Previsioni tassi Fed: cosa deciderà di fare Powell, nell’annuncio che arriverà subito dopo l’esito delle elezioni USA? L’outlook dei mercati e degli esperti.
Non solo le Elezioni presidenziali USA: a orientare la direzione dei mercati finanziari sarà anche l’annuncio sui tassi che la Fed di Jerome Powell comunicherà tra una manciata di giorni, il prossimo 7 novembre.
Un altro taglio dei tassi sui fed funds da parte della Banca centrale americana è già scontato da parecchio:
stavolta non ci sarà tuttavia alcuna grande sforbiciata, secondo gli esperti, simile a quella del 18 settembre scorso, giorno in cui la Fed ha tagliato i tassi per la prima volta in quattro anni, dai mesi più terribili della pandemia Covid-19.
Niente altra riduzione “Jumbo”, insomma, pari a 50 punti base. I tagli, secondo i mercati e secondo il consensus degli analisti, saranno tagliati di 25 punti base, scendendo al nuovo range compreso tra il 4,5% e il 4,75%.
Jerome Powell, secondo gli strategist, non si farà influenzare inoltre dall’esito delle elezioni Usa in calendario domani, martedì 5 novembre.
Tassi Fed, l’annuncio subito dopo l’esito delle Elezioni presidenziali USA
La divisione di ricerca di ING ha scritto in particolare che la Federal Reserve, ovviamente, sarà consapevole del fatto che i suoi annunci e i suoi commenti potranno influenzare i mercati finanziari, già alle prese con la volatilità dovuta al grande market mover dell’Election Day negli Stati Uniti. Le parole, dunque, saranno ben dosate.
“Per ora, gli investitori stanno scommettendo su una vittoria di Donald Trump alle elezioni Usa, come hanno dimostrato le performance al rialzo di Wall Street, del dollaro e dei rendimenti dei Treasury, nelle ultime settimane. Se Trump vincesse, questi trend potrebbero continuare. Tuttavia, potremmo assistere a un forte dietrofront, nel caso in cui a vincere fosse Kamala Harris, dal momento che i mercati si muoverebbero scontando la prospettiva di tasse più alte e di un contesto meno favorevole per le aziende, con maggiore chiarezza, forse, in merito alla direzione del commercio e delle relazioni internazionali”.
Detto questo, nel breve la Fed - secondo ING - non si farà influenzare dall’esito delle Elezioni e annuncerà un nuovo taglio di 25 punti base, senza sbilanciarsi troppo, memore della solidità dei fondamentali economici degli Stati Uniti e della loro resilienza, dimostrata più volte, e di recente con il dato sul PIL USA.
La stessa mossa, secondo gli esperti di ING, sarà annunciata nel meeting di dicembre.
D’altronde, “ Joe Biden rimarrà presidente fino al 20 gennaio : di conseguenza, a confermarsi il principale fattore che orienterà la riflessione della Fed nel meeting successivo di dicembre sarà il flusso di notizie macro”.
Per quella riunione, “stimiamo che la banca centrale taglierà i tassi di nuovo di 25 punti base, portando l’allentamento totale di questo anno a 100 punti base ”.
Rischio meno tagli Fed: più inflazione se vince Trump
Quello che succederà dopo, con il nuovo presidente degli Stati Uniti?
Gli analisti di ING parlano del rischio che i tassi di interesse vengano lasciati dalla Fed a un livello più alto rispetto alle previsioni attuali per riuscire a centrare il target di inflazione del 2%, al fine di compensare, anche, l’arrivo di misure di sostegno fiscale (che sarebbero ambiziose soprattutto in caso di una vittoria di Trump alle Elezioni).
Ciò significa che “i tassi potrebbero rimanere al 3,5% entro la prossima estate, nel caso in cui Trump diventasse presidente” mentre, nel caso in cui fosse Kamala Harris ad avere la meglio, “la Fed potrebbe farli scendere al 3%”.
Sui mercati, i futures sui fed funds anticipano un taglio dei tassi di interesse Usa, successivo al meeting del FOMC, il braccio di politica monetaria della Fed dei prossimi 6-7 novembre con una probabilità pari al 84%, scommettendo su una seconda riduzione del costo del denaro Usa, nella riunione di dicembre, con una probabilità del 70%. Ma non tutti gli economisti condividono lo scenario prezzato dai mercati.
In una nota riportata dalla Reuters Michael Landsberg, responsabile degli investimenti di Landsberg Bennett Private Wealth Management ha scritto di ritenere, per esempio, che “la Fed si asterrà dal tagliare i tassi a dicembre, temendo una riaccelerazione dell’inflazione”.
D’altronde, le indicazioni arrivate con la pubblicazione del PCE core - l’indice preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione e dunque per dare una direzione alla propria politica monetaria - non sono state molto confortanti e, se dovesse essere Trump a vincere le Elezioni USA, le pressioni inflazionistiche potrebbero essere interessate da una nuova accelerazione, a causa dell’imposizione di nuovi dazi, dei tagli alle tasse che il candidato repubblicano ha tutta l’intenzione di varare e di una eventuale deportazione di massa dei migranti, che potrebbe avere come effetto quello di far scattare al rialzo i salari (e dunque i prezzi).
ING ha fatto già notare che, se al momento i tassi considerati “neutrali” dalla Fed nel Sommario delle Proiezioni economiche sono pari al 3% circa, “in un contesto di politica fiscale espansiva” il livello neutrale potrebbe essere “probabilmente più vicino al 3,5%”.
Dall’altro lato, occhio a quanto emerso dal report occupazionale Usa, reso noto venerdì scorso: nel mese di ottobre, le buste paga (Nonfarm Payrolls) sono aumentate di appena 12.000 unità, a fronte di un tasso di disoccupazione rimasto invariato al 4,1%: una crescita che corrisponde appena a una frazione dei 100.000 nuovi posti di lavoro attesi dal consensus degli economisti interpellati da Dow Jones.
Vero è che a incidere è stato lo sciopero dei dipendenti di Boeing, che è durato per più di un mese. Ma certo la Fed teme, come ha già detto, un indebolimento del mercato del lavoro degli States: per questo motivo, un altro taglio dei tassi di 25 punti è considerato dovuto.
Riguardo a quello che accadrà dopo, bisognerà vedere cosa accadrà con le politiche economiche che saranno lanciate dal vincitore delle Elezioni: l’impressione, è che comunque, non bisognerà abbassare troppo la guardia contro l’inflazione.
Dimenticatevi insomma tassi bassi in Usa. E, dunque, anche nell’area euro visto che, a dispetto di quanto afferma la presidente della BCE (“siamo indipendenti dalla Fed”), i tassi del blocco continueranno a seguire la stessa direzione del costo del denaro degli Stati Uniti, mentre intanto qualcuno si chiede se l’era dei tassi a zero (o sotto zero) sia davvero finita.
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