Nuovo ceppo dell’influenza aviaria preoccupa gli scienziati. Da ottobre sono milioni gli animali contagiati, deceduti e abbattuti per colpa del virus. Cosa dicono gli esperti.
L’influenza aviaria non è una malattia nuova e periodicamente riemerge con più o meno forza a infettare uccelli domestici e selvatici. Un nuovo ceppo altamente infettivo del virus dell’influenza aviaria sta colpendo milioni di uccelli, inclusi il pollame, in tutta Europa, Asia, Africa e Nord America. Gli scienziati si dicono preoccupati, come o più rispetto alle scorse ondate. Alcuni infatti credono che il virus sia molto più diffuso di quanto si crede perché molto diffuso nelle specie selvatiche.
Proprio la grande diffusione negli uccelli selvatici aumenta il rischio di ritrovare il virus in diverse specie in tutto il mondo. Gli impianti e le norme di sicurezza delle aziende di pollame potrebbero non bastare per garantire che il virus non penetri nelle strutture. L’unica soluzione che emerge dagli studi è quella di un vaccino. I ricercatori di tutto il mondo stanno iniziando a concentrare gli studi e a diffondere i dati per tentar e di arginare il prima possibile la diffusione del ceppo H5N1 del virus dell’influenza aviaria.
L’analisi della diffusione del virus è stata pubblicata su Nature, in un articolo che mette nero su bianco i numeri della diffusione, ma soprattutto della mortalità. Fino a oggi sono stati abbattuti 77 milioni di uccelli, più una più piccola parte composta da uccelli selvatici. L’abbattimento del non pollame andrebbe ridotta al minimo, anche se sono questi a diffondere con più facilità il virus dell’influenza aviaria.
Torna il virus dell’influenza aviaria: cosa dicono gli esperti sul nuovo ceppo
Su Nature è stato pubblicato un articolo con un’analisi sulla diffusione del virus dell’influenza aviaria. Da ottobre, da quando è emerso il ceppo H5N1, il virus ha portato a più di 3 mila focolai di pollame e 2.600 focolai tra uccelli selvatici come pellicani dalmati, anatre e oche. La diffusione del virus dell’influenza aviaria ha portato alla decisione di abbattere 77 milioni di capi di pollame e 400 mila uccelli selvatici. Due numeri impressionanti e che raddoppiano i pessimi risultati della scorsa ondata nel 2016-2017.
La scorsa ondata era stata causata dallo stesso ceppo, nella nuova linea H5 (chiamata 2.3.4.4) che circola con maggiore facilità negli uccelli selvatici senza ucciderli. Questa caratteristica permette al virus di circolare e di raggiungere diverse località nel mondo, andando a infettare il pollame che invece presenta malattia grave o muore in seguito al contagio.
Il virus dell’influenza aviaria è pericoloso per l’essere umano?
Il virus dell’influenza aviaria può contagiare l’uomo, non è affatto una novità, ma è comunque una possibilità piuttosto rara. In ogni caso, come abbiamo imparato a conoscere nel corso degli scorsi due anni, più il virus circola, maggiori sono le possibilità di una zoonosi e di una mutazione che può colpire con maggiore intensità e mortalità anche l’essere umano.
Da ottobre sono stati segnalati soltanto due casi, uno nel Regno Unito e uno negli Stati Uniti, ma si teme l’allargamento della platea di persone maggiormente a rischio. Ian Barr, vicedirettore del centro influenzale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) presso il Doherty Institute di Melbourne, in Australia, ha detto che “questi virus sono come bombe a orologeria”. La vera preoccupazione per gli scienziati è che il numero delle infezioni aumenti tanto da creare una mutazione pericolosa per altre specie.
Quali sono le soluzioni proposte dagli scienziati per l’influenza aviaria
Gli esperti e i ricercati sono concordi nel dire che le specie di uccelli selvatici non dovrebbero essere abbattute per limitare la circolazione del virus, per quanto possa sembrare la soluzione più facile. Infatti le dimensioni dei gruppi selvatici e la loro differenziazione territoriale la rendono una battaglia impossibile da lottare. Secondo Lina Awada, epidemiologa veterinaria presso l’Organizzazione mondiale per la salute animale, la situazione potrebbe addirittura peggiorare, perché la minaccia potrebbe modificare il comportamento degli uccelli selvatici, con conseguenze imprevedibili.
La soluzione proposta dai ricercatori è un vaccino per tutto il pollame, in modo tale da iniziare ad arginare la diffusione. Per gli uccelli selvatici è invece importante agire su larga scala, diffondendo dati sul virus e rilevando i gruppi degli animali coinvolti nei focolai.
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