Gas, il prezzo rimarrà alto fino al 2024 anche con il price cap: “Meloni sta sbagliando strategia: rischiamo grosso”

Giacomo Andreoli

16/11/2022

Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy, e Massimo Nicolazzi, professore al Politecnico di Torino, parlano a Money.it dell’andamento futuro del prezzo del gas e del price cap europeo.

Gas, il prezzo rimarrà alto fino al 2024 anche con il price cap: “Meloni sta sbagliando strategia: rischiamo grosso”

Il prezzo del gas, anche con la riforma del mercato Ttf e il price cap europeo, rimarrà comunque alto, probabilmente attorno ai 100 euro al megawattora, con il costo in bolletta che si manterrà elevato. A dirlo a Money.it sono Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy, e Massimo Nicolazzi, professore di economia delle risorse energetiche al Politecnico di Torino. Insomma, l’emergenza energia è destinata a durare a lungo, anche oltre un’eventuale fine della guerra in Ucraina.

Prima ci si è messa la crisi del Covid, con la produzione che si è ridotta e poi è dovuta improvvisamente risalire alla fine dei primi lockdown, poi lo scoppio del conflitto ha acuito le tensioni tra Occidente e Russia, riducendo ancor di più le forniture. E ora, dopo che i prezzi in bolletta sono anche triplicati per alcune famiglie e imprese, rimane il problema di fondo: lo squilibrio tra domanda (in eccesso) e offerta (carente) in una situazione in cui da Mosca non arriva che una piccola parte dei vecchi volumi di metano.

Secondo i due professori per “rimettere a posto il mercato” si dovrà quindi attendere che si completi la transizione al gas naturale liquefatto, aumentando la capacità di produzione e di rigassificazione (cioè il trattamento per trasformarlo in metano spendibile in case e industrie) a livello mondiale.

La previsione è che questo accadrà solo nel 2024: nel frattempo, però, l’Italia da sola non riuscirebbe a reggere l’impatto del caro prezzi e avrebbe bisogno di un nuovo intervento europeo alla Recovery Fund. Spingere su nuove trivellazioni come ha appena deciso il governo Meloni, invece, servirebbe a poco: non risolverebbe l’emergenza, con il rischio di rimetterci “sia al livello di mancato raggiungimento di obiettivi internazionali di decarbonizzazione, sia sui prezzi”.

Gas, fino a quando rimarranno i prezzi alti?

Secondo Chiaroni “c’è uno squilibrio tra domanda e offerta e un gas che paghiamo di più rispetto a prima, soprattutto per le condizioni di mercato attuali del gas naturale liquefatto. Non torneremo ai 30 euro al megawattora del periodo pre-Covid, ma probabilmente il prossimo anno e per almeno parte del 2024 il prezzo rimarrà vicino ai 100 euro al megawattora, forse su una media di 80-90”.

Che il gas resti sopra i 100 euro al megawattora nel 2023 e forse per un bel pezzo del 2024 è una previsione pressoché unanime del mercato - conferma Nicolazzi - la probabilità è forte, anche se la situazione è di grande volatilità e ci sono tanti fattori che possono cambiare le previsioni”.

Infatti, chiarisce il professore, “ci vorranno due o anche tre anni affinché la capacità di liquefazione mondiale sia tale da riportare in equilibrio domanda e offerta, in carenza o forse in totale assenza di forniture via tubo dalla Russia”. In pratica c’è bisogno di rendere adeguata la capacità di rigassificazione per i nuovi flussi di Gnl provenienti per lo più da da Stati Uniti, Europa del Nord e in parte Oriente, che sostituiranno man mano nei prossimi mesi il gas russo.

Nel 2021 - aggiunge - prendevamo 150 miliardi di metri cubi di gas da Mosca. Oggi, però, ne prendiamo solo una trentina, perché Nord Stream 1 e Nord Stream 2 hanno problemi e una delle linee di ingresso in Ucraina è preclusa. Invece abbiamo aumentato l’importazione di gas naturale liquefatto proprio dalla Russia: un quinto delle importazioni viene da lì”.

I problemi per l’inverno 2023

Per questi motivi, secondo Nicolazzi, il prossimo inverno l’Italia potrebbe avere problemi di approvvigionamento. Nonostante quest’anno abbiamo riempito gli stoccaggi più del solito e finora le temperature sono più alte della media stagionale, le riserve “non sono mai stati fatte per provvedere al fabbisogno fisiologico, sono state sempre riempite per provvedere al fabbisogno di punta: di solito erano volumi che utilizzavamo in inverno in piena costanza di forniture dalla Russia, se ora li usiamo poi vanno riempiti di nuovo e possiamo andare in difficoltà”.

I possibili effetti del tetto al prezzo del gas

I due esperti, poi, sottolineano che il price cap su cui si ragiona a livello europeo sarà ad andamenti dinamici, in fasce di prezzo comunque molto più alte del passato. “Rischia di evitare gli effetti più drastici sul prezzo, ma non risolve il problema in modo strutturale” sintetizza Chiaroni. Si tratterebbe quindi di una sorta di “vincolo superiore alle speculazioni”, che impedisce i picchi di prezzo sui 350 euro al megawattora, come si è visto quest’estate, ma senza arrivare a una stabilità di prezzo di lungo termine. In pratica, conclude Nicolazzi, “non funzionerà molto”.

In ogni caso tutto è ancora sulla carta, perché manca ancora la proposta legislativa effettiva dell’Unione europea. “Nelle ultime due o tre settimane - lancia l’allarme Chiaroni - con l’assestarsi della situazione in Ucraina e una probabile tregua, il clima meno freddo del previsto, ma anche con il tema migratorio tornato a far discutere, si è lasciato un po’ scoperto il fronte energetico. Non vorrei che questo porti a ritardi, divisioni che permangono e quindi ulteriori fibrillazioni sul mercato”.

Crisi energetica, settori industriali a rischio

Con questi prezzi così alti del gas e così a lungo, per il vicedirettore di Energy & Strategy “i settori industriali più energivori faranno fatica a reggere” e per dirla come Nicolazzi, si continuerà probabilmente con una “distruzione involontaria della domanda”: cioè le imprese sono costrette ad autorazionarsi (già oggi lo fanno per il 23-25% dei consumi rispetto al 2021).

Citando Draghi - consiglia quindi Chiaroni - direi che è il momento di un nuovo ‘whatever it takes’. Mentre aspettiamo che torni in equilibrio il rapporto tra domanda e offerta, serve un nuovo fondo europeo, magari un ulteriore Sure come fu per il Covid: solo così si mitiga davvero l’impatto di breve periodo del caro-energia. Ritengo invece poco ragionevole che si agisca facendo deficit nazionali, quando si potrebbe ragionare in modo europeo con effetti migliori”.

Anche perché, aggiunge Nicolazzi, “il settore industriale ha dei piccoli ammortizzatori, ma se ad esempio la Germania continua a dare molti più aiuti di quanto possiamo fare noi ci facciamo concorrenza tra Paesi membri”. Se insomma non si armonizzano le politiche di sussidio, “inflazione e crisi energetica rischiano di fare da moltiplicatore dei disequilibri che già esistono tra i vari Paesi dell’Unione europea”.

Caro energia, il governo Meloni sta sbagliando strategia?

Chiaroni, poi, boccia le prime mosse del governo Meloni sul gas. “Se aumentiamo la produzione nazionale di metano e contemporaneamente non rafforziamo in maniera importante l’investimento sulle rinnovabili - dice - nel medio e lungo periodo rischiamo grosso: sostanzialmente di rimetterci sia al livello di mancato raggiungimento di obiettivi di decarbonizzazione, sia sui prezzi”.

Insomma, ci sarebbe un problema di allineamento delle tempistiche: per avere i rigassificatori funzionanti ci vogliono due anni, mentre secondo il professore per attivare nuove trivellazioni e rimettere in moto un meccanismo di scoperta di giacimenti e produzione ne servono almeno 5-6, ben oltre l’emergenza. Il suo ragionamento, quindi, è che ora servono sì nuove fonti di gas, ma già pronte: la produzione italiana, anche raddoppiando, sarebbe insufficiente e l’aumento arriverebbe quando siamo vicini alla soglia entro cui abbandonare il gas, almeno secondo gli obiettivi europei di decarbonizzazione.

Per Nicolazzi quello sulle trivellazioni è un provvedimento del governo molto limitato e finalizzato unicamente a garantire l’approvvigionamento di gas a prezzo agevolato a una specifica clientela. “L’esecutivo - spiega - ha delimitato alcune aree già oggetto di permessi e concessioni con l’obiettivo di aumentare di 700 metri cubi all’anno la produzione nazionale per i clienti energivori. Posto che di gas il Paese ne consuma oltre 70 miliardi di metri cubi, si tratta di un intervento dichiaratamente non strategico e che non avrà effetti significativi sull’andamento di mercato del prezzo del gas”.

Il governo - suggerisce invece Chiaroni - deve mettere più soldi sul mix delle rinnovabili (che hanno un orizzonte di utilizzo più lungo)e cercare di velocizzare sui rigassificatori mobili: è strategicamente meglio. I fondi del Pnrr non bastano: servono sforzi maggiori su biometano, pannelli solari e pale eoliche. Nel lungo periodo, così, i prezzi saranno sicuramente più bassi, cambiando la struttura dei prezzi dell’energia. Dobbiamo colmare i vecchi ritardi e non mettere ancora di più in pausa le rinnovabili”.

Gas, perché i razionamenti saranno inevitabili

Anche con un nuovo fondo europeo e il potenziamento delle rinnovabili, in ogni caso, da qui al 2024, ci sarà un problema di quantità di metano disponibile. Insomma, se i volumi di gas russi rimangono bassi o addirittura nulli, per Nicolazzi sarà praticamente impossibile sostituirli del tutto e serviranno i razionamenti.

Ci sono vie di contorno - avverte - ma sono coadiuvanti: rassegniamoci al fatto che bisogna inevitabilmente ridurre il fabbisogno. Quindi in parte dei razionamenti ci devono essere: bisogna agire selettivamente sui consumi”.

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