Ponte sullo stretto, 3 macro motivi per cui non funzionerà: cosa dice lo studio degli ambientalisti

Giorgia Bonamoneta

03/06/2023

Il ponte sullo stretto di Messina funzionerà? Secondo esperti ambientalisti la risposta è no. Ecco i 3 macro motivi per cui il progetto del ponte è stato bocciato dagli esperti.

Ponte sullo stretto, 3 macro motivi per cui non funzionerà: cosa dice lo studio degli ambientalisti

Esperti ambientalisti di Kyoto Club, Lipu e WWF Italia hanno analizzato il progetto del ponte sullo stretto di Messina. L’opera è stata definita ingiustificata. Il dossier ha infatti individuato le principali questioni irrisolte del progetto del ponte sullo stretto di Messina e ha evidenziato almeno 3 macro motivi per cui il ponte non funzionerà. In particolar modo il rapporto fa riferimento all’insostenibilità dal punto di vista ambientale, economico-finanziario e sociale dell’opera.

Un aspetto che andrebbe preso in considerazione, e che invece risulta piuttosto discutibile, è la valutazione dell’impatto ambientale. Nel dossier vengono descritti i diversi pareri delle commissioni tecniche che si sono occupate di verificare l’impatto ambientale nel 2013. In fase di progettazione emergevano infatti aspetti rilevanti dal punto vista ambientale e che confermavano le lacune del progetto su questo aspetto.

Il dossier quindi si apre con una lettura in chiave critica del decreto legge n.35/2023, dal quale “emerge un insieme così fitto di previsioni abnormi che, al di là della valutazione sulla fattibilità strutturale, ambientale ed economica dell’opera, investono, travolgendoli, molteplici ed inderogabili principi costituzionali oltre che regole codicistiche ed europee di consolidata applicazione ed univoca interpretazione”.

Insostenibilità economico-finanziaria del progetto

La valutazione costi-benefici a cui fa riferimento il progetto attuale sembra risalire a quella del 2011, che però non aggiornava l’analisi del 2002. L’analisi del progetto appare viziata da ragioni di sovrastima dei secondi, ovvero i benefici, rispetto ai costi. Sono stime a rialzo per esempio quelle dell’uso del ponte, la valutazione del risparmio di tempo e le ricadute occupazionali; sono invece sottostimato i costi.

Un’assenza problematica è per esempio il confronto dell’“ipotesi non-ponte”, ovvero l’analisi costi-benefici del potenziamento dell’attuale sistema. Studi più recenti hanno infatti dimostrato come potenziando i convogli ferroviari e gestendo in maniera migliore il servizio si potrebbero ottenere immediati risparmi di tempo, anche fino a 4 ore per la tratta Roma-Palermo. Nel Pnrr il potenziamento del sistema era stato preso in considerazione per un valore di 510 milioni di euro, inserito all’interno del progetto “Stretto Green” per la transizione energetica e della mobilità marittima.

Il dossier critica inoltre il presunto beneficio all’economia della Sicilia e della Calabria. Infatti il ponte in condizioni di massimo carico sarebbe di 65 metri di altezza, un’altezza che secondo Federlogistica è incompatibile con il passaggio di grandi portacontainer in arrivo dall’oceano indiano, che non potrebbero più varcare lo stretto e abbandonerebbero il porto di Gioia Tauro in favore di altri porti mediterranei come in Spagna in Francia. Anche le navi interne al Mediterraneo, come quelle in partenza da Genova, Napoli, Livorno e Salerno dovrebbero circumnavigare la Sicilia e subirebbero quindi un aumento del costo e di tempi di navigazione, danneggiando ulteriormente il sistema di trasporto di grandi carichi per l’Italia. Un rischio comune anche per le grandi navi da crociera che troverebbero nel ponte un vero e proprio ostacolo.

Insostenibilità sociale del progetto

Il ponte sullo stretto rischia di essere una “cattedrale nel deserto”, cioè una struttura sovradimensionata i cui costi prevalgono sui benefici. Il problema infatti non è tanto la fattibilità del ponte - si legge nel dossier - quanto piuttosto la sua utilità e funzionalità al modello di sviluppo dell’area dello stretto.

Quali sono gli ipotetici benefici del ponte che potranno risarcire i calabresi e i siciliani per la distruzione del loro territorio o dell’essere costretti a vivere sotto un ponte? Il progetto presentato con una serie di benefici, tra cui la riduzione dei tempi e dei costi del trasporto. Ma hanno senso questi se prima non si interviene, con utilizzo di risorse inferiori, sul miglioramento e il potenziamento dei tratti autostradali e ferroviari del Mezzogiorno?

Secondo il dossier, da un punto di vista sociale il progetto risulta essere insostenibile per il turismo, la mobilità e in termini di occupazione. Bisogna infatti dimostrare che un’opera come il ponte apporti un incremento del valore del turismo. A oggi lo stretto di Messina rappresenta di per sé un’attrattiva per il valore estetico del paesaggio, il mare e la ricchezza della biodiversità dei fondali, le acque limpide e anche la storia e la mitologia legati al luogo. Il dossier degli esperti vuole staccare il concetto di valore turistico da quello economico e guardandolo da questo punto vista il ponte diminuisce il potenziale turistico dell’area dello stretto invece che accrescerlo.

Anche il punto di vista della mobilità è sottoposta a esame. La mobilità interna è allungata di 30 km tra Reggio Calabria e Messina, mentre le tempistiche per le merci diminuisce di 10-20 minuti. Non un grande beneficio. Soprattutto se con un investimento 100 volte inferiore a quello del ponte, ovvero potenziando le infrastrutture auto-stradali, si risparmierebbe molto più tempo. Secondi primi calcoli dai 30 ai 60 minuti rispetto ai 10-20 minuti della realizzazione del ponte.

Infine i benefici in termini di occupazione. Matteo Salvini ha dichiarato più volte che il ponte aprirà almeno 100.000 posti di lavoro stabili - stabile finché l’opera non sarà conclusa -, anche se nel vecchio progetto del 2010 erano stati presi in considerazione 40.000 nuovi posti di lavoro. La cifra, si legge nel dossier, suona gonfiata ed è molto più probabile che, sul lungo periodo, ci sarà un saldo in negativo perché saranno spostati i lavoratori del settore dei trasporti navali (stabili) a quelli della costruzione invece sono temporanei.

Insostenibilità ambientale del progetto

Infine c’è l’aspetto ambientale. Nel dossier si legge che lo stretto di Messina presenta un ecosistema ricco di biodiversità, dalle acque ai venti, dalla fauna alla flora. L’area infatti ha tutte le caratteristiche per essere riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO perché in pochi chilometri è contenuto lo scrigno naturalistico rappresentativo dell’intero Mediterraneo. Alla luce dell’art. 9 della Costituzione, che stabilisce come la Repubblica deve tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione, la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, il ponte appare più come un attacco.

Il progetto definitivo del ponte inoltre non è stato oggetto di una valutazione di impatto ambientale, benché sia una procedura obbligatoria secondo la normativa europea e italiana. L’ultima valutazione condotta nel 2003, 20 anni fa, sul progetto preliminare si era conclusa con un esito negativo.

Dall’impatto sulla migrazione degli uccelli che transitano per lo stretto, all’impatto sul paesaggio e l’ambiente, al rischio che il forte vento con raffiche fino a 60 km/h possano bloccare il traffico 1 giorno su 8, fino al rischio sismico, sono questi i punti di insostenibilità ambientale che bocciano il progetto del ponte sullo stretto. Andrebbe presa in considerazione l’idea di rivalutare i 3 macro motivi per cui il ponte sullo stretto non funzionerà.

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