Private equity, significato, definizione e su quali fondi investire

Violetta Silvestri

11/11/2024

Cos’è il private equity? La definizione di questa tipologia di investimento, con un focus su come funziona, sui vantaggi e su quali fondi investire.

Private equity, significato, definizione e su quali fondi investire

Il private equity è una forma di finanziamento sempre più diffusa e preziosa per le PMI italiane e, in generale, per le aziende con un alto potenziale di sviluppo.

Secondo i dati di AIFI (Associazione italiana Private Equity, Venture Capital e Private Debt) in collaborazione con PwC Italia, nel primo semestre 2024 gli investimenti in private equity e venture capital sono cresciuti del 40% per un valore di 4,5 miliardi di euro.

Non solo. Un’analisi di EY ha evidenziato che questa forma di investimento ha un peso sempre maggiore per le operazioni di Acquisizioni e Fusioni in Italia. Nel 2023 il private equity, infatti, ha rappresentato il 40% del valore complessivo delle m&a per una cifra di 38,5 miliardi di euro.

L’importanza di questo strumento di investimento è ormai radicata nel mondo. I dati della società Usa di consulenza finanziaria Bain & Company hanno svelato che i fondi di private equity hanno il controllo su più di 28.000 imprese a livello globale, per un valore totale di 3.200 miliardi di dollari.

Sebbene non si tratti di una tipologia d’investimento nata di recente, il private equity ha quindi conosciuto un vero e proprio boom negli ultimi decenni e oggi è protagonista indiscusso della finanza globale.

Vediamo di seguito il significato di private equity, come funziona e su quali fondi investire.

Cos’è il private equity, significato e definizione

Con private equity si intende:

un’operazione finanziaria di medio-lungo termine, posta in essere da investitori specializzati e finalizzata ad apportare capitale di rischio in una società (detta target), generalmente non quotata ma dotata di elevate potenzialità di crescita.

Lo scopo è poi disinvestire e ottenere plusvalenze dalla vendita della partecipazione azionaria.

Il termine private equity può essere tradotto in “investimento privato”, con 2 caratteristiche fondamentali:

  • deve avvenire fuori del mercato pubblico e quindi rivolgersi ad aziende non quotate in Borsa;
  • deve avvenire mediante una security che non crea debito

Ne consegue che l’acquisto di azioni di una compagnia quotata in un listino azionario non rientra nella categoria di investimento privato, dato che le negoziazioni in Borsa sono per natura pubbliche. Lo stesso discorso vale per l’acquisto di obbligazioni di una società non quotata: esso non è un esempio di private equity, poiché l’offerta di titoli obbligazionari sul mercato determina la creazione di un debito nei confronti del compratore.

I soggetti che investono in un’impresa mediante private equity sono detti private equity investor, mentre le compagnie che gestiscono la raccolta di fondi e l’acquisto delle quote societarie per conto degli investitori assumono il nome di private equity fund o private equity firm.

Dal punto di vista storico, la nascita del private equity viene fatta coincidere con la fondazione, nel 1945, della compagnia britannica 3i Group, per mezzo della quale la Bank of England poté finanziare con capitale di rischio le piccole imprese con alto potenziale di crescita.

Tuttavia, molti economisti hanno identificato esempi di private equity ante litteram in alcune acquisizioni societarie avvenute nei primi decenni del XX secolo, tra cui quella del colosso statunitense dell’acciaio Carnegie Steel Corporation da parte del banchiere John P. Morgan (1837-1913), fondatore dell’omonima banca Usa.

Come funziona il private equity

Per conoscere in modo semplice come funziona il provate equity, si possono distinguere tre fasi che rendono operativo questo strumento di investimento:

  • la raccolta di denaro da investire attraverso la costituzione di fondi;
  • la selezione di imprese non quotate da finanziare;
  • il disinvestimento

Per prima cosa, quindi, le compagnie di private equity raccolgono i fondi dagli investitori che hanno manifestato interesse nei confronti di determinate aziende. Tra coloro che investono si annoverano:

  • Aziende quotate;
  • Banche e società assicurative;
  • Personalità di spicco del mondo imprenditoriale;
  • Fondi pensione;
  • Investitori retail che soddisfano i requisiti per l’accesso al fondo.

Un private equity fund può eseguire l’acquisto di quote anche per conto di Exchange traded fund (Etf) o hedge fund, ossia i fondi d’investimento speculativi.

Una volta individuata un’azienda da finanziare, il fondo private equity inizia ad acquisirne le quote per un lasso di tempo solitamente non inferiore a 5 anni. Questa è la fase di finanziamento vera e propria, durante la quale il supporto offerto all’impresa si traduce in elargizione di denaro, ma anche in sostegno al management, alla creazione di un business plan di successo, alla gestione generale.

Quando gli obiettivi sono raggiunti, il fondo provvede a liquidare tutte le quote societarie precedentemente acquisite.

Si tratta del disinvestimento o “way-out” e può durare altri 5 anni. Un fondo di provate equity può liquidare il suo investimento in diversi modi:

  • Cedere le quote delle società finanziate dopo la quotazione in un listino regolamentato;
  • Cedere le quote a un’azienda concorrente o un altro private equity fund, senza che si arrivi alla quotazione azionaria;
  • Cedere le quote alla società che si è contribuito a finanziare

Come investire in private equity: i fondi ad alta performance

Prima di sapere come investire in private equity è bene sottolineare che esistono diverse forme d’investimento sulle quali puntare in base ai propri obiettivi.

Le più conosciute e diffuse comprendono:

  • Seed capital: è il finanziamento delle startup costituite di recente, prive di fatturato e sprovviste di garanzie reali. Solitamente i finanziamenti provengono dai c.d. “angel investor”, ossia ricchi benefattori che possono anche decidere d’investire senza fini di lucro;
  • Leveraged Buyout: consiste nell’acquisire un’azienda, migliorarne la situazione commerciale e finanziaria, e rivenderla in un secondo momento;
  • Going public: l’espressione traducibile come “diventare pubblico/rendere pubblico” si riferisce alla quotazione azionaria. Di conseguenza, il fine ultimo è permettere a un’azienda di approdare in un listino azionario;
  • Going private: traducibile letteralmente come “privatizzare”, ha come scopo l’uscita dai mercati finanziari regolamentati di una determinata compagnia, che può essere permanente o temporanea;
  • Mezzanine financing: sono una forma ibrida tra il private equity e il
    finanziamento puro

L’investitore interessato a questo strumento deve calcolare che si tratta solitamente di un investimento a lungo termine e indirizzato soprattutto a investitori specializzati.

La scelta di società di private equity alle quali affidarsi è un passo fondamentale, così come individuare settore strategici verso i quali si vuole investire.

Rispetto all’investimento nel mercato quotato (in aziende quotate in Borsa) occorre sempre valutare la maggiore rigidità e i tempi più lunghi di un investimento privato.

Sebbene le rendite possono essere anche molto allettanti rispetto al capitale investito, l’impegno dell’investitore nel private equity è di più lunga durata e non liquidabile in qualsiasi momento come si fa con la vendita di azioni in Borsa.

Quali sono, quindi, i fondi di private equity ad alta performance? A livello mondiale, sicuramente spiccano:

gli statunitensi Blackstone e KKR, Carlyle Group e l’EQT, fondo svedese tra i maggiori in Europa.

Nella classifica globale di Private Equity International, tra i 300 colossi del private equity nel 2023 si sono piazzati i fondi italiani FSI sgr, guidata da Maurizio Tamagnini e Ambienta sgr, fondata da Nino Tronchetti Provera.

I più noti fondi di private equity italiani comprendono anche:

  • 21 Invest
  • Clessidra Private Equity sgr
  • Equita Capital sgr
  • Quadrivio Group
  • Quattro R

Private equity: vantaggi e svantaggi

Al pari di qualsiasi forma d’investimento, il private equity presenta molti vantaggi e altrettanti svantaggi.

I vantaggi del private equity

In primo luogo, il private equity consente alle aziende l’accesso immediato alla liquidità, senza dover ricorrere ai metodi tradizionali, quali per esempio l’emissione di obbligazioni o la richiesta di un prestito bancario.

Come illustrato in precedenza, le forme di private equity possono facilitare l’afflusso di capitali in favore delle società ancora in fase di avviamento, con il conseguente rafforzamento della loro struttura manageriale e della loro presenza sul mercato.

Il private equity presenta vantaggi anche per gli investitori, i quali possono registrare lauti guadagni in conto capitale dopo aver venduto sui mercati finanziari regolamentati le quote delle società che hanno contribuito a finanziare. Ovviamente le quote di una azienda finanziata tramite private equity possono essere vendute e acquistate anche se la suddetta azienda non è quotata in borsa, in quel caso però le modalità di compravendita saranno diverse.

Gli svantaggi del private equity

Il primo svantaggio è rappresentato proprio dalle diverse modalità con le quali avvengono le negoziazioni di quote societarie delle realtà finanziate con private equity: il prezzo di vendita o acquisto è frutto delle contrattazioni tra compratore e venditore, e non è influenzato dall’andamento della domanda e dell’offerta, come avviene invece per i titoli azionari quotati nei mercati finanziari regolamentati.

Inoltre, possedere quote di una società di private equity non garantisce a ogni azionista i medesimi diritti, in quanto anche quest’ultimi sono stabiliti dalle negoziazioni. Per esempio, un’azienda può concedere a un azionista che ha acquistato 10.000 quote per $1 milione il diritto di voto sulle scelte strategiche future, mentre a un altro investitore che ha acquistato 1.000 quote per $100.000, tale diritto potrebbe essere negato.

In virtù di questi aspetti, non è sempre possibile trovare una perfetta corrispondenza tra le esigenze del venditore e quelle del compratore. Pertanto, sia la società che si finanzia mediante private equity, quanto gli investitori, rischiano di dover impiegare molto tempo ed energie nella ricerca di un acquirente.

Private equity e venture capital: le differenze

Nel linguaggio comune si tende a considerare il termine “venture capital” come sinonimo di private equity.

In realtà si tratta di due cose diverse, poiché il venture capital è una forma specifica di private equity, grazie alla quale si possono finanziare startup innovative o progetti dal forte potenziale di crescita nel lungo periodo o aziende che non sono più in fase d’avviamento, ma che in compenso presentano flussi di cassa negativi.

L’investitore privato o le società che finanziano l’avvio o la crescita di una realtà economia mediante i fondi di venture capital sono chiamati “venture capitalist” e presentano numerose analogie con gli angel investor, a tal punto che non è sempre facile distinguere queste due figure.

In linea generale, si tende a vedere nel venture capitalist un individuo o una società che investe in maniera professionale in quei progetti che stanno uscendo dalla fase di avviamento, mentre l’angel investor prediligerebbe le realtà molto piccole, prive di fatturato e che non hanno ancora ricevuto finanziamenti da altri soggetti. Come già detto, le differenze tra le due figure non sono sempre nette.

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