Perché Iran e Israele sono nemici? Cosa vuole l’uno dall’altro

Maria Paola Pizzonia

27 Ottobre 2024 - 11:20

Dalla questione palestinese alla lotta per l’influenza regionale: come la rivalità tra Teheran e Tel Aviv ridisegna le dinamiche di potere in Medio Oriente.

Perché Iran e Israele sono nemici? Cosa vuole l’uno dall’altro

Il conflitto israelo-palestinese non è più solo una questione locale, ma si è intrecciato con il più ampio confronto geopolitico di tensioni regionali, tra cui quella tra Iran e Israele. L’Iran, infatti, sostiene gruppi come Hezbollah (ma anche Hamas) non solo per supportare il popolo palestinese, ma anche per contrastare l’influenza israeliana e americana nella regione. Israele, dall’altra parte, vede questo sostegno come una minaccia diretta, perché consolida la presenza di gruppi ostili ai suoi confini e destabilizza ulteriormente l’area.

L’ostilità tra Iran e Israele d’altronde si radica in divergenze profonde che attraversano religione, politica e strategie di potere. La questione palestinese ha amplificato l’inimicizia, ma la vera posta in gioco è il controllo dell’influenza della regione. Mentre Teheran si presenta come il baluardo della resistenza anti-israeliana, Israele punta a limitare ogni espansione iraniana, specialmente in Siria e Libano. Questo antagonismo rischia di allargarsi, coinvolgendo alleanze e interessi internazionali, rendendo la tensione tra i due paesi un potenziale detonatore per il Medio Oriente.

La questione palestinese come «miccia storica» tra Iran e Israele

Il conflitto israelo-palestinese è stato uno dei principali catalizzatori dell’ostilità tra Iran e Israele, facendo della Palestina un terreno strategico per la politica estera iraniana. L’intensificarsi delle operazioni israeliane e il sostegno militare e finanziario dell’Iran a gruppi come Hamas e Hezbollah non solo posizionano Teheran come “protettore” della causa palestinese, ma la elevano a figura di riferimento per chi in generale si oppone all’influenza israeliana nella regione. Israele percepisce questo sostegno come una minaccia alla propria sicurezza nazionale, vedendo nell’Iran un attore che, oltre alla solidarietà ideologica, persegue anche l’obiettivo di costruire un asse di alleanze che consolidino la sua presenza sciita in Medio Oriente (dove l’Asse della Resistenza fa riferimento a una rete a scopo principalmente militare, mentre la Mezzaluna Sciita è un concetto più strategico, volto a espandere l’influenza iraniana in alleanza con stati e gruppi sciiti della regione).

L’Asse, infatti, è progettato per contrastare l’influenza degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Quindi diventa evidente come la dinamica di conflitto non riguarda solo la Palestina, ma si estende, intrecciando la questione locale con le ambizioni egemoniche iraniane e israeliane.

Espansione regionale, sfida geopolitica, differenze ideologiche

In questo allargamento entra in gioco anche il rafforzamento della Mezzaluna in cui l’Iran, radicato in Siria, in Libano e in Yemen, va creando un anello di alleati anti-israeliani. Israele ha, di rimando, intensificato i propri raid proprio in Siria e ha condotto operazioni mirate contro installazioni iraniane per contenere l’espansione.

Infine, l’aspetto ideologico è una delle radici del conflitto: mentre Israele è uno stato ebraico, l’Iran si identifica come una repubblica islamica sciita che si oppone alla “presenza sionista” in Medio Oriente. La rivalità non può chiaramente essere ridotta alle differenze religiose, ma si orienta soprattutto sulla percezione che Israele rappresenti l’influenza occidentale nel mondo islamico, un simbolo di ingerenza e dominio. Israele, da parte sua, vede l’Iran come uno stato aggressivo che minaccia la sua stessa esistenza.

Cosa vuole l’Iran?

L’Iran persegue una politica di opposizione a Israele con due obiettivi centrali: consolidare il proprio ruolo come difensore della causa palestinese e limitare l’influenza israeliana) nella regione. In particolare, Teheran si propone di incarnare l’identità di leader della resistenza per ottenere la simpatia e il sostegno dei paesi arabi e musulmani, presentandosi come un baluardo contro quella che è considerata da gran parte del Medioriente un’illegittima occupazione israeliana. Questo posizionamento consente all’Iran di amplificare il proprio soft power, sfruttando una narrativa che lega la causa palestinese alla lotta contro l’imperialismo e rafforzando, al contempo, i legami con gruppi e governi che condividono questa visione. Sostenendo attori regionali, l’Iran mira non solo a consolidare la propria influenza politica e militare, ma anche a costruire una rete di alleanze strategiche che minano l’isolamento imposto dall’Occidente, cercando di mobilitare il consenso tra le popolazioni arabe contro l’asse israelo-americano e per una nuova resistenza transnazionale.

Essendo l’Iran percepito come il leader di questa narrativa di resistenza, influenza anche le dinamiche con i Paesi sunniti. Questo pone Israele in una posizione di allerta costante, poiché la crescente popolarità dell’Iran in tal senso può destabilizzare ulteriormente i rapporti con le altre potenze regionali, incluse quelle che recentemente hanno normalizzato le relazioni con Tel Aviv.

Cosa vuole Israele?

Israele, ossessionato dalla sicurezza nazionale, considera il contenimento del potere militare e nucleare dell’Iran una priorità assoluta. D’altronde, un Iran nucleare cambierebbe radicalmente il bilanciamento delle forze in Medio Oriente. Nel tentativo di neutralizzare la minaccia, Israele si impone sul piano politico globale: esercita forti pressioni su Stati Uniti e Unione Europea per un regime di sanzioni stringenti che soffochi economicamente Teheran affinché sostanzialmente blocchi il suo programma di sviluppo. Le strategie israeliane includono poi operazioni mirate, come raid aerei su installazioni tattiche e cyberattacchi sulle infrastrutture nucleari iraniane, per rallentarne i progressi. Per Tel Aviv, queste azioni preventive sono essenziali per mantenere il proprio vantaggio e impedire all’Iran di consolidarsi.

In definitiva per Israele, il potere iraniano rappresenta una minaccia multidimensionale. Oltre alla capacità nucleare, Israele teme l’espansione della sua influenza attraverso le alleanze strategiche, politiche e militari. La mezzaluna rappresenta per Israele una pressione ai propri confini, che potrebbe ostacolare i suoi obiettivi e aumentare i rischi di attacchi su più fronti, erodendo la sua capacità di risposta.

Opinioni di alcuni analisti di geopolitica

Dario Fabbri, nel commentare le tensioni, osserva che Israele cerca di mantenere una «deterrenza dimostrativa» per limitare l’espansione iraniana nella regione senza precipitare in una guerra prolungata. Fabbri ha descritto gli attacchi israeliani come risposte calcolate, destinate a mostrare forza e a inviare un avvertimento all’Iran, evitando di innescare un’escalation diretta. L’opinione di Fabbri proviene da un’intervista rilasciata a TG La7 nell’aprile 2024. In questa riflessione, Fabbri ha evidenziato come Israele, pur rispondendo con fermezza agli attacchi iraniani, tenti di non coinvolgere direttamente altre potenze per non ampliare appunto il conflitto su scala regionale.

Lucio Caracciolo di Limes conferma questa visione, ma evidenzia come Teheran e Tel Aviv siano immersi in un antagonismo strutturale, una rivalità radicata e consolidata basata su divergenze strategiche fondamentali, resa ancora più critica dalla sovrapposizione dei fronti di Gaza e del Libano. Israele, spinto dagli Stati Uniti a una “deterrenza strategica”, vorrebbe evitare una pericolosa escalation regionale. Questo rende gli Stati Uniti, che sostengono Israele, una parte implicata nella competizione per l’influenza nel territorio e per il contenimento della sfera sciita sostenuta da Teheran. Quindi, Dario Fabbri e Lucio Caracciolo concordano sulla natura del conflitto Iran-Israele come una “guerra per procura” tra Stati Uniti e Iran, dove Israele rappresenta gli interessi americani contro l’espansione dell’influenza iraniana.

Un conflitto allargato, aggrovigliato e impenetrabile?

In definitiva, il conflitto tra Israele e Iran si configura come una tensione inestricabile che, partendo dal nodo irrisolto di Gaza, si estende ora a tutto il Medio Oriente, trasformandosi in una guerra regionale le cui proiezioni e interessi geopolitici intrecciati mostrano infine la sua vera natura di guerra allargata, per procura. Non solo, a complicare in modo critico il tutto, visioni opposte delle due parti si legano al groviglio di interessi globali, alimentando un ciclo di escalation quasi inevitabile.

Il legame tra questione palestinese e conflitto Iran-Israele è un riflesso di come la politica internazionale e la competizione per l’egemonia influenzino profondamente le dinamiche locali. Finché le questioni di fondo rimarranno irrisolte, questo scontro non farà che confermare come il Medio Oriente continui a essere il fulcro di una rivalità che trascende i confini regionali, rispecchiando gli interessi e le fratture della politica internazionale.

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