compromettere i loro margini di profitto.
Ma quando aumentano i prezzi delle materie prime, dei semilavorati o dei macchinari impiegati per produrre, allora vendere a prezzi stabili fa rapidamente scendere i margini.
Diventa quindi inevitabile alzare i prezzi, ma non tutti possono permetterselo. Nei mercati molto concorrenziali o poco differenziati, c’è il rischio che qualche concorrente, per paura di trovarsi con capacità produttiva inutilizzata e relativi costi fissi non coperti, tenga i prezzi bassi.
Le aziende che cercheranno di alzarli vedranno progressivamente erodersi la loro clientela. In questi mercati i margini scendono rapidamente, spesso diventando negativi.
Questo non accade per le società con «pricing power». Queste possono aggiustare i prezzi per contrastare l’inflazione dei costi.
Prendiamo un caso «tecnologico», quello di Amazon che recentemente ha aumentato in Usa il prezzo annuale dell’abbonamento al servizio Prime da 119$ a 139$. Si tratta di 20$ in più che per chi ormai è abituato ad usare il servizio non fanno grande differenza.
Certo, qualcuno lascerà, ma si tratta di casi marginali. Amazon ha oltre 200 milioni di abbonati Prime. Se il 10% lascerà (ed è una percentuale alquanto pessimistica), l’azienda perderà circa 2,38 miliardi di $ di vendite. Ma i 20$ in più caricati sui restanti 180 milioni di abbonati faranno 3,6 miliardi in più di ricavi. Il guadagno netto è di oltre 1 miliardo di dollari, il tutto senza aggiungere nulla a livello di servizio o di offerta. Con quel miliardo in più Amazon manterrà i margini contro l’aumento dei costi.
Dove trovare le aziende con pricing power
Prima abbiamo fatto l’esempio di Amazon volutamente, per dimostrare che anche nei settori della tecnologia, dove spesso c’è fortissima concorrenza, si possono trovare esempi di aziende con pricing power.
Normalmente, però, troveremo queste società nel settore dei prodotti consumer.
Quindi, all’interno di ETF Consumer Staples o con strategie «Dividend Aristocrats» è probabile trovare società con «pricing power». Non è un caso che il comparto Consumer Staples sia uno dei pochi positivi da inizio 2022.
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