L’Ue ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per debito eccessivo: cosa significa e quali sono i rischi ora che è arrivata la temuta lettera da Bruxelles.
Una procedura di infrazione per debito eccessivo da parte dell’Unione europea nei confronti dell’Italia è ora realtà. Archiviate le elezioni europee, ecco che è arrivata la temuta lettera proveniente da Bruxelles come anticipato ad aprile dal nostro ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
“Essendo terminata a fine 2023 la sospensione del Patto di Stabilità e crescita introdotta a seguito della pandemia e prorogata per via della crisi energetica - ha dichiarato Giorgetti -, in base all’indebitamento netto registrato dall’Italia lo scorso anno (7,2% del Pil secondo le prime stime Istat) è scontato che la Commissione europea raccomanderà al Consiglio di aprire una procedura per disavanzo eccessivo nei confronti del nostro come di diversi altri Paesi”.
L’Italia non è l’unico Paese comunitario oggetto della procedura di infrazione: hanno ricevuto la lettera anche Belgio, Estonia, Spagna, Francia, Malta, Slovacchia, Cechia, Polonia, Romania, Ungheria. In considerazione del nostro debito pubblico ben superiore rispetto a quello degli altri, la situazione del Belpaese però è quella più delicata tra gli Stati membri attenzionati.
Ma cos’è la procedura di infrazione? Quali sono i rischi per l’Italia? Vista la decisione da parte dell’Ue, vediamo allora a cosa sta andando incontro il nostro Paese e cosa succederà nei prossimi anni.
La procedura di infrazione per deficit eccessivo
La procedura di infrazione scatta se uno degli Stati membri dell’Ue non rispetta uno dei due parametri del Patto di Stabilità, dal primo gennaio 2024 tornato in vigore dopo la sospensione durante il periodo della pandemia:
- il disavanzo di bilancio supera il 3% del Pil;
- il debito pubblico supera il 60% del Pil e non diminuisce di 1/20 l’anno (nella media dei tre precedenti esercizi).
L’iter della procedura di infrazione per correggere livelli eccessivi di disavanzo di bilancio o di debito pubblico di un Paese membro prevede per prima cosa una relazione da parte della Commissione, con l’Ecofin - il Consiglio Economia e finanza composto dai ministri competenti dei 27 Stati membri - che poi è chiamato a formulare un parere.
La palla poi passa al Consiglio che emette delle raccomandazioni se vengono riscontrati degli scostamenti rispetto alle normative comunitarie; lo Stato nel mirino così ha da 3 a 6 mesi per dimostrare di essersi adoperato per porre rimedio alla situazione in essere.
Come riporta Openpolis, se questo non accade il Consiglio può intraprendere quattro strade:
- richiedere informazioni supplementari;
- invitare la Banca europea per gli investimenti a riconsiderare la politica di prestiti verso lo stato;
- richiedere allo Stato di costituire un deposito infruttifero presso l’Unione fino alla correzione del disavanzo eccessivo;
- infliggere ammende.
Le decisioni prese cessano di essere in vigore solo nel momento in cui lo Stato membro corregge il disavanzo: il Consiglio così su richiesta della Commissione pone fine alla procedura di infrazione.
I rischi per l’Italia
Finora per l’Italia è scattata due volte la procedura di infrazione per deficit eccessivo: nel 2005 e nel 2009, entrambe le volte alla guida del governo c’era Silvio Berlusconi. Per bene nove volte invece il nostro Paese è stato oggetto delle relazioni, ma in sette occasioni si è salvato.
Questa nuova procedura di infrazione è scattata perché nel 2023 il rapporto debito/PIL dell’Italia si è attestato al 137,3% e il deficit 2024 dovrebbe essere secondo le previsioni del governo al 4,3%.
L’Italia così sarà chiamata dall’Ue a correggere il proprio livello di disavanzo del debito: con ogni probabilità il governo dovrà aderire a un piano triennale contenente una correzione strutturale del deficit pari allo 0,5% annuo.
Sarà la nuova Commissione - che si insedierà in autunno - a decidere quale sarà per il nostro Paese la traiettoria da dover seguire: in sostanza Bruxelles tramite le sue raccomandazioni detterà la nostra politica economica e quella relativa alle riforme.
Il braccetto correttivo in cui l’Italia si appresta a entrare di conseguenza non sembrerebbe essere particolarmente severo - la musica cambierà dal 2027 quando si applicheranno a pieno le nuove regole del Patto di Stabilità -, ma le riforme promesse di pensioni e fisco difficilmente potranno vedere la luce così come sarà scontato un taglio alla spesa pubblica.
Che cos’è una procedura di infrazione
In generale la procedura di infrazione è uno degli strumenti più efficaci - e temuti - in mano all’Unione europea per cercare di far rispettare regole e impegni da parte dei 27 Stati membri. La decisione viene presa dalla Commissione che può agire per iniziativa propria, su segnalazione dell’Eurocamera o di privati cittadini.
Se la Commissione europea rileva che un Paese ha violato una norma comunitaria, invia una “lettera di messa in mora” concedendo al governo in questione due mesi di tempo per presentare le proprie osservazioni.
In mancanza di una risposta alla lettera oppure di motivazioni giudicate valide, la Commissione emette un parere motivato con cui si diffida il Paese in causa a porre fine entro una data stabilita.
Nel caso in cui la Corte di Giustizia accerta che lo Stato membro ha mancato l’obbligo riguardante la procedura di infrazione, questa emette una sentenza con le sanzioni applicabili che consistono in una penalità giornaliera e in una somma forfettaria, calcolate dalla Commissione sulla base di tre criteri specifici: la gravità dell’infrazione, la durata dell’infrazione e la necessità di garantire l’efficacia dissuasiva della sanzione.
Stando a questi criteri, per l’Italia la somma forfettaria minima è pari a 7.038.000 euro.
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