La startup ugandese che produce abiti e accessori a partire dai rifiuti plastici. Ecco la storia e il successo dell’imprenditrice Juliet Namujju.
Kimuli fashionability è la startup ugandese che produce abiti e accessori a partire dai rifiuti plastici, che rappresentano un enorme problema per il paese. Quando anche noi ci saremo estinti, il mondo continuerà a essere sommerso dalle materie plastiche, soprattutto in quelle zone dove non esiste una regolamentazione e mancano strutture efficienti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, come l’Uganda. In questa terra i rifiuti plastici sono un problema serio, ma c’è chi sta provando a trasformare gli scarti in risorse: l’imprenditrice Juliet Namujju ha fondato la startup Kimuli fashionability che produce abiti e accessori a partire dalla plastica.
Con una popolazione di 1,5 milioni di abitanti, Kampala è la capitale e la più grande città dell’Uganda e, solo qui, si accumulano giornalmente circa 28mila tonnellate di rifiuti plastici. A Kampala i rifiuti di plastica possono bloccare il flusso delle acque di scarico, i canali di drenaggio e aumentare il rischio di inondazioni in città.
Juliet Namujju e il riuso come filosofia di vita
La fondatrice di Kimuli fashionability Juliet Namujju è rimasta orfana presto e ha vissuto con la nonna, sola anche lei e in condizioni di estrema povertà, in un villaggio remoto e rurale dell’Uganda. In un contesto del genere, è facile immaginare come non ci fossero delle risorse per degli extra, come delle bambole con cui giocare ad esempio. Bambole che Juliet, indirizzata dalla nonna sarta, iniziò a costruirsi per conto suo, utilizzando prevalentemente i rifiuti raccolti in giro. Quello che gli altri buttavano, Juliet ha imparato a usarlo come risorsa fin da piccolissima: un mindset che poi ha determinato la sua visione del mondo di adulta, dettata dalla filosofia del riuso e del riciclo e dal rispetto per l’ambiente.
“Un rifiuto è tale soltanto se lo butti”: è questa la filosofia di Juliet Namujju, che ha fondato Kimuli fashionability sulla convinzione che dietro ogni pezzo di plastica gettato via si possa nascondere l’opportunità per creare qualcosa di bello: kimuli significa infatti “fiore” nella lingua locale.
Juliet Namujju e la sua squadra figurano tra i vincitori di Next generation Africa, un programma promosso dall’ambasciata italiana in Uganda e dall’associazione BeEntrepreneurs Aps che si pone come obiettivo quello di sostenere la crescita delle iniziative imprenditoriali più promettenti della Silicon Savannah, un’area del continente africano ad alto tasso di sviluppo.
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