Vendere bottiglie d’acqua precedentemente esposte al sole costituisce reato. A confermarlo è stata la sentenza della Corte di Cassazione. Ecco perché, quali sono i rischi per chi commette reato.
Vendere bottiglie d’acqua lasciate precedentemente sotto il sole, senza alcun riparo, è reato in Italia. A confermarlo è stata la Corte di Cassazione che ha rinnovato la condanna per il reato di vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione a carico di una titolare di un locale, la quale aveva deciso di tenere all’esterno del punto vendita nove bancali con le bottiglie di plastica.
La decisione della Cassazione giunge dopo aver valutato i possibili danni alla salute dei cittadini. Infatti, bere acqua minerale conservata all’interno di bottiglie di plastica esposte al sole può essere un rischio per via di sostanze chimiche che la plastica può rilasciare se riscaldata. E pertanto la Suprema Corte ha deciso di confermare la condanna.
Ecco quali sono i rischi che corre chi vende bottiglie d’acqua sotto il sole e quali sono i danni per la salute: di seguito tutto quello che serve sapere a riguardo.
Perché è reato vendere le bottiglie d’acqua tenute sotto il sole?
Non ci sono dubbi per la Cassazione: vendere bottiglie d’acqua lasciate al sole costituisce un reato e questo perché diversi studi attestano che il calore sulla plastica può provocare delle reazioni chimiche potenzialmente dannose per la salute dei cittadini. Infatti, più la temperatura e il tempo di esposizione aumentano più facilmente i legami chimici della plastica si rompono e cresce la probabilità che le sostanze chimiche filtrino.
Numerose ricerche sono state svolte in questi anni che hanno attestato come un contenitore di plastica, se riscaldato, possa trasmettere al contenuto alcune sostanze tossiche e microplastiche, ormai presenti ovunque persino nei laghi, i più inquinati sono Maggiore e Lugano in Italia. E benché le quantità non siano eccessive, le microplastiche possono accumularsi.
Concentrandoci sul caso delle bottigliette d’acqua, queste sono solitamente fabbricate in PET e le ricerche hanno confermato come la migrazione di sostanze come aldeidi, chetoni, ftalati avvenga più velocemente se le bottiglie di plastica all’acqua sono esposte al sole.
Bottiglie d’acqua sotto il sole: i rischi per la salute
Come dimostrato la plastica, se riscaldata, può rilasciare sostanze potenzialmente tossiche e microplastiche. Ed è proprio su queste che i ricercatori stanno concentrando i loro studi, infatti, stando a quanto riportato dall’Iss, i rischi per l’uomo possono essere diversi.
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Le microplastiche, infatti, possono attraversare le barriere biologiche - come la barriera intestinale, ematoencefalica, testicolare e persino la placenta - e causare danni diretti, in particolare all’apparato respiratorio e all’apparato digerente. In ogni caso l’Iss ricorda che sono necessarie ulteriori ricerche per conoscere tutti i potenziali rischi per la salute.
Tornando alle bottiglie di plastica, bisogna considerare un altro fattore di rischio, che tra le sostanze rilasciate ci sia l’antimonio, un composto chimico utilizzato come catalizzatore durante la produzione delle bottiglie, ritenuto dalla Iarc, (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), pericoloso per l’uomo perché si tratta di un possibile cancerogeno, anche se i dati per il momento sono insufficienti per stabilirne l’effettiva cancerogenicità.
Cosa rischia chi vende le bottiglie d’acqua tenute sotto il sole?
Davanti alle evidenze scientifiche dei potenziali rischi per la salute dei cittadini, la Cassazione ha confermato la condanna per il reato di vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione a carico della titolare di un locale che teneva all’esterno nove bancali con le bottiglie di plastica, confermando il sequestro di merce.
Stando alla legge, quindi, chi compie il reato di vendere bottigliette d’acqua lasciate al sole rischia l’arresto, o in alternativa una sanzione pecuniaria pari a 2 mila euro, Nel caso specifico della commerciante a tale somma bisogna aggiungere le spese legali e altri 3 mila euro per aver proposto il ricorso malgrado fosse del tutto prevedibile l’esito sfavorevole alla ricorrente.
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