Perché sta cambiando il Patto di Stabilità: nuovo approccio sul debito?

Violetta Silvestri

09/11/2022

Patto di Stabilità, ora si cambia davvero: la Commissione ha presentato la bozza delle nuove regole fiscali per i Paesi membri. Perché si è insistito sulle modifiche e cosa cambia per il debito?

Perché sta cambiando il Patto di Stabilità: nuovo approccio sul debito?

Il Patto di Stabilità e Crescita cambia regole: si avvicina la riforma tanto discussa in seno Ue e che riguarda il monitoraggio dei conti pubblici dei Paesi membri.

Il debito eccessivo di alcuni Stati, Italia in primis, è stato da sempre sotto i riflettori delle istituzioni economiche comunitarie e dei Paesi più stabili e rigorosi a livello finanziario, con Olanda e Germania. Poiché l’intento dell’Unione è proprio favorire un clima disciplinato di bilancio, in modo da evitare squilibri che possano intaccare l’intera regione e costringere la Bce a intervenire, disavanzi eccessivi e indebitamenti spropositati rispetto al Pil sono stati vincolati a soglie ben precise.

Sappiamo bene che i due principali vincoli sono: deficit di bilancio pubblico inferiore al 3% del Pil e debito pubblico inferiore al 60% del Pil, o in costante diminuzione verso questo limite.

La cosiddetta austerità imposta da Bruxelles ha provocato critiche e riflessioni negli anni, fino a quando con la pandemia gli scenari e le contingenze sono cambiate del tutto, portando alla sospensione delle regole del Patto di Stabilità: tutti gli Stati avevano esigenza di fare più debito. Perché, quindi, stanno cambiando le regole fiscali?

Patto di Stabilità e Crescita: perché si cambia? Focus sul debito

Il debito deve scendere negli Stati membri, ma le regole vanno riformate perché “i tempi cambiano, i trattati sono stati firmati molto tempo fa. È cambiata la situazione in cui queste regole sono state decise.”

Questa la sintesi dello spirito della bozza della riforma del Patto di Stabilità e Crescita nelle intenzioni di Gentiloni. Evidentemente, in circa 2-3 anni il contesto economico e finanziario globale in cui si muovono le casse degli Stati Ue - e di quelli in tutto il mondo - è radicalmente mutato.

Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina e la conseguente e grave crisi energetica con l’impennata storica dei prezzi - soprattutto in Europa - hanno costretto i Governi ad aumentare drasticamente la spesa pubblica.

Sostegni per le chiusure forzate di attività produttive, negozi, servizi e per i licenziamenti durante il Covid e poi misure a supporto dei prezzi energetici alle stelle con il conflitto ucraino hanno spinto l’indebitamento a livelli molto elevati. Tutti, anche i più restii a sforare nei conti pubblici, come la Germania, hanno fatto ricorso al debito in modo eccezionale.

Sebbene i risultati siano di un generale balzo del debito sul Pil nell’Ue, le differenze tra Stati sono ancora molto nette. Questa premessa aiuta a comprendere il diverso approccio nei confronti del debito in Europa: indebitarsi, quindi ricorrere alla spesa pubblica con disavanzi, a volte è l’unica via per affrontare urgenze inaspettate e non trascinare nel baratro consumi e produzione.

Allo stesso tempo, il debito rimane una “anomalia” dei conti pubblici se non si stimolano la crescita e gli investimenti in nuovo sviluppo. Il tutto, considerando peculiarità strutturali e di sistema di ogni Paese. Tradotto: è vero che l’Italia ha un debito/Pil spropositato rispetto alla Germania, ma occorre considerare una serie di fattori, quali le diverse caratteristiche che da sempre contraddistinguono le due economie.

La riforma del Patto di Stabilità, quindi, si inserisce in questo contesto: il debito è salito molto negli ultimi anni, ma il suo aggiustamento va negoziato Paese per Paese e con tempi più ampi per favorirne il controllo e la diminuzione in modo deciso, ma graduale. E soprattutto, concentrandosi su priorità di ogni nazione su investimenti, riforme, obiettivi economici.

L’ultima rilevazione Istat ci spiega in quale situazione è ora l’Europa: il rapporto debito pubblico/Pil nell’area dell’euro si attestava al 94,2% nel secondo trimestre, rispetto al 95,2% alla fine del primo trimestre 2022. Anche nell’UE il rapporto è sceso dall’87,5% a 86,4%.

Rispetto al secondo trimestre 2021, il rapporto debito pubblico/Pil è diminuito più fortemente sia nell’area dell’euro (dal 97,9% al 94,2%) che nell’UE (dal 90,5% all’86,4%). Le flessioni sono comunque dovute al rimbalzo del Pil, mentre è proseguito l’aumento del debito in termini assoluti. Se si considera che nel 2019 il debito/Pil era al 77,8%, è evidente che un allarme è scattato.

Inoltre, le condizioni sono diverse da Stato a Stato, come è chiaro nel grafico Eurostat:

Debito pubblico/Pil in Europa Debito pubblico/Pil in Europa Secondo trimestre 2022 - Paesi a confronto

Von der leyen ha dichiarato che “Sostenibilità del debito e crescita vanno di pari passo. Il nostro nuovo Patto di stabilità e crescita si concentrerà su ciò che conta. Abbiamo bisogno di un quadro comune semplice e trasparente e di una più forte titolarità degli Stati membri.”

Tre, infatti, saranno i principi guida di questa bozza di riforma del Patto di Stabilità: sostenere la crescita insieme a un debito sostenibile; dare maggiore titolarità nazionale alle decisioni di politica economica; avere regole trasparenti e chiare.

In pratica, non mancheranno i meccanismi di controllo e sanzioni dalla Commissione sui conti pubblici dei Paesi (l’Italia con il suo impegno a diminuire il debito è avvisata). Ma nelle esigenze di diluire i tempi di aggiustamento del debito e di personalizzare l’iter di equilibrio dei conti pubblici con un percorso ad hoc per ogni Stato si cela un approccio meno “austero”verso il debito. O comunque la consapevolezza che occorre provare strade diverse per garantire stabilità economica in tempi sempre più complessi.

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