Perché l’Ucraina sta attaccando la Crimea e cosa può cambiare per la guerra

Chiara Esposito

20/08/2022

Il cambio di strategia favorisce Kyiv e le forze armate russe sono in affanno. Manca il passo decisivo però, cosa aspettarci?

Perché l’Ucraina sta attaccando la Crimea e cosa può cambiare per la guerra

Gli ultimi aggiornamenti dal fronte russo-ucraino non parlano solo di una guerra di logoramento, ma di nuovi spazi di conquista. Almeno propagandisticamente.

Negli ultimi giorni infatti le forze di Volodymyr Zelensky ha scelto di concentrare le proprie forze in Crimea, invasa da Mosca e sottratta all’Ucraina nel 2014. L’attacco di maggior rilevanza ha avuto luogo sabato 20 agosto quando, in mattinata, è stata colpita una base russa grazie all’impiego di alcuni droni. Raggiunto dall’artiglieria ucraina, nello stesso contesto, anche il quartier generale della flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli.

Questo cambio di strategia, dal Donbass alla penisola sul Mar Nero, sembra militarmente vantaggioso per le truppe ucraine che, con l’ultima incursione, possono dire di aver assestato un colpo notevole nei confronti della Russia.

Gli esperti e gli strateghi la descrivono come campagna mirata, una fase in Kyiv sta dimostrando forte conoscenza dei punti deboli del nemico e, nell’offensiva, spiccata capacità di affievolire la schiacciante superiorità russa in termini di munizioni e artiglieria.

Pur imperversando un possibile ribaltamento della situazione, l’immagine di Vladimir Putin resta algida e glaciale. Qualcosa però si sta muovendo davvero, ideologicamente e materialmente e l’affanno delle forze armate russe si sta delineando chiaramente anche oltre il velo della censura.

Il vero punto interrogativo è: l’Ucraina ha i mezzi e le risorse per sfruttare a suo favore questa crepa nel muro avversario?

Qual è l’obiettivo dell’Ucraina?

Il cambio di registro non era del tutto inatteso.
Le dichiarazioni ufficiali del governo ucraino avevano fatto intendere che le esplosioni fossero il risultato di un attacco programmato e, in serata, Zelensky aveva rilasciato delle dichiarazioni dal forte peso politico:

«Questa guerra russa contro l’Ucraina e tutta l’Europa libera è iniziata con la Crimea e deve finire con la Crimea: con la sua liberazione».

Questa virata, dai forti cenni propagandi, si staglia sullo sfondo di uno spazio di manovra piuttosto ridotto sfruttato dall’Ucraina a proprio vantaggio nel più congeniale dei modi possibili. Consapevoli dell’inferiorità di mezzi in termini di riserve di munizioni e pezzi di ricambio, gli ucraini mirano a disturbare i sistemi logistici russi, punto debole della controparte fin dagli inizi dello scontro bellico.

Inoltre, danneggiando le infrastrutture nel sud del Paese, gli ucraini stanno operando pressioni in diverse parti del fronte costringendo Mosca a sfoltire le proprie unità in Donbass e reindirizzarle in altri luoghi fino a quel momento considerati relativamente protetti. Il momento scelto è stato insomma propizio; le unità russe appaiono sfinite da mesi di guerra e, anche per la natura della propria compagine, dimostrano una forte tendenza a insubordinazione e ammutinamenti.

Nuova fase del conflitto?

I russi in poche parole versano in uno stato di evidente difficoltà. Gli attacchi missilistici e i sabotaggi in Crimea mostrano come il sistema antiaereo russo non siano in grado di contrastare un’offensiva tanto variegata come quella messa in atto da Kyiv.

Nonostante questo, proprio per ribaltare agli occhi del mondo tale prospettiva, Vladimir Putin si è fatto vedere a Mosca mentre passava in rassegna i modelli di nuovi sofisticati sistemi d’arma high-tech. L’unica nota a margine di questo paravento di solidità militare è stata una dichiarazione del Cremlino che, in merito ai fatti della Crimea, parlava genericamente di presunti «incidenti». Continuando sulla linea della fermezza, si è presto preferito spostare l’attenzione su presunti attacchi terroristici a opera di nazisti ucraini avvenuti sul territorio legittimo della Federazione.

A questo punto appare pressoché inspiegabile la mancanza di una vera offensiva di terra da parte ucraina. Il motivo di questa ritrosia è in realtà stato
brevemente riassunto dagli analisti de Linkiesta:

«Un assalto sarebbe una scommessa con un’altissima posta in gioco. Il costo di un fallimento sarebbe molto alto per un Paese per il quale munizioni e uomini sono risorse limitate».

Impossibilitati a «prenderli con la forza», i generali di Zelensky sembrano puntare a «prenderli per sfinimento».

Non è quindi ancora possibile parlare di un passo di cambio o di una svolta nel conflitto capace di delinearne un chiaro destino. Tutto si deciderà sulla base delle prossime mosse e sull’effettiva capacità degli ucraini di orchestrare attacchi più di ampio respiro rispetto a «semplici incursioni sulla linea del fronte».

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