L’Italia di Meloni interviene con Belgio, Grecia e Polonia per proporre un price cap alternativo rispetto a quello messo in campo dalla Commissione Ue: Germania e Olanda si oppongono.
Il governo Meloni scende in campo nella contesa europea per imporre un tetto al prezzo del metano e tentare di abbassare il prezzo di gas e luce in bolletta. Quella del price cap sta diventando una vera e propria telenovela, dopo mesi di attesa per una decisione, scontri molto aspri tra i Paesi membri e la Commissione europea che è intervenuta con una proposta che ha scontentato praticamente tutti.
Nelle ultime ore è circolato un documento, condiviso con Belgio, Grecia, Polonia, Lituania, Malta e Slovenia, in cui il nostro Paese critica l’idea dell’esecutivo comunitario di un tetto a 275 euro al megawattora in condizioni di mercato talmente straordinarie da non essersi praticamente mai verificate prima d’ora (nemmeno con la fiammata a 350 euro al megawattora di agosto).
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Price cap, lo scontro tra Italia e Germania
I sette Stati membri mettono sul piatto un tetto fisso a 160 euro al megawattora o un price cap dinamico, legato agli indici dei prezzi, che può essere sospeso in caso di problemi. Il documento, però, trova la ferma opposizione dell’Olanda e della Germania, che continuano a fare muro contro le proposte per rendere più stringente il tetto, vista la paura di avere problemi con gli approvvigionamenti.
“Le posizioni fra i due fronti - ha spiegato ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin - sono molto distanti”. L’idea del governo Meloni è “o troviamo un valore abbastanza ’potabile’, oppure stabiliamo dei criteri: la proposta italiana è quella di togliere il tetto e mettere un tetto sullo spread, ma alcuni paesi dicono di provare ancora a trattare per un tetto unico complessivo”.
Per questo la presidenza ceca dell’Ue cerca un compromesso, ma in ogni caso tutte le nuove proposte sul tavolo, come confermato a Money.it da Massimo Nicolazzi, professore di economia delle risorse energetiche al Politecnico di Torino, rischiano comunque di essere “insufficienti” per far abbassare i prezzi.
Gas, cosa prevede la proposta della Commissione Ue
La proposta della Commissione prevedeva un tetto a 275 euro al megawattora, attivabile solo se il limite viene superato per due settimane consecutive e la differenza tra il prezzo sul Ttf e il prezzo globale del Gnl è pari o superiore a 58 euro per dieci giorni di transazioni.
Queste condizioni nascevano dall’esigenza di rendere lo strumento davvero straordinario, attivabile quando l’eccezione di prezzo è solo europea e per un tempo limitato. Insomma, qualcosa di praticamente irrealizzabile, ma si sperava che la sola presentazione, all’interno del pacchetto energia dell’Ue, potesse bastare a far rallentare le speculazioni, senza creare pericoli all’approvvigionamento.
Così, però, non è stato: il prezzo è stabilmente sopra i 120 euro al megawattora, con fiammate anche fino a 165 euro e i costi in bolletta che di conseguenza rischiano di rimanere alti ancora per tanti mesi.
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Price cap, cosa chiede l’Italia
Partendo dal dato di fatto che quella proposta è sostanzialmente fallita ancor prima di diventar legge, i sette Paesi guidati dall’Italia propongono o un tetto fisso a 160 euro al megawattora oppure un price cap dinamico con livello definito ogni mese o ogni trimestre, basandosi sugli indici del Gnl.
Il price cap, in quest’ultimo caso, verrebbe attivato però più per decisione politica che per condizioni stringenti che devono verificarsi. In ogni caso il tetto varrebbe per tutti i prodotti future e non solo quelli a un mese del Ttf di Amsterdam.
“Il livello di cap - si legge nel documento - sarebbe parzialmente legato alla media aritmetica dei benchmark dei mercati globali Lng Hh, Nwe, Med e Jkm e non solo quindi al Ttf. In particolare, il livello di cap sarebbe basato su una componente fissa (ad esempio, 75%) e su una componente variabile (25%). L’aggiornamento regolare della componente variabile sarebbe indicizzato all’evoluzione della media ponderata dei parametri di riferimento durante il periodo rispetto alla base iniziale”.
Cos’è il price cap a semaforo del governo Meloni
Cambierebbero poi i criteri con cui si può sospendere il cap, tramite un “approccio a semaforo”, legato alla sicurezza degli approvvigionamenti.
Insomma, in tempi normali il semaforo è verde e il price cap si può attivare, ma se ci fossero problemi di fornitura di gnl, disequilibri più forti tra domanda e offerta o aumento generale della domanda, il semaforo passa al giallo e la decisione dell’Ue sarebbe discrezionale. In casi estremi, quelli del semaforo rosso, il meccanismo verrebbe rimosso “automaticamente”.
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L’idea, come spiega il documento, è di approvare il regolamento sul Meccanismo di correzione del mercato nel Consiglio straordinario Affari Energia del prossimo 13 dicembre, così da attuare il cap già dal primo gennaio 2023.
Price cap, chi si oppone e perché
Germania e Olanda hanno già fatto trapelare il loro no, per ora categorico. I due Paesi continuano ad esprimere perplessità su ogni forma di price cap, soprattutto per possibili ripercussioni sulle loro forniture di metano. Più si abbassa la soglia e più diventa discrezionale la scelta, meno i due Stati sono disposti a sentirne parlare.
Berlino, in particolare, è ancora una volta l’ago della Bilancia per un’eventuale decisione Ue. Da segnalare, però, anche l’assenza di un intervento forte nelle ultime settimane da parte della Francia, che sembra aver ridotto la collaborazione con l’Italia su questo dossier dopo lo scontro diplomatico sui migranti.
La proposta di mediazione della Repubblica Ceca
Per mediare la presidenza ceca dell’Unione propone un price cap con soglia a 264 euro al megawattora se il prezzo rimane così alto per 5 giorni, riducendo anche il periodo di divario con gli indici del Gnl da 10 a 5 giorni. Per l’attivazione ci sarebbe però bisogno dei pareri vincolanti della Bce e dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. Questa versione tiene fede a quanto proposto dalla Commissione Ue, ma tenta di rendere il tetto al prezzo del gas più flessibile e applicabile.
Perché il price cap italiano è “inefficace”
Secondo Massimo Nicolazzi bisogna vedere nel dettaglio il testo di questa e della proposta italiana, ma in ogni caso dalla loro presentazione appaiono “a forte rischio di inefficacia, con condizioni difficili per la loro applicazione e pochi effetti in bolletta”.
Se poi si applicasse il cap non solo al Ttf, come vorrebbe l’Italia, “ci possono essere richieste di contrattazione e arbitrato, perché i contratti di lungo periodo sono indicizzati al Ttf”. Insomma la Russia e gli altri fornitori potrebbero opporsi e non è chiaro come potrebbe andare a finire, con le importazioni che comunque sarebbero a rischio, perché il gas andrebbe a finire a chi lo paga di più.
Questo senza avere nemmeno una soglia bassa che almeno blocchi sicuramente le speculazioni. Un price cap fisso con soglia più bassa, nonostante i problemi che può portare lato importazioni, sembra in effetti essere più attuabile rispetto a un sistema a semaforo legato a decisioni politiche, di norma molto più lente delle variazioni di prezzo sul mercato.
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