L’Unione europea è un vasto progetto di convivenza e la convivenza tra gruppi troppo dissimili naufraga presto, qualunque siano le intenzioni che la muovono.
Siamo nel 1945, pochi anni dopo la redazione del Manifesto di Ventotene, guerra appena finita.
Uno studioso e filosofo russo-francese, Alexandre Kojève, le cui leggendarie lezioni sulla Fenomenologia di Hegel sono state seguite e hanno in qualche modo influito sul pensiero di Raymond Queneau, Georges Bataille, Raymond Aron, Roger Caillois, Henry Corbin, Maurice Merleau-Ponty e Jacques Lacan (ma vi passarono a volte anche André Breton e Hannah Arendt), scrive un documento interno al Ministero degli Esteri francese di cui era alto funzionario. Il documento s’intitolava “L’Impero latino” ed era rivolto a De Gaulle.
Nel 2013, Giorgio Agamben, riprende il documento e lo offre -invano- alla pubblica riflessione come via a metà tra coloro che pensano che il singolo stato-nazione di taglia europea abbia effettivamente terminato la parabola del suo ciclo storico poiché non più in grado di fornire adattamento al proprio popolo in un mondo che ormai si ambienta in tutto il pianeta e non più solo in Europa e coloro che vedono l’Unione europea come un costrutto artificiale di puro interesse economico e finanziario che mai sarà passibile di una evoluzione politica, quindi democratica, quindi federale. [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA