Petrolio: shale oil statunitense in difficoltà, l’Opec festeggia

Luca Fiore

13/11/2019

Dopo aver permesso agli Stati Uniti di diventare il primo produttore di petrolio a livello mondiale, lo shale oil attraversa un momento di difficoltà. Per il segretario generale dell’Opec la situazione potrebbe essere peggiore del previsto.

Petrolio: shale oil statunitense in difficoltà, l’Opec festeggia

È da ormai qualche mese che gli operatori sul mercato petrolifero sono preoccupati sulle prospettive del settore dello shale oil statunitense.

Quello che gli investitori si stanno chiedendo è se il boom del mercato a stelle e strisce si stia esaurendo.

Per rispondere a questa domanda va innanzitutto occorre innanzitutto contestualizzare l’attuale situazione dello shale oil negli Stati Uniti.

Petrolio: lo stato attuale dello shale oil

Lo shale oil, il petrolio ottenuto dalla frammentazione idraulica delle rocce di scisto, negli ultimi anni ha rivoluzionato il settore petrolifero a livello mondiale.

Il boom registrato dal comparto dello shale oil statunitense nel corso degli ultimi anni ha permesso agli Stati Uniti di salire in seconda posizione a livello mondiale nel 2012 (superando la Russia) e di guadagnare il gradino più alto del podio nel giro di un anno a spese dell’Arabia Saudita.

Grazie a shale oil Usa sono primo produttore

Nel 2018, secondo i dati diffusi dall’EIA (Energy Information Administration), la divisione del Dipartimento dell’Energia che si occupa di statistiche, l’output a stelle e strisce, proprio grazie al balzo della produzione di shale oil, è salito a 17,94 milioni di barili giornalieri, +15% rispetto a 12 mesi prima.

Grazie al boom innescato dal settore dello shale oil, gli Stati Uniti si avviano verso l’autosufficienza energetica (le richieste nel 2018 si sono attestate a 19,69 milioni di barili).

Petrolio Usa: picco già raggiunto?

Ma, come detto, il mercato inizia a chiedersi fino a quando il settore dello shale oil continuerà a crescere agli attuali tassi. Stando alle ultime indicazioni, a fine ottobre il dato sulle trivellazioni ha evidenziato un calo di 2 punti percentuali a 700 unità (minimo da due anni e mezzo), il picco potrebbe già esser stato raggiunto.

Questo perché, con il WTI (il petrolio made in Usa) sotto quota 60 dollari il barile, il settore si trova in difficoltà e gli operatori sono restii a concedere fondi per finanziare una crescita in cui non c’è più redditività.

Petrolio: Opec danneggiata da shale oil

Chi non è molto preoccupato per l’andamento dello shale oil statunitense è Mohammed Barkindo, segretario generale dell’Opec. L’arrivo del petrolio di scisto ha presentato solo effetti negativi per il cartello che ha visto pesantemente ridotta la sua capacità di muovere il mercato.

Dopo aver provato, senza successo, ad infliggere un colpo mortale al comparto a fine 2014 (quando la decisione dell’Opec di non tagliare le quote di produzione di petrolio ha innescato una spirale ribassista capace di spingere i prezzi del Brent fino a 27 dollari il barile), ora il cartello gongola nell’osservare le difficoltà del settore dello shale oil Usa.

Paradossalmente, il settore petrolio statunitense è messo proprio alle strette dall’incapacità dei tagli Opec di spingere al rialzo i prezzi.

Opec: Barkindo, forte decelerazione dello shale oil

Intervenuto in occasione dell’edizione 2019 dell’ADIPEC (Abu Dhabi International Exhibition & Conference), Barkindo ha detto che “colloqui con diversi produttori, attivi soprattutto nei bacini di scisto, hanno fatto emergere preoccupazioni crescenti sul fatto che il rallentamento si sta gradualmente trasformando in una forte decelerazione”.

“Ed i numeri –ha detto il segretario dell’Opec facendo riferimento ai dati sulle trivellazioni dello shale oil – iniziano a mostrarlo. Gli operatori, gli investitori ci stanno dicendo che probabilmente siamo più ottimisti di loro, viste le grandi sfide che si trovano ad affrontare”.

Secondo le stime elaborate da IHS Markit, nel 2020 la produzione statunitense scenderà di 440 mila barili e nel 2021 non farà registrare variazioni di rilievo (nel 2018 il dato aveva segnato un incremento di 2 milioni).

Petrolio: riflettori puntati sul meeting dell’Opec

Nello scorso mese di giugno, l’Opec Plus (Opec più i maggiori produttori) ha ridotto l’offerta 1,2 milioni di barili fino a marzo 2020 e, in vista del metting del 5 e 6 dicembre, gli operatori si chiedono se la riduzione dell’output sarà confermata o ampliata.

“È prematuro esprimersi in questo momento”, ha detto il segretario. Prima del meeting del 5-6 giugno ci saranno cinque riunioni tecniche “che ci guideranno nelle decisioni che prenderemo a dicembre”.

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