Il prop trading prende sempre più piede e cambia radicalmente rispetto a qualche anno fa.
Abbiamo già parlato di prop trading, su cosa era e cosa è effettivamente il prop trading ma, cosa è cambiato negli ultimi anni? Proprio negli ultimi periodi vediamo il fioccare di società che offrono posizioni come “junior trader” o come “Fx trader”, società che propongono il lavoro come “posizione da remoto”, quindi senza una sede fisica dove effettivamente operare come trader. Come è cambiato tutto quanto, e perché?
Il lockdown ha sicuramente contribuito a questo trend che, come vedremo, potrebbe rivelarsi pericoloso nel lungo termine. Vediamo insieme come funziona il mondo del prop trading e come è cambiato negli ultimi anni, se non negli ultimi mesi.
Prop Trading, cosa era fino a qualche anno fa
Come detto prima, abbiamo già affrontato questo tema, ossia il prop trading, cosa è e come funziona in un articolo di qualche tempo fa ma ora è tempo di chiarire la situazione su questa professione che viene “fraintesa” soprattutto negli ultimi tempi. Ricapitolando brevemente, il prop trading è quel ramo del trading che potremmo definire di punta, ossia un tipo trading fatto da professionisti specializzati ai livelli massimi, coloro che prima della crisi di Lehman Brothers utilizzavano parte del bilancio delle banche di affari e degli istituti di credito per cercare plusvalenza facendo trading, sia sui mercati regolamentati che su quelli che vengono definiti “grigi” o “over the counter”.
In sostanza parliamo degli assi del trading che, una volta finita la benzina delle banche d’affari nel post-crisi mutui subprime, si sono ritrovati senza la liquidità delle banche e hanno preferito, giustamente, optare per fare trading in family offices, ossia piccole società con poche persone specializzate nella gestione di patrimoni di UHNWI (Ultra High Net Worth Individuals), ossia di persone ultraricche con patrimoni di oltre 30 milioni di dollari, oppure cercando di entrare nel mondo degli hedge funds. Parte di loro hanno optato per aprire quelle che sono divenute le vere e proprie società di trading proprietario, definite “Prop Trading Houses”. Da qui, cambia tutto e arriviamo a quella che è la situazione oggi.
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Il Prop Trading e la sua evoluzione
Arriviamo intorno al biennio 2010-2011 quando, durante la crisi greca, troviamo nei notiziari di informazione finanziaria globale, i primi nomi di alcune società di prop trading che avevano commesso qualche errore più che grossolano, o meglio, errori che possiamo definire quelli che vengono oggi definiti come “fat fingers”. Uno dei primi fu un trader che operava appunto da remoto con algoritmi proprietari, un trader di origini indiane che si presume abbia causato (o è stato parte fondamentale) del Flash Crash del mercato americano del 6 maggio del 2010. Il trader in questione avrebbe causato quello che viene definito “spoofing” all’interno dei book di negoziazione del future su S&P500 causando un crollo di mercato che ha “bruciato” 1 trilione di dollari di capitalizzazione totale in qualche minuto.
Questo trader operava per una società di prop trading, una società che viene definita da alcuni organi di stampa come una società che forma trader e che affitta loro postazioni fisiche e software fornendo al contempo un capitale per poi “splittare” (ossia dividere) i profitti. In sostanza questa era, fino a qualche anno fa, una vera e propria società di Prop Trading. Per non fare nomi, questa società era stata fondata da ex-trader di grandi banche d’affari, professionisti del settore con una certa fama nell’ambiente della finanza londinese. Su questo modello, aprirono diverse società di prop trading partendo proprio dall’ambiente della city londinese per poi estendersi ad Amsterdam (secondo hub in Europa), Singapore, Usa e altri paesi tra cui la remota Australia.
In questo contesto, per rendere meglio l’idea, Amsterdam si posiziona sicuramente come punto fondamentale per il trading in Europa nel post-brexit, una città piena di società di trading proprietario che hanno la loro sede proprio a ridosso (se non all’interno) della Borsa di Amsterdam, sede oggi dell’Euronext, il principale mercato dei derivati europei. In sostanza, parliamo di profili lavorativi elevatissimi, altissime capacità matematiche, di programmazione, di gestione del rischio, capacità comunicative, insomma, fare un processo di selezione per entrare a far parte del loro di team di trading non è di certo una cosa facile. Oggi la situazione è cambiata, o meglio, sembra essere totalmente diversa.
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Il Prop Trading oggi
Possiamo definirlo Prop Trading? Oggi vediamo molte società che offrono lavori come “prop trader” o “junior fx trader” con retribuzione su base percentuale in base al profitto conseguito. Queste società, dopo un colloquio conoscitivo, offrono all’aspirante trader un periodo di formazione che il candidato dovrà pagare per poi affrontare una sorta di “trading challenge”, utile alla società per capire se l’aspirante trader sia portato al mestiere, o per lo meno disciplinato nell’attività che svolge.
Dopo questo percorso l’aspirante trader può avere accesso al capitale della società che fornirà delle “istruzioni” per quanto riguarda la gestione del rischio e dell’operatività. Ovviamente, tutto questo succede se si passa il “trading challenge”, altrimenti, qualora non dovessimo passare questa selezione, ci ritroveremmo ad aver pagato per aver avuto accesso a questa selezione senza poi ottenere alcun tipo di lavoro all’interno della società di trading. Ci sono moltissime società di trading proprietario che offrono questo tipo, società che offrono percorsi formativi pagando una “fee” che servirà per avere accesso al percorso di selezione utile per fare trading con il capitale della società.
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Differenze con le prop trading house tradizionali
Mentre nelle società di prop trading di un elevato livello vediamo delle professionalità elevatissime, criteri di selezione con standard molto stringenti e soprattutto infrastrutture hardware e software di altissimo livello, nelle società che si definiscono oggi “prop trading houses” sul web vediamo invece l’opposto: basta pagare, fare una challenge e poi fare trading con il loro capitale e “splittare” i profitti. C’è qualcosa sotto, oppure abbiamo davanti un’effettiva innovazione nel mondo della finanza? In questo caso, solamente il tempo potrà effettivamente dirci cosa potrà succedere, ma dobbiamo comunque prendere in considerazione queste enormi differenze che caratterizzano, almeno nell’immaginario collettivo, la medesima figura lavorativa (il prop trader).
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