Lega e Movimento 5 Stelle continuano ad attaccare il governo, ma Draghi per il momento non sembra a rischio: nessuno, o quasi, vuole davvero la fine della legislatura e le elezioni anticipate.
Il governo non cadrà, non ci saranno elezioni anticipate e si tornerà al voto solamente nella primavera del 2023. Nelle ultime ore l’ipotesi di una crisi di governo sembra essere più lontana e lo scenario ritenuto maggiormente plausibile è quello di un ritorno alle urne tra circa un anno.
Le tensioni nella maggioranza, causate soprattutto da Movimento 5 Stelle e Lega, difficilmente porteranno a una crisi per il governo Draghi. E le elezioni si dovrebbero quindi tenere nel 2023. Peraltro il rischio che slittino di qualche settimana è concreto.
Entro la fine dell’anno deve essere fatto nuovamente il censimento della popolazione e questo potrebbe comportare modifiche ai collegi elettorali. Motivo per cui le elezioni non si dovrebbero tenere a marzo (come nel 2018) ma più probabilmente a maggio.
Uno dei fattori che potrebbe cambiare la volontà dei singoli partiti sulle tempistiche delle elezioni è sicuramente legato alla legge elettorale: l’ipotesi di una riforma è in discussione, ma per il momento nulla si muove.
Intanto arrivano sempre più chiari segnali che sembrano escludere un voto anticipato, in autunno. La guerra in Ucraina e l’instabilità internazionale non facilitano di certe le cose e anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non accoglierebbe con favore un ritorno alle urne già nel 2022.
Il Pd non vuole le elezioni anticipate
La posizione più netta è quella espressa dal segretario del Pd Enrico Letta durante la direzione nazionale: “Le elezioni si devono svolgere alla scadenza naturale della legislatura, nella primavera del prossimo anno”. Secondo il leader dem in questo momento il governo Draghi deve andare avanti e “svolgere fino in fondo la sua missione”. Niente crisi, dunque, per il Pd.
Lega divisa, ma la crisi di governo non convince
Se Forza Italia e Italia Viva non sembrano interessati a una crisi di governo, leggermente diverso appare il discorso per la Lega. Come dimostrato più volte dal segretario del Carroccio, Matteo Salvini, che ha contestato l’esecutivo soprattutto sulla guerra in Ucraina e sull’invio di armi.
Anche dalla Lega però, nonostante distinguo e attacchi al governo, le perplessità su un voto anticipato sono molte. Salvini, inoltre, è alle prese con importanti spaccature interne e con la sua linea non condivisa da esponenti di peso come Giorgetti e Zaia.
C’è poi un altro problema: i sondaggi vedono la Lega in calo e molti parlamentari rischierebbero di perdere il seggio alla Camera o al Senato. Motivo in più per credere che alla fine la Lega eviterà una crisi di governo, pur continuando a sferzare l’esecutivo guidato da Mario Draghi.
Perché il M5s non vuole il voto anticipato
Chi più di chiunque altro contesta la linea del governo e sembra persino disposto a uscire dalla maggioranza è il Movimento 5 Stelle. Il leader Giuseppe Conte è in contrasto con le decisioni dell’esecutivo, soprattutto sulla questione ucraina. Ma i parlamentari sono davvero disposti a seguirlo?
Chi è stato eletto nel 2018 rischia seriamente di perdere il seggio. Da una parte per il [taglio dei parlamentari->/Referendum-taglio-parlamentari-cosa-cambia-dopo-vittoria-Si), dall’altra perché è impossibile che venga confermato il risultato di quattro anni fa, quando i pentastellati superarono il 30%. Ora, secondo i sondaggi, raccoglierebbe meno della metà dei voti.
Il rischio, come evidenzia Repubblica, è che otto parlamentari su dieci non torneranno alla Camera o al Senato. Questo cosa vuol dire? Che nessuno, o quasi, è davvero disposto a seguire Conte sulla strada della crisi di governo e della fine anticipata della legislatura.
Quelli più facilmente convincibili sono i pochi a essere certi di rientrare in Parlamento nella prossima legislatura. Ma sono davvero pochi. Tra cui i fedelissimi di Conte, che avrà la parola finale sulle liste.
Inoltre deve essere affrontato il nodo dei due mandati: verrà realmente imposto il divieto di una terza candidatura? E varrà anche per personalità come gli attuali ministri (pensiamo a Di Maio) o il presidente della Camera Fico?
Se verranno previste delle deroghe al doppio mandato i posti liberi saranno sempre meno: tra big che non possono essere scartati, fedelissimi di Conte (anche esterni al Movimento) e personalità note pentastallate (pensiamo alle ex sindache Appendino e Raggi) i posti a disposizioni restano davvero pochissimi. Motivo per cui quasi nessuno sembra disposto ad accettare la fine della legislatura e il voto anticipato.
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